Opera seria in tre atti su libretto di Francesco Briani. Musica di Leonardo Vinci. Max Emanuel Cencič (Gismondo), Yuriy Mynenko (Otone), Sophie Junker (Cunegonda), Aleksandra Kubas-Kruk (Primislao), Jake Arditti (Ernesto), Dilyara Idrisova (Giuditta), Nicholas Tamagna (Ermano), Orkiestra Historyczna, Martyna Pastuszka (direttore). Registrazione: Gliwice, Teatr Miejski 2 settembre 2018 e Wien, Theater and der Wien , 25 settembre 2018. 3 CD Parnassus.
Prosegue la riscoperta di titoli desueti del repertorio barocco portata avanti da Max Emanuel Cencič che con la presente incisione torna ad interessarsi a Leonardo Vinci, il compositore napoletano in questi anni oggetto di una certa attenzione anche da parte del mondo discografico. “Gismondo re di Polonia” andato in scena a Roma nel 1727 non è solo partitura di altissima qualità musicale ma interessante esempio di come nel mondo barocco l’opera seria fosse strumento di riflessione intellettuale e di propaganda politica legata alla realtà contemporanea, vero teatro e quindi antitetico all’idea di mera esibizione vocale che troppo a lungo ha pesato sulla comprensione di queste opere.
Il libretto di Francesco Briani era già stato musicato nel 1709 da Antonio Lotti, in occasione dei festeggiamenti per la visita veneziana di re Federico IV di Danimarca. L’insolito soggetto ispirato alle tensioni tra la corona polacca rappresentata da re Sigismondo II e una parte della nobiltà lituana capeggiata dal vojvoda di Vilna Mikolaj Radziwill (Premislao nell’opera) contrari all’unione delle due corone decisa nel 1569, si prestava benissimo a celebrare Federico la sua lotta – per altro non così fortunata – contro i duchi ribelli di Holstein, ma anche la stipula della grande coalizione anti-svedese cui il re danese partecipava al fianco della Confederazione polacco-lituana. L’intero libretto lasciava chiaramente intravedere in “filigrana” le questioni politiche attuali dietro il travestimento in costume.
La ripresa vent’anni dopo di un testo così storicamente connotato non poteva essere certo casuale. Certo Vinci amava stupire il pubblico con ambientazioni insolite e particolari. Alle abituali ambientazioni tratte dalla storia classica, orientale e dalla tradizione cavalleresca Vinci puntava a soggetti di nuova ambientazione,come era successo nel 1726 a Napoli con “Ermelinda” ambientata in Norvegia e così in ora, a Roma, con il soggetto polacco-lituano.
Il nuovo lavoro era infatti destinato al Teatro delle Dame, che godeva della protezione di James Edward Stuart, pretendente cattolico al trono inglese in esilio a Roma. Il tema della vicenda tutto giocato su una razionale regalità legittima, e una usurpatrice, dominata da passioni irrazionali, lusingava il giovane Stuart, che poteva rispecchiarsi nel re “giusto” che si oppone agli usurpatori (gli Hannover). A ciò si può aggiungere il dettaglio che la moglie dello Stuart era la principessa polacca Maria Clementina Sobieska, un fatto che aggiungeva u ulteriori agganci e identificazioni alla scelta di questo libretto.
In questa occasione Vinci non si limitato a far proprio il libretto di Briani, ma è intervenuto in modo significativo adattandolo alla propria sensibilità. Del testo originario vengono mantenuti i recitativi, ai quali erano affidati i messaggi politici e filosofici, mentre i testi ela distribuzione delle arie viene modificato in modo significativo. Vinci ricerca una maggior varietà drammatica, in quest’ottica troviamo l’elaborazione da quelle erano arie in ariosi, duetti o terzetti. La
Musicalmente la scrittura di Vinci si affida su un naturale senso melodico che, dall’orchestra, passa naturalmente alle voci. La scrittura orchestrale è lineare ma non manca di effetto, con una particolarità abilità nel creare arie “di paragone” (richiami alla natura in particolar modo). Nell’alta qualità complessiva della partitura emergono, meritano una citazione il duetto tra Otone e Cunegonda che chiude il II atto e l’aria, ricca di pathos,“Ah, si ti veggo in nero ammanto” di quest’ultima.
