Torino, Auditorium Toscanini, Stagione 2019/20 dell’Orchestra Nazionale della Rai
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore e violino Leonidas Kavakos
Ludwig van Beethoven: Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61
Johannes Brahms: Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
Torino, 6 febbraio 2020
Leonidas Kavakos suona e (ahimè) dirige sia il concerto beethoveniano che la sinfonia di Brahms. Il pubblico è quello delle grandi serate e l’auditorium RAI è gremito come purtroppo sempre meno succede nelle manifestazioni di musica classica.Kavakos è l’attesa stella della serata. Sicuramente tra i sommi violinisti del nostro tempo, esibisce: potenza e bellezza di suono, intonazione perfetta, tecnica funambolica, sensibilità musicale ed artistica al top.Il concerto beethoveniano è stranoto, saccheggiato e sfregiato da utilizzi impropri di cinema, televisione e pubblicità. Anche i massimi capolavori, come appunto questo concerto, mal sopportano le reiterazioni parziali, improprie ed ossessive, Si banalizzano, perdono la loro cifra artistica, diventano merce degradabile e deperibile. Ma diventano pure riconoscibili a quella parte di pubblico che di suo non ci incapperebbe mai. Comunque si voglia giudicare il fenomeno: la sera del concerto la fila al botteghino per gli ingressi, è più nutrita del solito e in balconata si vedono facce mai viste prima. E se scoppiano applausi inusitati tra i tempi: benvenuti!Il Solista che si fa anche direttore è, in genere, una iattura. Impresa difficile tecnicamente sia per lui che per l’orchestra che ne può scatenarne il latente egocentrismo. L’orchestra è un alter ego ingombrante, il direttore ha il potere di ammansirla e quasi tacitarla.Kavakos infatti impone un andamento sonoro sinusoidale: nelle pause del violino, il suono orchestrale è ai massimi, per poi crollare improvvisamente quando lo stupendo Stradivari di Kavakos attacca. Questa situazione avvertibilissima all’ascolto in sala è attenuata nella trasmissione di RAIRADIO3, per i saggi interventi dei tecnici del suono che, manovrando i potenziometri, ne uniformano la resa sonora. L’interpretazione si basa su tempi molto larghi ed indugianti che fanno risaltare, con la bellezza del suono, l’afflato romantico del concerto. Nel primo tempo, il violinista si esibisce in una gigantesca cadenza di più di 6 minuti, punteggiata da interventi del timpano. La Cadenza, a detta dell’esecutore, deriva da quella posta da Beethoven nella trascrizione per pianoforte del concerto, all’occasione nuovamente trascritta ed arrangiata da Kavakos per il violino. Notevole e impegnativa! Meritate le ovazioni finali all’indirizzo di Kavakos che, fuori programma, offre di Bach l’adagio della prima sonata per violino. E giù entusiastici applausi.
La seconda parte del concerto è dedocata alla sinfonia n.4 di Brahms.La valentia dell’orchestra che ha superato l’handicap di una direzione sperimentale, ne ha portato degnamente in porto l’esecuzione. Non è stato il massimo per un monumento del sinfonismo. Difficile individuare una linea e un carattere definito all’esecuzione. L’orchestra probabilmente agiva nel ricordo e nell’esperienza di decine di altre passate esecuzioni e dava il massimo che si potesse dare in tali circostanze. Alla fine anche gli orchestrali hanno applaudito chi stava sul podio forse a riscontro dei ringraziamenti attribuiti meritatamente a loro dal podio. Il violino di Kavakos, le musiche ascoltate hanno comunque valso il successo della serata.