A 210 anni dalla nascita del compositore
Robert Schumann (Zwickau, Sassonia, 8 giugno 1810 – Endenich, 29 luglio 1856) manifestò il desiderio di scrivere un’opera intorno al 1842, affascinato dalla possibilità di prendere come fonte d’ispirazione le leggende tradizionali tedesche e, in questo periodo, fu particolarmente interessato a quelle dei Nibelunghi, di Lohengrin e di Till Eulenspiegel in quanto ritenute idonee a permettere la composizione di opere in lingua tedesca, andando così incontro alle aspirazioni dei connazionali. Egli cominciò a lavorare a Genoveva dopo un periodo di forte depressione determinata dalla grande stima pubblica goduta dalla moglie Clara come pianista e dalla mancata offerta dell’incarico di direttore del Gewandhaus di Lipsia. Nel 1844 Schumann e la moglie si trasferirono a Dresda dove la depressione del compositore sembrò attenuarsi tanto da permettergli di lavorare a un certo numero di composizioni, compresa Genoveva; inoltre egli ebbe anche l’opportunità di incontrare Wagner, i cui commenti niente affatto lusinghieri sul libretto che Schumann si accingeva a utilizzare per la composizione di Genoveva, servirono solo a rendere tesi i loro rapporti. Schumann, tuttavia, non poté fare a meno né di ammirare l’impatto drammatico delle opere di Wagner né di evitarne una certa influenza; alcune delle tecniche presenti nell’opera, quali la fluidità musicale per l’assenza di recitativi e la mancanza di momenti vocali puramente virtuosistici costituiscono, infatti, altrettanti adattamenti dei metodi compositivi di Wagner.
Appartenente alla temperie culturale del Romanticismo Tedesco, Genoveva, su libretto di Robert Reinick, ebbe la sua prima rappresentazione il 25 giugno 1850 allo Stadtheater di Lipsia sotto la direzione dello stesso compositore, ma rimase in cartellone per altre due repliche a causa del giudizio negativo della critica che ebbe un ruolo decisivo nella sceltadi Schumann di non scrivere una seconda opera. Il critico musicale Otto Jahn, autore di una famosa biografia di Mozart, scrisse:
“C’è qualcosa di strano e di difficile in quest’opera, per il fatto che quasi mai non si ritrova in essa alcun brano musicale che, isolato nella maniera ordinaria, possa stare a sé; al contrario, fintanto che l’azione è continua, la musica va avanti con un flusso ininterrotto. Che in questo vi sia qualcosa di buono è evidente; pure, da parte dell’ascoltatore si richiede un grande sforzo; da parte del cantante viene a mancare la possibilità di ottenere l’applauso immediato: cose entrambe pericolose. Non c’è momento in quest’opera, inoltre, che appaia come secondario: tutti gli episodi sono presentati e trattati con amore. Anche questo di per sé è ottimo, ma rende più difficile la comprensione del lavoro”.
Pur non avendo mai conquistato un notevole consenso popolare, Genoveva continua ad essere rimessa in scena ad intervalli regolari in ogni parte del mondo e a suscitare apprezzabile interesse tale da favorire le diverse registrazioni fatte. Genoveva fu riscoperta nel 1995 dalla Bielefeld Opera e, in 70 anni, si trattò della prima messa in scena di risonanza mondiale, tanto che, con Geoffrey Moull come direttore d’orchestra e con la regia di Katja Czellnick, se ne allestirono otto notevoli rappresentazioni. La rivista londinese Opera scrisse che “è possibile affermare, sulla base dell’impressione creata dalla vigorosa direzione di Geoffrey Moull, che la musica da teatro di Schumann è più credibile, più carica di tensione e più eccitante di quanto finora sia stato ammesso’’. In tempi più recenti, l’opera fu rappresentata: una prima volta nel Nord America in uno spettacolo concertistico allestito il 2 aprile 2005 nella Emmanuel Church di Boston, dove ebbe termine con una strepitosa ovazione di tutti gli spettatori che, per l’occasione, si alzarono in piedi; nel mese di febbraio 2008 dalla Zurich Opera; e di nuovo nel mese di marzo 2010 dalla University College Opera.
Genoveva è basata sulla leggenda medievale di Genevieve di Brabante, ambientata nel secolo VIII e tale da costituire la fonte storica per la vita, nel XIII secolo, di Maria di Brabante, moglie di Luigi II Duca di Baviera. La vicenda ebbe popolarità durante la prima metà del XIX secolo, soprattutto in Germania attraverso varie rappresentazioni teatrali tra cui il lavoro di Ludwig Tieck Leben und Tod der heiligen Genoveva (Vita e Morte di Santa Genoveva) e quello di Christian Friedrich Hebbel, Genoveva, servirono come base per il libretto dell’opera. La partitura presenta diverse somiglianze con il Lohengrin di Wagner composto nello stesso periodo.
Atto primo. Il conte palatino Sigfried, con il parere favorevole e la benedizione del vescovo Hidulfus, si unisce, con i suoi armati, all’esercito franco di Carlo Martello al fine di partecipare alla campagna militare contro i Mori. Egli affida al fedele amico Golo il comando delle milizie rimaste a difesa del castello e, altresì, l’incarico di proteggere la giovane moglie Genoveva. La donna, preoccupata e addolorata per la partenza del marito, sviene e Golo, che ne è innamorato, con il pretesto di soccorrerla, approfitta dell’occasione favorevole per baciarla. Sorpreso dalla maga Margaretha, un tempo sua nutrice, egli pensa addirittura di ucciderla per eliminare una pericolosa testimone, pensa di cacciarla, ma desiste quando la maga non solo lo rassicura sul mantenimento del segreto su quanto accaduto, ma gli offre il suo aiuto; Margaretha, in questo modo, pensa di poter soddisfare il suo desiderio di vendetta nei confronti del conte.