L’esecuzione musicale è all’altezza dell’interesse della partitura. Autentica rivelazione l’Orkiestra Historyczna diretta da Martyna Pastuszka. La compagine polacca colpisce per la qualità del suono e cura delle dinamiche, mostrando una qualità esecutiva e un senso stilistico di prim’ordine, in una lettura teatralmente viva e palpitante, con la filologia che diviene mezzo di arricchimento espressivo.
Ottimo il livello del cast. Max Emanuel Cencič affronta il ruolo del titolo che, in realtà è il protagonista “morale”, più che musicale. Vinci gli affida quattro arie – una in meno rispetto a Primislao, Cunegonda e Otone – ma in linea con il personaggio, con la sua misurata regalità. Così le sue arie sono caratterizzate da uno stile aulico solenne, atte a mettere in luce le capacità espressive dell’interprete, in luce anche nei brani più virtuosistici. Del cantante, oltre al materiale vocale, sempre di prim’ordine, spicca la straordinaria maturità intepretativa che non può che brillare in un ruolo come questo.
Antitesi – musicale oltre che teatrale – di Gismondo è il duca Primislao affrontato da Aleksandra Kubas-Kruk chiamata a vestire un ruolo incapace di controllare razionalmente le proprie passioni, è chiamato ad esprimersi con un canto estroverso e virtuosistico in arie dagli scarti espressivi estremi. Il soprano polacco deve a tratti patteggiare con la tessitura – con qualche acuto “fisso” – ma il canto di coloratura è sicuro, ma ancor fa emergere un temperamento che non lascia indifferenti.
Il soprano Sophie Junker è una Cunegonda appassionata. La voce è chiara e luminosa, l’emissione morbida e flautata, l’accento intenso. La parte è lunga e complessa, che la cantante affronta con compiutezza sotto tutti i punti di vista. Sorprende positivamente il sopranista ucraino Yuriy Mynenko. La parte di Otone è onerosa e sfaccettate, si esprime in toni di malinconico lirismo in cui si apprezza pienamente questa voce estremamente musicale, naturalissima nell’emissione e di grande morbidezza su tutta la linea. Dilyara Idrisova affronta la parte di Giuditta con voce di soprano leggero, agile e brillante. Può ricordare la nota Julia Lezhneva, mar con un timbro più morbido e un canto meno meno meccanico. Più che positive le prove di Jake Arditti (Ernesto) e Nicholas Tamagna (Ermano).
Opera in tre atti su libretto di Nicola Coluzzi. Musica di Nicola Porpora. Max Emanuel Cenčić (Germanico), Mary-Ellen Nesi (Arminio), Dilyara Idrisova (Rosmonda), Julia Lezhneva (Ersinda), Juan Sancho (Segeste), Hasnaa Bennani (Cecina). Capella Cracoviensis, Jan Tomasz Adamus (direttore). Registrazione: 2017. 3 CD Decca 483 1523
Gli anni recenti hanno visto rinascere l’interesse per Niccolò Porpora, compositore napoletano (nato nel 1686), tra più grandi protagonisti della scena barocca europea, troppo spesso ricordato solo come rivale di Händel. Porpora fu musicista di valore, riconosciuto maestro sia nella composizione che nell’arte del canto (tra i suoi allievi, i compositori Hasse e Haydn, Caffarelli e Farinelli tra i cantanti).
La registrazione di “Germanico in Germania” permette di farsi una precisa idea delle sue qualità musicali e del suo approccio all’opera seria. Composta nel 1732 per il Teatro Capranica di Roma l’opera dovette fare i conti con la censura pontificia che vietava alle donne la possibilità di esibirsi, così tutte le parti furono scritte per castrati con l’esclusione di quella di Segeste affidata a un tenore. Questo non sembra aver influito sulla fantasia di Porpora che, lanciarsi, visto che aveva a disposizione alcuni dei maggiori cantanti del tempo: Domenico Annibali (Germanico) e Caffariello (Arminio).
La vicenda è molto liberamente ispirata alle campagne condotte da Germanico contro i cherusci, per vendicare il massacro delle legioni di Varo, compiuto da Arminio nel 9 d.C. Il libretto di Nicola Coluzzi ricalca i modi del dramma metastasiano, non manca di qualità, specie nei lunghi recitativi, attraversati da una retorica nobile e alta che riflette il dibattito politico del tempo.
