Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893): “Pikovaja Dama”, op.68 (1890)

Opera in tre atti e sette quadri su libretto di Modest Ilic Cajkovskij, dal racconto omonimo di Alexander Sergeyevich Pushkin. Prima rappresentazione:San Pietroburgo, Teatro Mariinskij, 7 (19) dicembre 1890.
La trama
Un giovane ufficiale, Hermann (tenore), invaghito di Lisa (soprano), una fanciulla fidanzata al principe gliele Eleckij (baritono), apprende da amici che la vecchia contessa (mezzosoprano) di cui Lisa è nipote possiede un segreto per vincere infallibilmente al gioco, legato a tre carte misteriose, si dà venire soprannominata per questo La dama di picche. A partire da questo momento Hermann rimane ossessionato dall’idea di strappare alla vecchia Contessa il suo segreto, anche nella prospettiva di valersi della fortuna che esso gli procurerebbe per sottrarre al legittimo fidanzato, Lisa, qui peraltro non sono rimaste indifferenti le mute attenzioni della ufficiale. Riuscito a penetrare nottetempo, come un ladro, nelle stanze della Contessa, Hermann la spaventata al tal punto da causarne la  morte, senza averle strappato Il segreto di cui ella, del resto, prima di morire, nega l’esistenza. Ma la sera del funerale Lo spettro della Contessa appare al giovane e gli rivela le tre magiche carte. La passione del gioco ormai si è impadronita dell’anima di Hermann fino ad offuscare in  lui lo stesso amore per Lisa, ch’egli ha sedotto. Dopo un tragico incontro in riva al Ne va, egli respinge Lisa, che tenta di trattenerlo, e corre a giocare, mentre la giovane, disperata, si getta nel fiume. Al tavolo da gioco Hermann, vince con le prime due carte, ma con la terza perde, perché, credendo di aver preso un asso, si trova ad avere tra le mani la dama di picche che sembra sogghignare al giocatore, il quale, impazzito,  si suicida.
Note
Il libretto della Dama di picche, penultima opera teatrale di Peter Ilic Tchaikovsky, fu ricavato dal musicista stesso e dal fratello Modest del celebre racconto di Alexander Sergeyevich Pushkin, pubblicato nel 1833. il racconto, che è uno dei più artisticamente perfetti e caratteristici dello scrittore russo, rientra in un genere di moda del romanticismo, che mescola elementi realistici ad elementi fantastici, genere particolarmente illustrato dalla novellistica di Hoffmann.
il racconto di Puskin è soprattutto un’analisi dell’ossessione di Hermann, condotto con lucidità e stringatezza, una vera e propria obiettivazione dell’allcinazione di cui Hermann è preda, scevra da eccessivi indugi su particolari psicologici, non esente persino da intenzioni ironiche. Il distacco puskiniano della dalla materia narrata non è però adottato da Cajkovskij, il quale aderisce in pieno al tema romantico di amore e morte recato dal racconto, sviluppandolo attraverso un progredire drammatico che giunge ad una esasperazione parossistica. Il finale, attorno al tavolo da gioco, e fra le più impressionante del teatro musicale di ogni tempo; il momento della morte della Contessa è stato definito da Asafiev: “Fra i più tragici di tutte le letterature delle morti operistiche, in un’atmosfera paurosa d’incubo e d’angoscia”.
Di fatto per Cajkovskij il dramma non si esplica tanto dai fatti quanto dagli stati d’animo dei personaggi, coi quali egli si immedesima fino riviverne psicologicamente la natura e a tradurne musicalmente gli efetti in momenti di  sospensione lircae, in armonia con lo schema a forme chiuse dell’opera italiana, cui il musicista in definitiva si attiene. Il ricorrere del “tema delle carte” può essere guardato come un’adesione al principio wagneriano del “leimotiv”; ma non verso ilconcetto di dramma musicale di Wagner del quale Cajkovskij si mostrò profondamente ostile, salvando soltanto il Lohengrin. Per dare un’idea del sentimento drammatico di Cajkovskij basta leggere parole come queste scritte dell’autore, in una lettera al Granduca Costantino: “Ho sperimentato io stesso in un modo così intenso, tutto ciò che accade nel lavoro, che una volta ebbe realmente paura dello spettro della Dama di picche”. O quest’altre annotazioni del suo diario: “Ieri mattina ho scritto il finale. Quando arrivai alla morte di Hermann e al coro dei giocatori fui preso da una tale compassione per il mio eroe che mi misi a piangere… Mai nessuno dei miei personaggi, mi aveva fatto versare fino allora così calde lacrime, e mi chiedevo da cosa ciò dipendesse. Mi accorsi allora che Hermann non era un pretesto per comporre della musica, ma un uomo vivente e degno di simpatia…..”.
S
ia la prova generale del 18 dicembre  1890, alla presenza dello Zar e della famiglia Imperiale, sia la prima esecuzione della “Dama di picche, il giorno successivo, furono trionfali.
Anche la produzione proposta in video viene dal Festival di Glyndebourne. Siamo nel 1992,  due anni prima dell’Onegin che vi abbiamo già invitato alla visione (stiamo seguendo la cronologia di composizione). Anche qui abbiamo a firmare lo spettacolo è Graham Vick che  conferma la sua grande capacità nel gestire la recitazione degli interpreti, tutti assolutamente partecipi e credibili nei rispettivi ruoli. Modernità – la visionaria scenografia di Richard Hudson, è quasi una proizione della mente turbata di Hermann – e tradizione, ma non banalità – rappresentata da i costumi di Krista Urban – convivono perfettamente in questo accuratissimo spettacolo, nel quale, anche qualche pecca o limite stilistico-vocale, è ampiamente superato dalla creazione di personaggi perfettamente in linea con la partitura. Così come la concertazione di Andrew Davis, si coniuga alla sensibilita e passionalità della scrittura caikovskiana.