Gaspare Spontini (1774 – 1851): “Olimpie” (1819 – revisione del 1826)

Opera in tre atti su libretto di y Armand-Michel Dieulafoy e Charles Brifaut dall’omonima tragedia di Voltaire. Karina Gauvin (Olimpie), Kate Aldrich (Statira), Mathias Vidal (Cassandre), Josef Wagner (Antigone), Patrick Bolleire (L’Hiérophante), Philippe Sourvagie (Hermas). Flemish Radio Choir, Nathalie Steinberg (Maestro del coro), Le Cercle de l’Harmonie, Jérèmie Roher (direttore). Registrazione: Philarmonie de Paris, 31 maggio 1-2 giugno 2016. 2 CD Palazzetto Bru Zane BZ1035.

La sorte e i capricci della storia possono giocare strani scherzi decretando – ad esempio – la caduta e l’oblio di creazioni meritevoli di maggior successo. Un caso esemplare è quello dell’”Olimpie” con musiche di Spontini andata in scena il 22 dicembre 1819 al Théâtre de l’Académie Royale de Musique di Parigi con la prestigiosa direzione di Rodolphe Kreutzer. Tratta dall’omonima tragedia di Voltaire l’opera si basa sulla leggenda – originata da voci coeve ai fatti – che l’improvvisa morte di Alessandro Magno sarebbe stata in realtà causata da un omicidio, attribuito da Voltaire – e poi dai librettisti da lui ispirati – ad Antigono Monoftalmo, nobile macedone di governatore della Frigia Ellespontica dopo la battaglia del Granico. Il tema del regicidio attraversa come filo-conduttore tutta la vicenda è veniva a toccare in quel momento nervi scoperti della società francese. Voci di congiure correvano per le vie di Parigi. I  sospetti non erano infondati, visto pochi mesi dopo il Duca di Berry Carlo di Borbone cadrà sotto i colpi del pugnale di Louvel. Il particolare clima politico di quei mesi non rendeva un titolo come “Olimpie” gradito al pubblico parigino e questo deve aver giocato un ruolo non secondario nel decretare l’insuccesso della prima e il ritiro dalle scene dopo solo sette recite.
L’opera presentava comunque anche  una non trascurabile debolezza nel libretto. La stessa tragedia di Voltaire risultava datata per il gusto del tempo e la trasposizione librettistica modesta. Sul piano teatrale la vicenda appare superficiale, i personaggi mancano di spessore, carente anche il rigore narrativo nella successione dei fatti. Il lieto fine finale appare quasi incongruo. Una struttura troppo esile per il pubblico parigino del tempo. Di contro la musica è di una qualità semplicemente eccelsa. Spontini, strettamente legato all’idea teatrale di Gluck e dalle esperienze francesi di Salieri, ha  una concezione del teatro composta in grandi blocchi, con il superamento pressochè totale delle forme chiuse (recitativo-aria). La scrittura orchestrale è ricchissima, con un uso molto originale di fiati e percussioni (emblematico, in tal senso, il finale dell’atto II). Straordinaria l’ispirazione melodica sempre retta da un sentire nobile e purissimo che investe tutta la partitura, in particolare nelle ispirate pagine corali.

Una musica quindi capace di affondare nella tradizione con originalità e al contempo di aprirsi verso la sensibilità del nuovo secolo, con impeti romantici ammantati dalla perfezione formale della scrittura neoclassica,  aprendo di fatto la strada ai futuri sviluppi del grand-opéra e non solo. Ascoltando quest’opera si compende l’ammirazione entusiastica che Berlioz provava per Spontini.
Nel giugno del 2016 presso il Théâtre des Champs-Élisée l’opera ha avuto una parziale rivincita. Seppur eseguita in forma di concerto ha  mostrato tutte le sue qualità, anche grazie all’ottimo lavoro di revisione critica, svolto da uno dei maggiori esperti spontiniani: Federico Agostinelli,  in collaborazione con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi. Registrata e distribuita dalla sempre più meritoria Fondazione Palazzetto Bru Zane di Venezia quest’opera è ora disponibile per gli appassionati in una registrazione ufficiale. Una edizione critica che ricostruisce la versione definitiva rivista dall’autore per la pubblicazione a stampa nel 1826.
L’esecuzione musicale è  all’altezza della qualità della musica. Le Cercle de l’Harmonie è un’orchestra splendida, di una qualità esecutiva altissima in tutte le sue componenti e valorizzata  da Jérèmie Roher al massimo delle sue possibilità. Il direttore,  pienamente conscio del valore della partitura, si impegna per darne la miglior lettura possibile. Ne esce un’esecuzione di grande forza teatrale, brillante nelle sonorità e nei tempi, curatissima nel gioco sempre cangiante delle dinamiche e dei ritmi. Fedele al taglio rigorosamente filologico dell’operazione viene adottato un diapason a 430, ricorrendo anche all’uso di archetti barocchi che garantiscono all’insieme un’energia vitale cui è difficile restare insensibili. Sontuosa la prova del Flemish Radio Choir preparato da uno specialista assoluto di questo repertorio come Hervé Niquet.
Nei panni della protagonista Karina Gauvin canta in modo impeccabile. La voce è ricca, morbida, la dizione francese è curata e irreprensibile. La cantante si mostra particolarmente a suo agio in una tessitura alquanto centrale e spesso  giocata sulle zona di passaggio.
Colpisce  per autorevolezza anche  Kate Aldrich (Statira, vedova di Alessandro). La cantante americana qui riesce a far valere inattese doti di accento autenticamente regali. Interprete sensibile coglie tutte le sfumature dell’animo della tormentata regina rendendone un ritratto perfettamente compiuto.
Mathias Vidal è un Cassandro di bella schiettezza tenorile, elegante nel canto e facile negli acuti. In possesso di un’ottima tecnica – ammirevole il controllo sul fiato – affronta con stile la parte eroica e amorosa del reggente di Macedonia ingiustamente accusato dell’omicidio di Alessandro. Josef Wagner dispone di un materiale vocale molto interessante e riesce a rendere la personalità ambigua di Antigono, in equilibrio tra espressioni melliflue  e furori repressi. Da sottolineare l’originalità della scrittura di Spontini che spesso accompagna gli ingressi di Antigono con toni quasi leggeri e luminosi che poi si evolvono in espressioni più aspre e spezzate, che sottolineano  l’emergere progressivo di una personalità feroce,  sotto un velo di falsa bonarietà.
Voce timbricamente un po’ chiara, ma con un accento nobile e autorevole quella di  Patrick Bolleire  (Ierofante). Efficacie Philippe Souvagie nel breve, ma drammaturgicamente importante, ruolo di Hermas.