Orazio Vecchi (1550-1605): “L’Amfiparnaso” (1597)

L’Amfiparnaso, la seconda delle quattro “commedie” di Orazio Vecchi, fu composta presumibilmente nel 1594 a Modena e ivi eseguito per la prima volta. Venne quindi pubblicato a Venezia da Cardano (1597), con una dedica al Duca Alessandro d’Este. Il titolo l’Amfiparnaso, ha origine nello stesso credo estetico del Vecchi secondo quale il Parnaso (il monte della Grecia ritenuto luogo favorito di Apollo e delle Muse, di Dioniso e di Pan) della musica era sormontato da due vette gemelle, in rappresentanza della tragedia e della commedia, ed egli poneva  i suoi sforzi nel cercare di arrivare a combinare -nell’ambito di uno stesso lavoro-il tragico (fosse esso serio o sentimentale) con il comico. Tale tendenza si era già manifestata in un lavoro precedente, Selva di varia ricreazione, del 1590.La differenza fra i due lavori consiste nel fatto che ha la continuità drammatica del Parnaso e sostenuta dall’ impiego di tutte le forme vocali del XVI secolo: “madrigale”, “canzone”, “villanella alla napoletana”, “Canzonetta”, “mascherata”, “Giustiniana”, “Greghesca” e così via.  Tale continuità è a sua volta sostenuta da l’impiego di personaggi della commedia dell’arte: Pantalone e con i suoi servi servi Pedrolino e Francatrippa, il dottore in legge bolognese, Graziano, il capitano Cardone, spagnolo e millantatore, e altri che fungono da personaggi comici. Personaggi seri sono invece le due coppie di innamorati: Lelio e Nisa, Lucio e Isabella, come pure il vecchio servo di Lucio, Frulla. L’azione e introdotta da un Prologo. Benché Orazio Vecchi dia un elenco di personaggi della commedia, certamente non possiamo considerare questo lavoro, che è una sequenza di canzoni a 5 parti, o Madrigali, raccolti in tre atti, come una commedia vera e propria o, come più volte si è fermato, (“l’inizio dell’opera buffa). La commedia del Vecchi, infatti, non è un inizio ma un punto di arrivo, un tentativo di trasportare in musica la commedia dell’arte, e cui caratteristici personaggi del XVI e XVII secolo si potevano vedere in ogni fiera di villaggio dell’Italia settentrionale ed erano veramente popolarissimi e da tutti conosciuti. Diversi tentativi sono stati fatti per trasporre sulla scena a questo lavoro, Solitamente affidandosi ad una interpretazione a pantomima, ma ai tempi del Vecchi lavori come L’Amfiparnaso era una sorta di intrattenimento sociale o un gioco per appassionati aristocratici o del ceto medio, e che spiega perché, nonostante la schietta espressività della musica, questa sia melodicamente ed armonicamente semplice. Nel Prologo, Orazio Vecchi aveva chiarito senza ombra di dubbio che il suo lavoro si indirizzava solo all’orecchio e non all’occhio del suo pubblico. Storica mente L’Amfiparnaso deriva dal genere di canzone detto giustiniana, per la sua componente comica, e perchè  il canto a tre voci è caratteristico di questo genere: dialoghi fra i personaggi erano condotti da tre voci. L’Amfiparnaso è una vera  opera d’arte, unica nella storia della musica, e il testo è la prima e forse unica sopravvivenza  completa della “Commedia dell’Arte”. I personaggi parlano le loro lingua d’origine o nel dialetto, uno stratagemma messo in opera dell’autore per individuare immediatamente il personaggio stesso e differenziarlo dagli altri: veneziano, bolognese, bergamasco, spagnolo, falso ebreo… mentre gli amanti nel loro soliloqui e nei dialoghi si esprimano in italiano letterato. La forma musicale è quella del “Madrigale dialogico” ed è interessante notare che diversi rumori richiesti nello sviluppo del lavoro siano tutti i prodotti vocalmente dai vari personaggi. Il coro degli ebrei, che si rifiutano di lavorare perché è il “Sabath”, ricorda una funzione religiosa in una sinagoga. La loro lingua, comunque, è assolutamente inventata. In questa scena il contrappunto è talmente complicato che gli studiosi hanno ipotizzato che Vecchi volesse fare una satira della polifonia da chiesa di quell’epoca. L’epilogo e il plauso finale fanno da contraltare al Prologo e portano la rappresentazione alla sua brillante e logica conclusione.

Orazioe Vecchi  nacque a Modena nel 1550 dove  morì cinquantacinque anni dopo, nel 1605. Ordinato sacerdote, dopo alcuni brevi soggiorni a Brescia e a Bergamo, assunse la carica di Maestro di Cappella presso il Duomo di Salò nel 1581 dove  rimase fino al 1584, quando già da un anno era stato nominato direttore della Cappella presso il Duomo di Modena. A Modena rimase solo due anni, dato che nel 1586 lo ritroviamo a Reggio Emilia e poi a Correggio, Quando fu fatto Canonico della Collegiata (15 ottobre 1586). Nel 1590 ricevette l’incarico, unitamente a Giovanni Gabrieli e a Ludovico Balbi, di rivedere il “Graduale romano” (stampato Venezia l’anno seguente). Nel 1593 fece ritorno a Modena a riprendere la direzione della Cappella del Duomo. Quattro anni dopo si recò Roma, al seguito del Cardinale Alessandro d’Este, dove rimase per tre mesi. Poi a Firenze ebbe modo di entrare in contatto con la Camerata dei Bardi. Rientrato a Modena fu Maestro di Cappella a Corte. Nel 1604, quando già si era circondato di grande fama e veniva considerato il vero animatore dell’attività musicale della città, Vecchi fu costretto a lasciare la direzione della Cappella del Duomo sotto l’accusa di aver continuato ad insegnare musica alle monache, nonostante il preciso divieto del vescovo. Nonostante la sua “professione” ecclesiastica, la fama di Orazio Vecchi e soprattutto legata alle composizioni profane e, che d’altro canto sono in maggioranza a quelle sacre (fra queste ricordiamo qui solo la messa “in resurectione Domini”). Queste sono sostanzialmente caratterizzato da una dichiarata tendenza alla semplificazione, il che le rese particolarmente popolari. Ricordiamo un libro si “Dialoghi” a 7 e 8 voci, la raccolta di musiche varie “Selva di varie ricreazioni” (1590), “Il convito musicale” (1597), “Le veglie di Siena” (1604),oltre, naturalmente, quello che è considerato il suo capolavoro,”L’Amfiparnaso” (1597).
In allegato il testo completo dell’Amfiparnaso

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