Beethoven 2020 – 250 anni della nascita del compositore
Fantasia in do minore per pianoforte, coro e orchestra op. 80
Adagio-Finale (Allegro-Allegretto ma non troppo)
Composizione senza precedenti dal punto di vista formale e imitata in seguito soltanto da Ferruccio Busoni e da Raplh Vaughan Williams, la Fantasia in do minore per pianoforte, coro e orchestra op. 80 fu composta da Beethoven per concludere la famosa Accademia del 22 dicembre 1808 tenuta al Theater an der Wien durante la quale furono eseguite altre sue opere: la Quinta e la Sesta sinfonia, parti della Messa in do maggiore, e in prima assoluta il Quarto concerto per pianoforte. In quest’occasione si esibì al pianoforte lo stesso Beethoven che diede vita ad una vera e propria improvvisazione fino all’ingresso dell’orchestra segnata in partitura con l’indicazione Finale. Soltanto un anno dopo, in vista della pubblicazione, Beethoven mise sulla carta la prima parte della Fantasia segnandola con l’andamento Adagio. Non avendo molto tempo per comporre la musica e trovare un testo che potesse esprimere la sua filosofia, Beethoven scelse un Lied, scritto nel 1795, intitolato Gegenliebe (Amore reciproco) su testo di A. Bürger e ne trasformò il tema nel soggetto principale. Chiese al poeta Christoph Kuffner di scrivere un nuovo testo, dandogli suggerimenti ben precisi, ma la poesia, tuttavia, non è né presente nell’opera omnia del poeta né è citata nella sua biografia.
Opera sperimentale per le ardite combinazioni timbriche e strumentali, per un uso molto originale delle masse orchestrali e una struttura formale senza precedenti, la Fantasia si apre con un Adagio di carattere improvvisativo e rapsodico affidato al pianoforte. Un poderoso accordo di do minore, che sembra richiamare il mondo tonale della Quinta sinfonia, si frantuma in arpeggi e virtuosistici disegni senza mai assumere una precisa connotazione melodica e armonica. Questo Adagio è una lunga cadenza, alla cui conclusione attacca l’orchestra, Allegro, con i violoncelli che espongono una breve idea tematica a cui risponde il pianoforte. Si stabilisce un dialogo tra il pianoforte e l’orchestra in stile melodrammatico, mentre nel successivo Meno allegro il pianoforte espone un tema che viene sottoposto a cinque variazioni da parte degli altri strumenti che, nell’ordine, sono il flauto, l’oboe, il clarinetto accompagnato dal fagotto, il quartetto d’archi e l’intera orchestra in una scrittura che da cameristica diventa progressivamente sinfonica. Dopo la Quinta variazione torna protagonista il protagonista che prima si produce in un episodio concertante e, poi, esegue la Sesta variazione, l’unica in minore, alla quale si contrappongono la Settima, estatica ed idillica, e l’Ottava, una vera e propria marcia trionfale in fa maggiore. Dopo un nuovo intervento del pianoforte inizia l’ultima parte della Fantasia che anticipa la concezione formale e strutturale dell’Inno alla gioia della Nona grazie alla sua lunga melodia e alla patetica sospensione nel suo punto culmimante. Protagonista di questa sezione, che si conclude con un travolgente Presto, è il coro che riprende il tema iniziale in do maggiore.
Con lusingante dolcezza
risuonano le armonie della nostra vita
e dalla poesia sbocciano fiori sempre verdi.
Pace e letizia scorrono
come il fluire delle onde;
il rancore e l’amarezza
che premevano dentro di noi
lasciano il passo a più nobili sentimenti.
Quando domina la magia dei suoni
e la sacra parola si esprime,
allora il meraviglioso si manifesta,
notte e tempesta diventano luce;
la pace all’intorno e la letizia interiore
regnano per i felici.
Il sole primaverile delle arti
fa scaturire la luce dalla loro unione.
Quanto di grande c’è nei nostri cuori
torna a fiorire più bello,
non appena lo spirito si eleva
un coro celestiale risuona tutt’intorno.
accogliete, anime belle,
lietamente i doni dell’arte.
Quando l’amore si unisce alla forza
l’uomo è ricompensato dal favore degli dei.