La musica di Porpora è ammirevole, con uso sapiente dell’orchestrazione, interessante è l’uso di declamati nei momenti più intensi – ad esempio la resa di Arminio – che si alternano alla canonica successione di arie e recitativi. Al centro dell’attenzione di Porpora un uso assai variegato della vocalità, spinta fino ai limiti delle sue possibilità. Una scrittura virtuosistica chiamata ad esaltare al massimo le funamboliche doti dei cantanti. Una scelta che porta a prediligere arie brillanti, scene di furore e di tempesta, andamenti ritmici sostenuti, per offrire ai cantanti la possibilità di strabiliare con rapidissimi passaggi di coloratura. Questo però ha come controaltare, una certa ripetitività, poche le arie liriche, più rivolte all’espressione degli affetti introspettivi, quasi tutte concentrate nel II atto.
Jan Tomasz Adamus dirige con una ritmica molto, a tratti troppo, sostenuta, con ritmi rapinosi e concitati, sonorità marzialmente squillanti in una corsa a perdifiato in cui si perdono un po’ molte sottigliezze espressive, presenti nella partitura. I musicisti della Capella Cracoviensis si mostrano all’altezza delle richieste direttoriali. La registrazione soffre comunque di una certa asciuttezza che pesa soprattutto sulla parte orchestrale.
Il cast è dominato da Max Emanuel Cenčić, anima e mattatore della produzione. Nella parte di Germanico il controtenore ha tutta l’autorevolezza del ruolo. La voce è particolare, molto personale, mai eccessivamente femminea, arricchita da screziature brunite e virili. L’emissione è omogenea su tutta la gamma, ottima la proiezione. La scrittura di Porpora lo porta a cimentarsi con impervi passaggi di bravura che sono risolti,non solo con la più assoluta naturalezza, ma anche con raro senso del valore espressivo del canto di bravura, che trova la più compiuta realizzazione nell’aria di furore “Qual turbine”. Ma è ancor di più nei momenti più distesi, una su tuttel’aria “Nasce da valle impura” che le qualità di canto e di espressione di Cenčić trovano il terreno ideale per esprimersi.
Il rivale Arminio è affidato al mezzosoprano Mary-Ellen Nesi. Il materiale vocale non è così privilegiato. Il timbro appare un po’asciutto e scabro, il volume limitato. Conosce però bene questo repertorio, ne possiede il senso dello stile e le qualità espressive. Sicura nei passaggi di coloratura, autorevole negli ampi declamati che caratterizzano la parte, sempre molto intensa sul versante espressivo. A volte il temperamento tende un po’ a prevalere sulla correttezza del canto, sempre apprezzabile.
Per chi scrive, la Nesi è preferibile alla meccanica precisione di Julia Lezhneva (Ersinda). A parte la voce timbricamente poco seducente, quello che convince è proprio l’approccio al ruolo di questa cantante. Facilità stratosferica nel canto, che la porte a risolvere con la più incredibile facilità, ogni difficoltà vocale, non si va oltre. Il fraseggio è monocorde, il valore del testo semplicemente ignorato e anche il virtuosismo non trasmette emozioni, riducendosi una meccanica perfezione. Un po’ più partecipe Dilyara Idrisova come Rosmonda, sposa di Arminio e corrispondente della Tusnelda storica. Il timbro è un po’ più morbido rispetto a quello della Lezhneva e si nota una maggior attenzione alla scansione del testo. L’interprete è sempre un po’ generica – eppure il ruolo concederebbe moltissimo al riguardo – ma almeno si vede un impegno che invano cercheremmo nell’iperurania astrazione della Lezhneva.
Tra i soprani quindi a brillare è la meno blasonata Hasnaa Bennani. Timbro piacevole, morbido e luminoso, colorature precise, accento partecipe e curato con cui trasmette un’immagine fresca e accattivante di un personaggio – il giovane tribuno romano Cecina – per molti aspetti più convenzionale rispetto a quelli affidati alle colleghe.
