Verona, Teatro Filarmonico, Rassegna autunnale della Fondazione Arena
“MADAMA BUTTERFLY”
Tragedia giapponese in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-San YASKO SATO / DARIA MASIERO
Suzuki MANUELA CUSTER
Kate Pinkerton LORRIE GARCIA
F. B. Pinkerton RAFFAELE ABETE
Sharpless GIANFRANCO MONTRESOR
Goro MARCELLO NARDIS
Il principe Yamadori SALVATORE SCHIANO DI COLA
Lo zio Bonzo CRISTIAN SAITTA
Il Commissario imperiale NICOLÒ RIGANO
L’Ufficiale del registro MAURIZIO PANTÒ
La madre di Cio-Cio-San EMANUELA SIMONETTO
La cugina di Cio-Cio-San EMANUELA SCHENALE
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Francesco Ommassini
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Paolo Mazzon
Verona, 19 dicembre 2019
Nel dramma in kimono che ebbe un esordio catastrofico, e che vanta tutt’oggi un folto gruppo di detrattori, della sua musica vezzeggiativa e delle sue giapponeserie, si confrontano due poli: il maschile e il femminile, la sensualità e l’ideale, il consumismo occidentale, di corpi e di esperienze, e la fedeltà e la devozione all’Igikai di vita. Le prospettive del libretto sono molteplici e moderne, e la regia di Andrea Cigni ci sembra coglierle e renderle in buona parte in un allestimento essenziale, simbolico e per questo convincente. La tragica vicenda si svolge tra esili tronchi di betulla che riempiono lo spazio in tutta la sua altezza, senza che si intraveda di quelle la chioma. La solitudine e la vuotezza di una vita trascorsa in fedele (ed inutile) attesa è già evocata in questa ambientazione: non si tratta dunque della foresta romantica, la natura parlante e tragica cara a Leopardi, né quella corroborante e primordiale di Thoreau, ma piuttosto una flora sublimemente decorativa, spettatrice dei sentimenti umani e a suo modo terapeutica – quasi che il dolore di Butterfly possa spezzarle l’anima senza abbrutirla, proprio perché custodito dalla purezza dei boschi. Tra quei tronchi scendono incessantemente farfalle di carta, che divengono contrappunto essenziale alla musica: Cigni non rinuncia all’elemento fiabesco, consapevole che esso è il veicolo più adatto a trasportare il fardello delle passioni, alte e distruttive, dell’uomo. D’altra parte, il mistero della civiltà giapponese, ben si esprime nella lieve metafora dell’origamo: il lutto della carta spezzata dà vita ad una forma nuova (e i loro dei possano preservarli dalla barbarie occidentale). In uno spazio così disegnato, le luci, di Paolo Mazzon, parlano diverse lingue quante sono le sfumature emotive, e scandiscono le ore del giorno e della notte con estrema delicatezza. Anche i movimenti degli elementi e delle persone riflettono questi concetti: la casa di Butterfly è una scatolina che numi mascherati fanno scorrere, quasi galleggiasse, in perfetto silenzio. La folla giapponese si muove con una compostezza rituale, e l’ingresso di Butterfly è una cerimonia commovente. Emerge un contrasto, che è etico oltreché estetico, anche nei gesti: quelli di Cio-Cio-San e Suzuki, sempre liturgici e pietosi, e quelli degli yankees, generici e volgari. Il cast non ha reso piena giustizia alla sfaccettata psicologia di questo libretto, almeno non in modo omogeneo. Yasko Sato, presenza nobile e pudica sulla scena, ha uno bello stile parlato e fraseggi ben architettati, ma forza negli acuti e pecca qui e là nell’intonazione. La sua performance, che si conclude alla fine del I Atto a causa di indisposizione, è comunque più valida di quella di Raffaele Abete, F. B. Pinkerton. Nel primo atto la voce di Abete è opaca, spesso soverchiata dall’orchestra. Il tenore è in evidente difficoltà a trovare il punto di risonanza del proprio strumento, e gli acuti giungono per spinta antiestetica, sia all’udito che alla vista. Sebbene il meglio fosse nel Primo, Abete si risolleva nel Terzo Atto, ove riesce finalmente e cavare degli armonici dal suo strumento. Daria Masiero giunge a sostituire Sato nel II Atto, e la scena guadagna la sua figura di donna maestosa e imponente. Il canto è pregevole, sinuoso e mai sopra le righe, begli gli acuti, anche questi senza eccessi. Masiero dipana un bel ventaglio di umori e sentimenti, e ci restituisce una donna irremovibile e appassionata, ma sempre d’un contegno verecondo, intimamente in bilico tra fede e disperazione. Un plauso particolare va a Manuela Custer e alla sua Suzuki, dama fedele e pietosa della geisha, dalla voce calda e dal timbro consolatorio. Quella di Gianfranco Montresor è una delle migliori voci in campo ed il personaggio di Sharpless, pavido e irrisolto, è reso piuttosto bene. Interessante anche il Goro di Marcello Nardis, che con voce nasale e tratti macchiettistici ha ricreato il sensale odioso e opportunista. Completano con onore il cast Salvatore Schiano Di Cola (Principe Yamadori), Nicolò Rigano, (Commissario imperiale), Cristian Saitta, zio Bonzo vocalmente impressionante, Maurizio Pantò (Ufficiale del registro), Lorrie Garcia (Kate Pinkerton), Emanuela Simonetto ed Emanuela Schenale, rispettivamente madre e cugina di Butterfly. L’orchestra, dotata di una vasta gamma di colori e d’accenti, è diretta magnificamente da Francesco Ommassini, che si conferma un intelligente concertatore e un fine accompagnatore delle voci. Foto Ennevi per Fondazione Arena