Beethoven 2020 – 250 anni della nascita del compositore
“Egmont”, ouverture in fa minore op. 84
Sostenuto, ma non troppo, Allegro, Allegro con brio
Czerny, pianista e discepolo di Beethoven, scrisse che il maestro, quando nel 1809 i teatri imperiali di Vienna avevano progettato di mettere in scena il Guglielmo Tell di Schiller e l’Egmont di Goethe, era rimasto deluso: a Beethoven era stata affidata la composizione delle musiche di scena per la tragedia di Goethe al posto di quelle per il dramma schilleriano, da lui preferito, che sarebbe stato messo in musica da Gyrowetz, un compositore boemo quasi del tutto dimenticato. La delusione iniziale, però, era destinata a trasformarsi subito in entusiasmo quando il compositore lesse il testo di Goethe, poeta che egli ammirava, come ci è testimoniato da una lettera del 10 giugno 1811 indirizzata a Bettina Brentano:
“Io mi propongo di scrivere ancora a lui [Goethe] su Egmont che io ho messo in musica soltanto per amore delle sue poesie che mi diedero tanta gioia”.
Nello stesso periodo Beethoven inviò a Goethe la partitura dell’Egmont, accompagnata da una lettera, nella quale non mancò di esprimere tutta la sua ammirazione per questa tragedia e di dichiararsi pronto, con umiltà, ad accogliere volentieri eventuali critiche:
“Ho sentito, pensato e messo in musica l’Egmont, con lo stesso calore con il quale l’ho letto. Desidero molto conoscere il suo giudizio, e anche un rimprovero per me e per la mia musica mi sarà utile. Volentieri lo riceverò come una lode”.
La partitura, composta tra il mese di ottobre 1809 e il mese di maggio del 1810, ed eseguita, per la prima volta, durante la rappresentazione della tragedia il 24 maggio dello stesso anno al Burgtheater di Vienna, consta, oltre all’ouverture, che, come è accaduto molto spesso per le musiche di scena, si è affermata nel repertorio sinfonico, di nove brani: due Lieder di Clärchen (Chiara), quattro interludi, un melologo sulla morte di Egmont, la morte di Chiarina e una Sinfonia trionfale.
Il soggetto, nel quale assume carattere rilevante l’esaltazione della libertà dei popoli nel cinquecentesco personaggio del conte Egmont, patriota fiammingo, che, in seguito alla rivolta contro la dominazione spagnola repressa nel sangue dal duca d’Alba, fu imprigionato e condannato a morte, assurge a esemplare testimonianza dell’eroismo di chi non teme di sacrificare la vita per un ideale. Chiara, nella speranza di liberare il conte da lei amato, cerca di far insorgere il popolo di Bruxelles contro gli Spagnoli, ma il tentativo fallisce e la donna disperata si uccide.
L’Ouverture, lungi dal costituire una sintesi delle azioni che stanno per essere rappresentate sulla scena, vive del conflitto di sentimenti che animano la tragedia di Goethe, diventandone quasi una vera e propria apoteosi. Aperta da una breve introduzione in fa minore, Sostenuto ma non troppo, di carattere tragico ed angoscioso, l’Ouverture prosegue con un classico Allegro in forma-sonata, in cui al primo tema avvolgente risponde una seconda idea tematica derivata dal motivo iniziale dell’introduzione in una forma contratta ed energica, e si conclude con una coda, Allegro con brio di carattere trionfale; il materiale melodico di questa coda è tratto dalla Sinfonia trionfale che, alla fine del dramma, corrisponde al momento in cui vengono esaltate la nobiltà d’animo e le aspirazioni del conte quasi a sancire, in questo modo, la vittoria spirituale e morale dell’eroe puro che si sacrifica per la libertà del suo popolo.