Antonio Pansini (1703 -1791): “Officia”

Officia in feria V et VI Maioris Hebdomadae. Proprium et Ordinarium Missae in Coena Domini a 2 Canti, Basso e basso continuo: Nos autem-Kyrie-Gloria-Christus factus est – Credo – Dextera Domini – Sanctus – Agnus Dei – Dominus Iesus – Sepulto Domino – Benedicta sit Sancta Trinitas – Ubi caritas). Feria VI in Parasceve. Ad Matutinum. In I Nocturno: De lamentatione Ieremiae Prophetae – Omnes amici mei – Lamed. Matribus suis – Velum templi – Aleph. Ego vir videns – Vinea mea. Cappella Musicale Corradiana. Annamaria Bellocchio (canto I), Ester Facchini (canto II), Michele Dispoto (basso), Gioacchino de Padova (viola da gamba), Gaetano Magarelli (organo, monodista e maestro concertatore). Registrazione: Chiesa parrocchiale di San Bernardino in Molfetta (Ba), 16-20 agosto 2018. 1 CD Digressione Music

Poche sono le notizie su
Mauro Antonio Angelo Pansini (o Pansino, o Panzino, o Panzini) che, nato a Molfetta il 30 settembre 1703 da Giovanni e da Laura de Viesti, dopo essere stato consacrato diacono nel 1727, il 21 dicembre dello stesso anno divenne definitivamente presbitero e dal 1754 maestro di cappella della Cattedrale della città pugliese. Non così sicure, perché impossibili da documentare, sono le notizie riguardanti la formazione musicale di Pansini che, secondo quanto riferito dallo storico molfettese Michele Romano nel suo Saggio sulla storia di Molfetta dall’epoca dell’antica Respa al 1840 (1842), avrebbe studiato a Napoli con Jommelli e Pergolesi. Non si hanno dubbi, invece, sull’altra notizia, sempre riferita da Romano, secondo cui Pansini fu autore della Messa, delle antifone, dei versetti e delle lezioni del Giovedì Santo e di altre «cantilene e inni sacri».
Composti intorno agli anni Quaranta del Settecento per il «Coro della Chiesa Cattedrale di Molfetta, «la Messa ed Uffizio del Giovedì Santo la sera» rivelano un compositore di scuola napoletana che ha ben appreso la tecnica del contrappunto e soprattutto si mostra attento alla rappresentazione della parola attraverso le note. A tale fine Pansini non disdegna l’uso di salti impervi e di successioni cromatiche particolarmente innovative per l’epoca, mentre la conduzione delle parti rivela una solida preparazione contrappuntistica. Purtroppo l’organico, dettato molto probabilmente dalle circostanze e costituito da due soprani e un basso, crea un po’ di monotonia dal punto di vista delle voci che, a volte, non si distinguono.
Per quanto riguarda l’incisione va innanzitutto segnalato il merito di aver ripreso l’opera di un autore del tutto sconosciuto, anche se qualche perplessità desta la realizzazione del continuo, nel quale si sente pochissimo la viola da gamba suonata da Gioacchino de Padova, mentre filologicamente appropriata appare la scelta di avvalersi di un organo d’epoca, costruito da don Giuseppe Rubino nel 1767 per la Chiesa di San Bernardino di Molfetta. All’organo Antonio Magarelli, che è anche il maestro concertatore, accompagna con senso dello stile i cantanti, anche se il frequente raddoppio delle parti vocali non certo aiuta a dare a queste composizioni maggiore varietà. Dotate entrambe di una voce dal timbro chiaro molto simile e, comunque, ben proiettata sugli acuti, Annamaria Bellocchio (Canto I) ed Ester Facchini (Canto II), essendo entrambe soprani, quasi non si distinguono nei brani in cui cantano insieme tanto che c’è da chiedersi se sarebbe stato più opportuno affidare la parte del Canto II a una voce con diverse caratteristiche timbriche per creare maggiore varietà espressiva. Le due artiste affrontano, comunque, questi lavori di Pansini con senso dello stile ed esibendo un’ottima tecnica che consente loro di risolvere le agilità con professionalità. Ottima tecnica e senso dello stile contraddistinguono anche la prova di Michele Dispoto che, per essere un basso, esibisce una voce dal timbro un po’ troppo chiaro.