Robert Alexander Schumann (Zwickau 1810 – Endenich, Bonn, 1856)
Sinfonia n. 1 (“La Primavera”) in si bemolle maggiore op. 38
Andante un poco maestoso, Allegro molto vivace – Larghetto – Scherzo: molto vivace – Allegro animato e grazioso
“Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo angusto per contenere le mie idee. Ho davvero ben poca esperienza in fatto di musica orchestrale, ma non dispero di poterne acquisire…”
Con queste parole Robert Schumann espresse la sua volontà di cimentarsi in nuovi mondi espressivi più rispondenti alla maturità stilistica che sentiva di aver raggiunto, incoraggiato anche dalla moglie Clara che da tempo aveva notato l’evoluzione estetica del marito. Così Schumann, dopo aver innalzato a opera d’arte il Lied, decise, sulla scia di Beethoven, di Schubert e di Mendelssohn, di ritornare al genere sinfonico dopo nove anni dall’esecuzione, avvenuta nel 1832 a Zwickau, di un suo brano per orchestra da lui successivamente rinnegato. Il desiderio spasmodico di scrivere qualcosa che non fosse per il pianoforte lo prese a tal punto che in soli quattro giorni, dal 23 al 26 gennaio 1841, egli riuscì già ad abbozzare la sinfonia che finì di orchestrare entro il 20 febbraio, come apprendiamo da quanto scrisse nel suo diario il 14 febbraio:
“La sinfonia mi ha dato molte ore felici, è quasi terminata. Spesso ringrazio lo Spirito benefico che mi ha permesso di portare così facilmente a termine, in così poco tempo, un’opera di questa importanza: l’abbozzo dell’intera sinfonia è stato completato in quattro giorni. Dopo numerose notti di insonnia viene l’esaurimento”.
La sinfonia, intitolata anche Primavera, fu eseguita per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 31 marzo 1841 sotto la direzione di Felix Mendelssohn. Secondo quanto scrisse nel suo diario la moglie, egli aveva dato alla sinfonia il titolo di Primavera perché si era ispirato ad un poema di Adolph Böttinger dedicato alla primavera, mentre il marito aveva affermato di essersi ispirato più semplicemente al suo Liebesfrühling (Spirito di amore).
La Sinfonia n. 1 è divisa in quattro movimenti intitolati: Frühlingserwachen (Risveglio della primavera), Abend (La sera), Frohe Gespielen (Compagni giocosi), Voller Frühling (La piena primavera).
Il primo movimento si apre con un Andante poco maestoso introduttivo il cui tema di carattere solenne, che informa l’intera composizione, è affidato inizialmente ai corni e alle trombe, ai quali risponde tutta l’orchestra. Segue una nuova melodia affidata ai flauti, agli oboi e ai clarinetti e, in seguito, sviluppata dall’orchestra. Dopo un dialogo intrecciato dalle viole e dai violini secondi, che prosegue, poi, tra violini primi e secondi, un grande crescendo porta all’Allegro molto vivace in forma-sonata con un primo tema che riprende e sviluppa quello iniziale, al quale si contrappone un secondo di carattere cantabile affidato ai clarinetti e ai fagotti. La struttura dialettica tipica del bitematismo della forma-sonata viene, però, contraddetta sia a livello microformale dall’introduzione nella sezione di sviluppo di questo primo movimento di un terzo tema basato su una scala ascendente affidata ai clarinetti e ai fagotti, sia a livello macroformale da una struttura ciclica che collega i vari movimenti attraverso idee tematiche che anticipano quelle dei tempi successivi. Un esempio di questo modo di procedere ci è fornito dal successivo Larghetto, in cui ai due temi principali, dei quali il primo, cantabile, è affidato ai primi violini, mentre il secondo agli oboi e ai secondi violini, fa seguito una breve coda con un tema inatteso e quasi in contraddizione con il resto del brano che serve, tuttavia, a Schumann per introdurre il successivo Scherzo. Lo Scherzo presenta una struttura formale alquanto complessa riassumibile nello schema A-B-C-A-B-D con le lettere C e D che rappresentano i due Trii introdotti da Schumann in questo movimento di straordinaria intensità ritmica. Il quarto movimento, Allegro animato e grazioso, pur essendo strutturato secondo i canoni della forma-sonata con un’esposizione bitematica, con uno sviluppo e con una ripresa, è un’ulteriore conferma della concezione ciclica di questa sinfonia con il ritorno, da parte dei tromboni, nella sezione di sviluppo al tema iniziale della sinfonia.
Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61
Sostenuto assai, Allegro ma non troppo – Scherzo: Allegro vivace con Trio I e Trio II – Adagio espressivo – Allegro molto vivace
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“Tamburi, trombe in do stavano squillando nella mia testa”.
