Ludwig van Beethoven 250 (1770 – 1827): “Variazioni op. 35”, WoO 80, Wo0 77 e “Sonata op. 111”

15 Variazioni (e fuga) in mi bemolle maggiore op. 35 “Eroica (1802); 32 Variazioni in do minoreWoO 80 (1806); Sei facili variazioni in sol maggiore su un tema originale (1800); Sonata n. 32 op. 111. Florian Feilmair (pianoforte).   T. Time: 66′ 20″. 1 CD Hänssler Classic

Protagonista di un’interessante proposta discografica dell’etichetta Hänssler Classic, che intende celebrare l’anniversario beethoveniano, è la variazione, che, considerata, nel Settecento, alla base dell’insegnamento della composizione dal momento che si dava all’allievo un basso predeterminato sul quale avrebbe dovuto comporre melodie e variazioni, divenne, nella produzione di Beethoven, il frutto di una raffinata e complessa ricerca che avrebbe aperto la strada agli importanti lavori di Johannes Brahms, altro grande autentico maestro di questa forma. Vengono proposti, infatti, quattro capolavori pianistici di Beethoven e, in particolar modo, le Sei facili variazioni in sol maggiore su un tema originale, le 15 Variazioni (e fuga) in mi bemolle maggiore op. 35 “Eroica”, le 32 Variazioni in do minore e la Sonata op. 111, il cui secondo tempo è scritto nella forma del tema e variazioni. Composte nel 1800 per qualche suo allievo di nobile famiglia, le Sei facili variazioni in sol maggiore su un tema originale, pur avendo uno scopo didattico, mostrano un Beethoven sicuro dei propri mezzi dal momento che non ricorse a un tema di un altro autore, ma ad uno di sua composizione. Al 1802 risale la composizione delle Variazioni (e fuga) in mi bemolle maggiore op. 35 chiamate “Eroica”  in virtù del fatto che questo lavoro, vero punto di svolta del pianismo di Beethoven che anticipa i suoi capolavori della maturità, presenta significative similitudini con il quarto tempo dell‘Eroica, composta tra il 1802 e il 1804; ancora più complesse sono le 32 Variazioni in do minore, che, composte nel 1806, secondo un aneddoto, sarebbero state disconosciute da Beethoven il quale, udendole, eseguite da una figlia di Nanette Streicher che le stava studiando, avrebbe chiesto di chi fossero. Secondo questo aneddoto, Beethoven, che sembra avesse dimenticato questo suo lavoro, avrebbe risposto, una volta appreso di esserne l’autore: «Mia questa scempiaggine? O Beethoven, che asino sei stato!». Chiude il programma l’ultima sonata di Beethoven, l’op. 111 che, composta nel 1822, rappresenta uno dei cavalli di battaglia dei più grandi pianisti. Dopo il primo tempo nel quale la dialettica della forma-sonata è negata in virtù della preminenza accordata al primo tema, un vigoroso soggetto di fuga, la sonata prosegue con l’arietta e variazioni che ne costituisce il nucleo attorno al quale è costruita.
Questi capolavori beethoveniani sono eseguiti da Florian Feilmair con slancio e baldanza giovanili che, talvolta, lo portano ad eccedere nelle sonorità soprattutto nei fortissimi che appaiono un po’ aspri. Dotato di un’ottima tecnica che gli consente di risolvere i passi virtuosisticamente più complessi con disinvoltura, Feilmair interpreta questi lavori con grande attenzione ai contrasti dinamici ed esegue con espressione i cantabili nei quali è possibile ascoltare anche un bel suono.