Atto secondo. Sono già calate le ombre della sera e il buio della notte incipiente comincia ad avvolgere, con il suo manto funereo, persone e cose. Tristezza, solitudine, malinconia opprimono l’animo di Genoveva, il cui pensiero di donna innamorata è sempre rivolto al marito lontano e, mentre con un certo fastidio è costretta ad ascoltare i canti dei servi, riceve la visita di Golo, che la informa della strepitosa vittoria dell’esercito franco contro i Mori. La donna, felice per la notizia ricevuta e sperando di riabbracciare al più presto l’amato sposo, chiede a Golo di trattenersi e di cantare insieme a lei una dolce canzone. L’uomo, reso ardito dalla situazione di complicità venutasi a creare, informa la donna di averla già baciata mentre era svenuta e, in preda alla passione amorosa, tenta di stringerla a sé. Genoveva lo respinge con decisione e gli rivolge parole offensive chiamandolo con profondo disgusto ‘’bastardo senza onore’’. Golo, respinto e nello stesso tempo offeso in modo così cocente, trasforma in odio il suo precedente sentimento di amore e medita una feroce vendetta. A tal fine chiede al maggiordomo Drago di nascondersi nella stanza di Genoveva in modo da confutare, da uomo onesto e imparziale, le voci calunniose circa l’infedeltà della donna e, con la complicità di Margaretha, fa entrare nella stanza di Genoveva i servi del conte i quali, scambiando Drago per l’amante della donna, lo uccidono. Golo, con l’accusa di adulterio, fa rinchiudere Genoveva in carcere intenzionato a trattenerla fino a quando il marito sarà ritornato dalla guerra.
Atto terzo. Sigfried, dopo la vittoria dell’esercito franco sui Mori, è costretto, a causa di una ferita ricevuta in combattimento, a ritardare il suo ritorno e a rimanere, per il tempo necessario alla guarigione, nella città di Strasburgo, dove è raggiunto prima da Margaretha e poi da Golo. La maga dice al conte di possedere uno specchio magico attraverso il quale è in grado di far vedere e conoscere ciò che è accaduto in passato. Golo, da parte sua, informa Sigfried del tradimento di Genoveva e il conte, in preda alla disperazione, si rivolge a Margaretha per avere le prove del’infedeltà coniugale della moglie. La maga, producendo, attraverso lo specchio, immagini ingannevoli, fa vedere al conte la moglie in compagnia di Drago nel giardino del castello in tre occasioni diverse, durante il giorno, di sera e, infine, di notte. Sigfried, ritenendo ormai di essere al cospetto di prove inconfutabili della colpevolezza di Genoveva, emana la sua sentenza di morte contro la moglie e impartisce a Golo l’ordine di eseguirla. Un nuovo fatto, tuttavia, imprime una svolta inaspettata alla vicenda: a Margaretha lo spirito di Drago il quale, prospettandole la gravità e l’intensità delle pene infernali, l’obbliga a rivelare a Sigfried gli inganni e le ingiuste accuse perpetrati ai danni dell’innocente Genoveva.
Atto quarto. Genoveva, disperata al pensiero di non poter sfuggire al suo terribile destino e, soprattutto, addolorata per non esserle concesso di dimostrare all’amato sposo la propria innocenza, è costretta dai due aguzzini Caspar e Baltasar, ai quali è stato ordinato di eseguire la sentenza di morte, a dirigersi verso una zona impervia e inaccessibile. La giovane donna, smarrita e affranta, sta rivolgendo alla Madonna una fervente preghiera quando è raggiunta da Golo che le propone la salvezza se lei vorrà accondiscendere alle sue profferte amorose, ma al deciso e definitivo rifiuto della donna si allontana, dopo aver ordinato a Caspar e a Baltasar di eseguire la sentenza. I due sicari, tuttavia, ritardano ad obbedire all’ordine ricevuto quando si accorgono che la donna stringe a sé e ostenta con fierezza, a mo di scudo spirituale protettivo, una croce di cui non intende privarsi; l’indecisione dei due uomini è provvidenziale perché permette a Sigfried, il cui arrivo è preannunciato dal vigoroso suono del corno, di giungere in tempo per salvare la moglie della cui innocenza aveva avuto la prova dalla maga Margaretha che lo aveva informato del carattere diffamatorio delle accuse ingiuste perpetrate ai danni di lei; Genoveva, così, è salva e i due sposi, finalmente felici, ricevono, con la benedizione del vescovo Hidulfus, nel tripudio generale, il saluto affettuoso, osannante di tutti gli abitanti del castello.
Tra le pagine più interessanti della partitura si segnala l’ouverture, nella quale sono introdotti molti Leitmotive dell’opera sin dall’introduzione lenta dove si possono sentire alcuni temi che richiamano quelli dell’amore di Golo per Genoveva. Il successivo Allegro in forma-sonata costituisce una mirabile sintesi delle situazioni drammatiche la cui concitazione iniziale è ben resa nell’esposizione dall’inquieto primo tema a cui si contrappone il lirico, anche se tortuoso, secondo tema; ad essa segue uno sviluppo i cui toni estremamente tragici si stemperano nella parte conclusiva
Questo approfondimento è tratto da Riccardo Viagrande, Casta Diva. Il teatro musicale in Europa dall’età rossiniana alla seconda metà dell’Ottocento, Casa Musicale Eco, 2018, pp. 577-580.
Si ringrazia l’editore Casa Musicale Eco, marchio oggi di proprietà del gruppo Volontè & Co SRL, per aver concesso la pubblicazione di questo approfondimento.