Prima giornata in tre atti, su libretto proprio. Prima rappresentazione: Monaco, Koenigliches, Hof-und Nationaltheater, 26 giugno 1870.
“Vedrai creata una tragedia della più sconvolgente efficacia”: così scriveva Richard Wagner all’amico Theodor Uhlig nel novembre 1851, mentre stava stendendo il testo della Walchiria. Il grande musicista e drammaturgo aveva già scritto La morte di Sigfrido (che diventerà poi Il Crepuscolo degli Dei ) nel 1848, e continuando a seguire a ritroso – nella rievocazione di antiche leggende nordiche – la sua tetralogia (che si compone come è noto, da L’ Oro del Reno,Walchiria, Sigfrido, Crepuscolo degli Dei) si stava appassionando come non mai di fronte alla figura grandiosa e umana della Walchiria Brunhilde, la fanciulla di eroica bellezza che, per essersi commossa di fronte al dolore degli uomini, sarà condannata a perdere la le sue prerogative divine e lasciata su una rupe alla mercè del primo venuto: ma sarà lo stesso dio Wotan, suo padre – che così aveva voluto e dovuto punirla – a proteggerla con un cerchio di fuoco, in modo che soltanto un uomo eccezionale -Sigfrido – possa essere degno di conquistarla e farla sua con l’amore.
Nel 1852 il libretto della Walchiria era già terminato. Wagner vi aveva immesso alcune delle caratteristiche più sensibili della sua fantasia drammatica, manipolando con libertà episodi sparsi degli antichi miti germanici e prefigurando alcune figure umane fra le più ricche della sua creatività; e basterà ricordare come la musica di Wagner è riuscita a caratterizzare Il dolore e il dramma di Wotan nel celebre “Addio di Wotan ” , la luminosa apparizione del “tema di Siegfried” e -in questa stessa scena finale – lo stupendo brano conosciuto come ” Incantesimo del Fuoco ” (uno dei modelli più alti dell’orchestrazione wagneriana) per avere la misura della geniale creatività che animò la fantasia del musicista. Egli stesso, del resto, ne era perfettamente consapevole, tanto che, scrivendo al Liszt nel marzo 1856, poteva affermare, a proposito del terzo atto di Walchiria: “è un atto riuscito: forse quanto di meglio io abbia mai scritto “. Anche il successo ottenuto ha dato ragione al giudizio di Wagner: Il preludio del primo atto, il celebre “canto di primavera” e la popolarissima (e per questo, purtroppo contaminata in tante manipolazioni) “Cavalcata delle Walchirie” sono brani che ricorrono con grande frequenza anche nei programmi concertistici.
Anche perché in tutti questi brani (come ha scritto il musicologo Guido Pannain, in un’analisi critica su Wagner) “l’immagine si riversa totalmente nel suono, l’udito prende il posto della vista “; così come, nell’incantesimo finale e,” la scena si illumina di una “sinfonia di fuoco” che la rende sensibile all’ascolto “. La Walchiria fu terminata, nella sua struttura musicale, nel 1856: ma la prima esecuzione, non completa, avvenne a Monaco di Baviera nel 1870; e solo nel 1876, a Bairo, fu data la prima esecuzione integrale. Ma è proprio in questi anni che il genio di Wagner da prova di un eccezionale forza creativa: nascono così “I Maestri Cantori di Norimberga”, “Tristano e Isotta”(1865) e le prime “giornate” della “Tetralogia”. Sono gli anni in cui il numero di Wagner dilaga in Europa, suscitano ammirazione incondizionata e perfino fanatica, ma anche altrettanto fanatiche avversioni; anche in Italia, sebbene chiusa nelle sue consuetudine operistiche, saldamente legate dal genio di Verdi, l’apparizione di Wagner, anche aldilà delle piccole cerchia di specialisti “innamorati” della musica “oltremontana” (come si diceva in quel periodo), suscitava appassionate polemiche, che avranno poi un punto di riferimento geografico nelle prime rappresentazioni italiane a Bologna.