Undicesimo figlio di Bach e della seconda moglie Anna Magdalena Bach-Wilcke, Johann Christian Bach, dopo aver perso il padre all’età di 15 anni, fu mandato dalla madre a Berlino presso il fratello maggiore Carl Philipp Emanuel Bach con il quale proseguì i suoi studi. Lasciata a vent’anni la Germania, il più piccolo dei figli di Bach si stabilì in Italia dove, su consiglio di un ricco mecenate, il Conte Litta, e di Padre Giovanni Martini, si dedicò alla musica sacra, componendo una trentina di pezzi in questo genere nel breve periodo di 5 anni dal 1757 al 1762. In Italia Johann Christian entrò a contatto anche con il mondo teatrale; gli fu commissionata, infatti, un’opera dal Teatro Regio di Torino nel 1760 e l’anno successivo compose ben due opere per il più importante teatro del mondo nel Settecento, il San Carlo di Napoli. Nel 1762, dopo aver chiesto un congedo alla Cattedrale di Milano, dove svolgeva l’incarico di organista, si recò a Londra per ottemperare agli obblighi di un contratto stipulato con il King’s Theatre. Nella capitale inglese, da dove non si sarebbe più mosso, Johann Christian nel 1778 compose, su un libretto di un autore ignoto, che, secondo un resoconto contemporaneo, dovrebbe essere identificato con un ambascisatore italiano, l’opera in 3 atti La clemenza di Scipione che fu rappresentata con successo per la prima volta il 4 aprile dello stesso anno al King’s Theatre.
Protagonista è Scipione, che, dopo aver conquistato Cartagine, ha fatto prigioniere la principessa spagnola Arsinda e Idalba, fidanzate rispettivamente con il principe iberico Luceio e il generale romano Marcio. A Luceio, che, nel tentativo di liberare la sua amata, era stato a sua volta fatto prigioniero, viene chiesto come prezzo della sua libertà e della sua vita un atto di sottomissione a Roma che egli rifiuta di compiere. A salvare l’uomo, che era stato portato, nel contempo, nel tempio della Vendetta per essere sacrificato, è la sua fidanzata che minaccia di suicidarsi. Scipione, allora, commosso dal gesto di Arsinda, libera Luceio e benedice le unioni delle due coppie. Alla fine, commossi dall’atto di clemenza di Scipione, tutti si sottomettono a Roma.
Particolarmente breve ed efficace soprattutto nei recitativi, l’opera si segnala per una straordinaria unità evidente, per esempio, nella scelta di Johann Christian sia di utilizzare il tema iniziale dell’ouverture nel coro finale sia di collegare sempre dal punto di vista dei temi il recitativo al successivo rondò di Luceio Nel partir bell’idol mio. Inoltre sono presenti alcune affinità tra le due lunghe arie dell’atto secondo di quest’opera con flauto obbligato, oboe, violino e violoncello e quelle del Ratto del serraglio di Mozart, anche se non si può affermare con certezza che il genio salisburghese si sia ispirato a questo lavoro di Johann Christian.
In allegato il libretto originale dell’opera