Beethoven 2020 – 250 anni della nascita del compositore
String Quartet, Op. 95 ‘Serioso’ (1810); Op. 130 (1825 – 26); Große Fuge, Op. 133 (1825). Op. 127 (1824 – 25), Op. 131 (1826); Op. 132 (1825); Op. 135 (1826). Brodsky Quartet. Daniel Rowland (violino), Ian Belton (violino), Paul Cassidy (viola), Jacqueline Thomas (violoncello). Registrazione: Potton Hall, Dunwich, Suffolk; 26 and 27 Ottobre 2017 (Opp. 133 and 135), 7 – 10 Maggio 2018 (Opp. 95 and 131), 21 – 24 Maggio 2018 (Opp. 130 [eccetto Cavatina] and 132), e 8 – 10 Aprile 2019 (Opp. 127 and 130 [Cavatina]). T. Time: 80′ 03″ (CD 1); 78′ 32″ (CD 2); 71′ 38″ (CD 3). 3 CD Chandos CHAN 20114(3)
Composti negli ultimi tre anni di vita, gli ultimi cinque, dei 16 quartetti per archi di Beethoven costituiscono l’apice raggiunto in questa forma dal compositore di Bonn e sono estremamente omogenei per quanto attiene sia allo stile che alla dimensione espressiva. I primi tre furono composti su invito del principe russo Nikolai Borisovich Galitzine, violoncellista dilettante, che in una lettera del 9 novembre 1822 aveva chiesto a Beethoven «uno, due o tre nuovi quartetti, per la cui fatica», sarebbe stato «lieto di pagare quanto» egli «ritenesse congruo». Dopo due mesi Beethoven, in una lettera nella quale stabiliva anche il compenso, rispose al principe assicurandolo sul fatto che avrebbe ricevuto il suo primo quartetto alla fine di febbraio o al massimo a metà del mese di marzo del 1823. La previsione sulla data di consegna si rivelò eccessivamente ottimistica in quanto Beethoven, impegnato nella composizione della Missa Solemnis, delle Variazioni Diabelli e della Nona sinfonia, non riuscì a dedicarsi alla composizione dei quartetti prima dell’estate del 1824, mettendo alla prova la pazienza del Principe, che, nonostante qualche piccolo screzio, con grande generosità non solo acquistò una copia della Messa, ma ne programmò anche un’esecuzione per scopi di beneficienza a San Pietroburgo il 7 aprile 1824. Completato il primo quartetto (n. 12 in mi bemolle maggiore, Op. 127) nell’autunno del 1825, Beethoven compose gli altri due in un tempo relativamente breve portando a termine la stesura di quello in La minore Op. 132 e di quello in Si bemolle maggiore op. 130 rispettivamentre nell’estate e nell’autunno successivi. Per questo quartetto Beethoven, su pressioni dell’editore, decise di scrivere un nuovo Finale più leggero in sostituzione della Grande Fuga, oggi eseguita a parte o reintegrata e, comunque, proposta in questo Cd. Meno chiare sono le notizie riguardanti la genesi degli ultimi due quartetti, quello in do diesis minore, op. 131, che inizialmente Beethoven voleva dedicare a Johann Wolfmeier, un ricco industriale viennese nel ramo tessile e suo grande ammiratore, per ripiegare poi sul barone Joseph von Stutterheim, un ufficiale dell’armata austriaca per ringraziarlo di aver accolto nel suo reggimento il nipote Karl. A Wolfmeier Beethoven avrebbe dedicato l’ultimo quartetto, il più breve della serie, da lui composto sei mesi prima della morte. Gli ultimi quartetti di Beethoven, ai quali, in questa proposta discografica, è stato aggiunto il Quartetto in fa minore op. 95, composto nel 1810 e chiamato dallo stesso compositore “serioso” in riferimento alla severità del contenuto espressivo quasi a rimarcare la differenza tra questo lavoro, l’ultimo dei cosiddetti quartetti di nezzo che si segnala per il carattere stringato al punto tale che vengono aboliti anche i ritornelli, e gli ultimi capolavori nei quali la forma classica viene rielaborata e ampliata. Ciò appare evidente già nel primo movimento del Quartetto in mi bemolle maggiore op. 127, dove ad avere una parte preponderante è il Maestoso iniziale sull’Allegro che, invece, appare quasi incompiuto, o ancora nel secondo movimento, dove il bellissimo lirico tema sembra nascere a poco a poco dalle profondità del violoncello per stabilizzarsi sul primo violino. Dell’elaborazione formale a cui Beethoven sottopose il quartetto, è testimonianza quello in si bemolle maggiore op. 130 in sei movimenti che, già alla sua prima esecuzione avvenuta a Vienna, presso la Großer Redoutensaal del Burgtheater il 21 Marzo 1826, suscitò meraviglia presso la critica tanto che un giornalista della «Gazzetta Musicale di Vienna» scrisse che «il primo, il terzo e il quarto tempo sono severi, cupi, mistici e nello stesso tempo bizzarri; anzi capricciosi […]». Questo carattere bizzarro contraddistingue, in particolar modo, il primo movimento con l’alternanza tra passi lenti e altri veloci pur nel rispetto della tradizionale forma-sonata. Non meno complesso è il Quartetto in la minore op. 132, in cinque movimenti che, composto dopo un periodo di malattia, è interpretato come una sorta di percorso dal dolore alla gioia.
Per la complessità dei lavori che richiedono un grande impegno esecutivo è certamente di altissimo livello la proposta discografica della Chandos di cui è protagonista il Brodsky Quartet che, essendo stato fondato nel 1972, vanta una lunghissima attività concertistica. Daniel Rowland, Ian Belton, rispettivamente primo e secondo violino, Paul Cassidy (viola) e Jacqueline Thomas (violoncello), mostrano uno straordinario affiatamento che consente loro di eseguire con particolare cura sia i momenti in cui suonano insieme come il Maestoso del Quartetto op. 127, sia quelli più complessi dal punto di vista contrappuntistico facendo risaltare il tessuto polifonico di cui questi lavori si nutrono come si può vedere in quel meraviglioso tour de force che è la Grande fuga. Inoltre, la loro lettura esalta i diversi sentimenti di cui questi lavori sono intrisi dallo struggente e suggestivo lirismo del secondo movimento del Quartetto op. 127 al carattere enigmaticamente scherzoso del terzo movimento del Quartetto in si bemolle op. 130 per non citare che solo alcuni passi.