Azione teatrale in un atto, su libretto di Pietro Metastasio.
Prima rappresentazione: Salisburgo, Rittersaal del Residenz-Theater, tra il 29 Aprile e l’1 maggio 1772.
Questo Lavoro teatrale assume forti tratti oratoriali, somigliando forse più a una cantata, il cui contenuto drammatico è ridotto al minimo, è quasi tutta l’azione consiste in discettazioni teoriche. Non a caso abbondano, nel testo poetico, le metafore tipiche di Metastasio.
Ecco dunque che la partitura si compone, nell’insieme, del’ Overture è di 12 numeri musicali, dei quali 10 sono arie: due ciascuno per Scipione (tenore), la Fortuna (soprano), la Costanza (soprano), Publio (tenore), una per Emilio (tenore) più una per la “Licenza” che presumibilmente era affidata all’interprete Costanza (che raggiungeva così il numero complessivo dei tre arie); figurano inoltre due cori. Se l’ultimo di questi è piuttosto convenzionale, il primo invece, che si colloca nel momento dell’evocazione degli estinti, con la sua nitida tessitura omofonica e l’andamento dinamico, e senza alcun dubbio fra le pagine più riuscite della partitura.
Le arie sono ampie, nello stile da “opera seria”. In generale, non c’è un evidente tentativo di differenziare i vari personaggi, anche le due figure allegoriche, Costanza e Fortuna, che pure sono fra loro antagoniste, mostrano un atteggiamento musicale similare. L’uso di vocalizzi e di virtuosismi è frequente, in tutte le vocalità, così come non manca, in un paio di casi, il vecchio procedimento di dipingere musicalmente il “vento che soffia” o il “bambino che piange”, o altri “affetti”. Spesso si è guardato a Il sogno di Scipione come a uno dei lavori più frettolosi e meno ispirati di Mozart, scritto per adempiere a una commissione poco gradita. Eppure questa partitura ha certamente un’alta qualità di scrittura e un’invenzione non trascurabile, per apprezzare le quali occorre prescindere da preoccupazioni strettamente drammatica, e adeguarsi a una concezione del teatro musicale contemplativa e non dinamica, in direzione opposta a quella che Mozart prenderà nei lavori successivi.