Queste enigmatiche parole, scritte da Schumann nel 1845 in una lettera indirizzata a Mendelssohn, si riferiscono molto probabilmente al motto iniziale della Seconda sinfonia in do maggiore affidato ai corni, alle trombe e ai tromboni. È questo il primo accenno alla suddetta sinfonia, composta in un periodo particolarmente difficile per Schumann a causa della malattia mentale che si era manifestata poco tempo prima e che lo avrebbe condotto lentamente alla prematura morte. Nel mese di agosto del 1844 la moglie Clara aveva scritto, infatti, nel suo diario: «Robert non riusciva a dormire una sola notte. La sua immaginazione gli dipingeva le immagini più terribili». Questo stato piuttosto fragile della sua salute mentale aveva anche ridotto di gran lunga le capacità creative di Schumann che, in una lettera indirizzata a Mendelssohn nel settembre del 1845, aveva scritto:
“Tutto lo scrivere è un duro sforzo per me… Io ho prurito e spasimi ogni giorno in un centinaio di luoghi diversi. Un misterioso lamento – ogni volta che il medico cerca di mettere il dito nella piaga – sembra prendere le ali. Ma tempi migliori torneranno; e guardare mia moglie e i bambini è una grande gioia”.
Tempi migliori tornarono presto e nella seconda settimana di dicembre del 1845 Schumann iniziò a comporre la Seconda sinfonia la cui stesura pianistica fu completata nel breve volgere di tre settimane. L’orchestrazione, iniziata il 12 febbraio del 1846, fu completata soltanto dieci mesi dopo a causa del ripresentarsi delle fobie e di un terribile e insopportabile suono all’orecchio che non gli dava tregua; non fu salutare nemmeno un breve soggiorno a Maxen, dove, recatosi con la famiglia nel tentativo di riacquistare la salute perduta, fu colpito da nuove e terribili fobie, come la paura della cecità, della morte e di essere avvelenato, alle quali si aggiunse anche la preoccupazione che il pubblico avrebbe trovato tracce di questo periodo ottenebrato da tante nevrosi nella musica della Seconda sinfonia. Nonostante le oggettive difficoltà, l’orchestrazione fu presto completata e la Sinfonia fu eseguita per la prima volta il 5 novembre del 1846 al Gewandhaus di Lipsia sotto la direzione di Mendelssohn. Secondo le affermazioni del musicologo Anthony Newcomb, la Seconda sinfonia è stata concepita come una sorta di romanzo di formazione novecentesco soprattutto per la struttura formale fortemente coesa con alcuni elementi tematici che ritornano nei quattro movimenti conferendo all’intero lavoro una straordinaria unità. Così il motto iniziale, affidato agli ottoni, ritorna nella coda dell’ultimo movimento e nello Scherzo, mentre il Finale riassume alcuni elementi tematici tratti dal primo movimento e dall’Adagio.
Il primo movimento si apre con un’introduzione lenta, Sostenuto assai, che si impone immediatamente non solo per il motto iniziale, costituito da una suggestiva fanfara il cui suono sembra provenire da lontano, ma anche per una straordinaria perizia contrappuntistica acquisita grazie allo studio, insieme alla moglie Clara, del Cours de contrapoint di Luigi Cherubini. A questa introduzione segue l’Allegro ma non troppo che presenta un contenuto autobiografico come lo stesso compositore affermò: «Riflette la resistenza dello spirito contro le mie condizioni fisiche. Il primo movimento è pieno di questa lotta e del suo carattere capriccioso e ostinato». Protagonisti del secondo movimento, Scherzo (Allegro vivace), sono gli archi e, in particolar modo, i primi violini che si esibiscono in una sorta di moto perpetuo; i due Trii presentano un carattere contrastante in quanto al primo sognante si contrappone il secondo fortemente caratterizzato in senso contrappuntistico. In questo secondo Trio figura un tema strutturato nella forma dell’acrostico del nome di Bach costituito dalle quattro note: si bemolle, la, do, si naturale che nella tradizione musicale anglosassone sono indicate con le lettere dell’alfabeto del nome di Bach al quale Schumann ha voluto così rendere omaggio. Carattere malinconico presenta il terzo movimento, Adagio espressivo, con i violini, prima, e gli oboi, dopo, che espongono una melodia che inizia in do minore e si conclude in mi bemolle maggiore; anche in questo movimento il contrappunto ritorna ad essere assoluto protagonista nella sezione centrale che prelude alla ripresa della melodia iniziale conclusa, stavolta, in maggiore. Nel Finale, Allegro molto vivace, insieme alla ripresa di alcuni elementi tematici tratti dal primo e dal terzo movimento, è introdotta, nella parte conclusiva affidata all’oboe, una melodia molto simile a quella del Lied di Beethoven intitolato An die ferne Geliebte già utilizzato da Schumann nella Fantasia op. 17.