Opera in tre atti, di Francesco Cavalli e di Giovanni Andrea Moniglia. Elena Monti (Ipermestra). Emanuela Galli (Linceo). Gaëlle Le Roi (Elisa). Marcel Beekman (Berenice). Sergio Foresti (Danao). Mark Tucker (Arbante). La Sfera Armoniosa. Mike Fentross (direttore). Registrazione live: 24 agosto 2006 presso Stadsschouwburg Utrecht. T. Time: 61’18” (CD 1), 57′ 22″ (CD 2), 47′ 29″ (CD 3). 3 CD Challenge Classics CC72774 – 2020
Ritrovato nella Biblioteca Marciana di Venezia nel 2003, in un periodo in cui ancora era impossibile accedere a questo materiale tramite internet, il manoscritto dell’Ipermestra di Pier Francesco Caletti Bruni, meglio conosciuto come Francesco Cavalli dal nome del suo mecenate, il patrizio veneziano Francesco Cavalli che da Crema, dove il compositore era nato nel 1602, lo condusse a Venezia per fargli completare i suoi studi musicali, è ritornato alla luce dopo 350 anni di oblio grazie a Mike Fentross. L’opera su libretto di Giovanni Andrea Moniglia, composta molto probabilmente nel 1655 per celebrare il trentatreesimo compleanno della Granduchessa di Toscana Vittoria della Rovere, in realtà, per una serie di ritardi dovuti anche ai tempi di costruzione del nuove Teatro della Pergola di Firenze, fu rappresentata soltanto nel 1658 in occasione delle celebrazioni indette dal Granduca di Toscana per la nascita del primo figlio maschio di Filippo IV di Spagna, Filippo Prospero.
L’opera mette in scena il mito di Ipermestra, la figlia di Danao, che, messo al bando dal regno d’Egitto, dal fratello Egitto, era diventato re di Argo. Essendogli stato profetizzato che sarebbe stato ucciso da un figlio del fratello, Danao decide di dare in sposa le sue cinquanta figlie ai cinquanta figli di Egitto affinché uccidessero i loro mariti durante la prima notte di nozze. Ipermestra, innamorata del marito Linceo, lo invita a fuggire attirandosi le ire del padre che la rinchiude in prigione dove è raggiunta dalla sua dama di compagnia Elisa, la quale le chiede quali siano i suoi sentimenti nei confronti del suo amato Arbante. Quest’ultimo, innamorato di Ipermestra che lo respinge, si vendica dicendo a Linceo che la principessa ha sposato un altro uomo. Linceo, già in armi, cinge d’assedio la città che distrugge provocando la disperazione di Ipermestra la quale vorrebbe gettarsi da una torre, ma è salvata da Venere che, così, premia la sua costanza nell’amore. Alla fine le coppie si ricompongono, in quanto Linceo, guarito dall’amore per Elisa, ritorna da Ipermestra, e Arbante, pentito dei suoi misfatti, rinnova i suoi sentimenti d’amore per la dama di compagnia.
Musicalmente questo lavoro di Cavalli è un vero e proprio gioiello per la capacità di rappresentare con immediatezza i sentimenti dei vari personaggi ben caratterizzati anche grazie al sapiente uso degli strumenti, come si può notare per Danao la cui ieraticità è accentuata dall’uso dell’organo barocco che lo accompagna. All’interno dell’opera, nella quale prevale l’arioso, si segnalano la bella aria Piangete, occhi, piangete”, cantata da Ipermestra nel primo atto, quella di Danao (atto secondo)“Affetti, pietà, / partite da me”, veramente struggente, e il lamento “Disperato cor mio, dimmi: che fai?” di Arbante (atto terzo).
Di altissimo livello quest’incisione, tra l’altro costituita da una registrazione dal vivo in un’unica serata. Improntata a un profondo senso dello stile e guidata da un amore per quest’opera, da lui stesso riscoperta e, quindi, studiata veramentre con cura, è la concertazione di Mike Fentross che non solo sceglie tempi e sonorità perfettamenti adeguati, ma fa risaltare anche la varietà strumentale della partitura di Cavalli nella quale ha integrato alcune lacune del manoscritto con l’aggiunta dell’ouverture della Doriclea (1645) dello stesso Cavalli e, alla fine del secondo atto, della “Battalla de Barabaso yerno de Satana” tratta dal l primo libro di canzoni, sinfonie, fantasie, capricci, brandi, correnti, gagliarde, alemane, volte per violini e viole, overo altro stromento a uno, due e tre con il basso continuo di Andrea Falconieri pubblicato a Napoli nel 1650. Senso dello stile, corroborato da una solida tecnica vocale, caratterizza le performances degli interpreti. Voce dal timbro chiaro e ben proiettata sugli acuti, Elena Monti (Ipermestra) riesce a esprimere, con intensa partecipazione, i tormenti che dilaniano l’animo della protagonista. Dotata di una voce omogenea e dal timbro chiaro forse un poì troppo simile a quello della Monti al punto da non rendere sempre facile distinguere la sua voce da quella della collega, Gaëlle Le Roi è un’Elisa di bello spessore grazie a una bella linea del canto che si esprime in una vocalità veramente espressiva. Ruolo en travesti, quello di Linceo è sostenuto da un’Emanuella Galli, dotata di una bella tecnica evidente nella facilità con cui l’atista risolve le agilità nell’aria “A questo mio core fan guerra mortal”. Ottima tecnica e senso dello stile caratterizzano la prova del tenore Marcel Beekman che, con una vocalità da “haute-contre”, dà vita a una divertente Berenice. Fraseggio curatissimo contraddistingue la performance del basso Sergio Foresti, un Danao ieratico, che non solo domina con la sua voce la parte, ma anche una scrittura orchestrale piuttosto corposa costituita da un organo barocco, da un clavicembalo e altri strumenti; l’artista è inoltre capace di sentimenti più umani nell’aria “Affetti, pietà, / partite da me”. Efficace anche il tenore Mark Tucker che appare attento a rendere i sentimenti di Arbante e, in particolar modo, la sua disperazione nel lamento “Disperato cor mio, dimmi: che fai?” affrontato con il giusto pathos.