Molto bravo Juan Sancho nel ruolo tenorile di Segeste, padre di Rosmonda e capo della fazione germanica filo-romana, dizione nitidissima, accento sempre pertinente, non meno sicuro delle colleghe anche nei più funambolici passaggi di coloratura ma molto più partecipe sul piano espressivo.
“Se tu la reggi al volo” (Ezio); “Torbido intorno al core” (Meride e Selinunte); “Tu spietato non farai” (Ifigenia in Aulide); “Ove l’erbetta tenera e molle” (Filandro); “Destrier che all’armi usato” (Poro); “Chi vuol salva la patria e l’onore” (Enea nel Lazio); “Va per le vene il sangue” (Il trionfo di Camilla); “Se rea ti vuole il cielo” (Carlo il Calvo); “Quando sìoscura il cielo” (Carlo il Calvo); “Lieto sarò in questa vita” (Ezio); “So che tiranno io sono” (Carlo il Calvo); “Torcere il corso all’onde” (Il trionfo di Camilla); “D’esser già parmi quell’arboscello” (Filandro); “Nume che reggi il mare” (Arianna in Nasso). Max Emanuel Cenčić (Controtenore), Armonia Atenea, George Petrou (direttore). Registrazione: 2018. 1 CD Decca 433 3325
Ritroviamo Max Emanuel Cenčić alle prese con Porpora in questo recital solistico che conferma l’interesse del controtenore per il compositore. Un album che ci permette di avere uno sguardo più ampio sull’opera di Porpora, confermando le impressioni già offerte dall’opera precedentemente analizzata. Il programma è molto ricco e per buona parte inediti e quanto mai interessanti. Ad accompagnare Cenčić troviamo i complessi greci dell’Armonia Atenea diretti da George Petrou che ha con Cenčić una lunga e proficua collaborazione. Rispetto ai colleghi ascoltati nel “Germanico in Germania” la compagine greca presenta un suono più sfumato, se pur con la comune preferenza per i numeri dai toni brillanti, può anche godere di una ripresa sonora più riuscita. Nella scelta dei brani si nota una preferenza per arie dal taglio più scopertamente virtuosistico. Questi brani possono inoltre a loro volta dividersi in due categorie: eroico e marziale e quelle dal tono più leggero e galante.
Nella prima categoria, “Destrier che all’armi usato” da “Poro” ne è forse l’esempio più compiuto con il suo inarrestabile passo ritmico che sorregge un canto atto a trasmettere, con la massima efficacia, l’impeto della battaglia e la selvaggia energia di un cavallo lanciato nella mischia. Cenčić, non solo canta con una facilità i più impervi passaggi ma trasmetta perfettamente l’atmosfera del brano. su questa linea anche l’aria dell’”Ezio” “Se tu la reggi al volo” dove la voce è chiamata a evocare il volo di un’aquila con rapidissimi passaggi di coloratura e improvvise discese nel settore medio-grave.
In questi brani si apprezza la capacità di Porpora di sfruttare il virtuosismo vocale e strumentale, sempre a fini espressivi, come nell’eroismo venato di sofferta necessità della chiamata alle armi di Enea “Chi vuol salva la patria e l’onore” o il senso di rapinoso vigore che trasmette “Torcere il corso all’onde” da “Il Trionfo di Clelia”. All’altra categoria appartengono arie come “Ove l’erbetta tenera e molle” dal “Filandro” o “D’esser già parmi quell’arboscello” dalla stessa. Le qualità di interprete di Cenčić si esaltano ancor di più nei toni lirici e distesi dove la scrittura di Porpora – pur senza mai rinunciare al canto di bravura – esalta tutte le sfumature degli affetti e delle emozioni. “Quando s’oscura il cielo” da “Carlo il Calvo” con la voce del cantante che accarezza con la delicatezza di un guanto di seta la dolcissima melodia che domina il brano. Analoghe considerazioni valgono per il brano di chiusura “Nume che reggi il mare” da “Arianna in Nasso” che termina con languida poesia un programma per molti aspetti così energico. Una curiosità riserba “Torbido intorno al cuore” da “Meride e Selinunte” unico brano originariamente pensato per un personaggio femminile.
Un album che merita rita di essere goduto, brano dopo brano, alla scoperta di un autore fondamentale nello sviluppo dell’estetica tardo-barocca italiana.