Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
Arabella op. 79, opera in tre atti su libretto di Hugo von Hofmannsthal
Prima rappresentazione: Dresda, Staatsoper, 1 luglio 1933.
Nel 1926, quando Helena non ancora ultimata era soggetta a cambiamenti anche nella parte del testo, Strauss e Hofmannsthal pensavano a un nuovo lavoro che riproducesse lo spirito del Rosenkavalier. Già tre anni prima Strauss, in una lettera dell’8 settembre 1923, aveva chiesto al suo poeta di fornirgli un secondo Rosenkavalier senza gli errori e le lungaggini, ma, non essendo i tempi maturi per un simile lavoro, si pensò di dare spazio alla rappresentazione del mito classico nella Helena. Solo agli inizi del 1926 Hofmannsthal, ricordandosi della richiesta di un secondo Rosenkavalier da parte del compositore, incominciò a pensare a un soggetto con le caratteristiche richieste da Strauss, come si evince da questa lettera del 30 gennaio: “Caro amico, pensando affettuosamente a Lei, riconsideravo poco fa, in una tranquilla serata, le aspirazioni e speranze che ci uniscono più delicatamente dei lavori ormai divenuti realtà. Di recente Ella voleva indirizzarmi di nuovo verso il mondo di Peregrino Proteo e temi simili. Ma io credo, e credo con giustificata fermezza: le mie idee vaganti e le mie fantasie produttive dovrei raccoglierle in un’altra regione; sì, in una affine al tema del Rosenkavalier; nella regione borghese, quella della commedia borghese, nei costumi di un decennio non troppo remoto – e per dirla alla leggera, in un modo à la Scribe: amore, amicizia, gelosia, intrigo – un gruppo di persone messe lì ben vive, alle quali accade qualcosa – come nel Rosenkavalier – però in tutt’altro modo”.
Se la vena di Hofmannsthal si rinvigoriva, quella di Strauss, al contrario, sembrava vivere un momento di crisi d’ispirazione. È, infatti, piuttosto emblematico che il compositore, sempre pronto a tuffarsi con slancio in un nuovo progetto musicale, non abbia fatto alcuna menzione all’idea del suo librettista. Certamente Strauss era concentrato sulla Helena, alla cui composizione stava ancora attendendo, ma è anche vero che non fu subito facile trovare un nuovo soggetto come si può evincere dalla corrispondenza intercorsa tra i due artisti per tutto il 1927, dove si possono leggere diversi abbozzi. Per conoscere, per la prima volta, il titolo della nuova opera, Arabella, bisognerà attendere il 1928; in una lettera del 3 maggio inviata da Strauss ad Hofmannsthal si legge, infatti:
“Ho appena ricevuto Arabella, l’ho già letta attentamente più volte e nell’insieme trovo il I atto magnifico. I personaggi sono eccellenti e plastici, particolarmente grazioso e originale è il «proprietario terriero». Soltanto Arabella, per ora, mi sembra di disegno un po’ debole, e i suoi brevi dialoghi con i tre Conti piuttosto insignificanti e comuni (per Hofmannsthal). Solo il finale dell’atto non mi sembra riuscito. A mio parere dovrebbe concludersi assolutamente con una scena solistica, un’aria, un’effusione lirica di Arabella. La conclusione, com’è ora, è certo graziosa, ma non abbastanza efficace per un’opera. Una volta Cosima Wagner mi ha detto: «La cosa più importante sono i finali d’atto»! Però adesso vorrei conoscere soprattutto il successivo svolgimento e gli altri due finali! Non potrebbe dettare in forma narrativa lo schema di tutta la vicenda, fin dove Lei l’abbia già progettato, e spedirmelo qui, perché io possa farmi una prima idea dell’insieme? Le sarei tanto grato! (Epistolario, p. 662).
Dalla lettera si evince che la stesura del primo atto era pronta almeno in questo abbozzo nel mese di maggio del 1928, ma l’estenuante redazione del libretto impegnò Hofmannsthal fino a qualche giorno prima della sua morte avvenuta il 15 luglio del 1929. Durante questo lungo periodo la corrispondenza tra i due artisti, che appare fittissima a dimostrazione di un lavoro di cesello per nulla inconsueto al modus operandi di Strauss e Hofmannsthal, riserva anche delle sorprese. Il 7 novembre 1928 Strauss, che sembrava non conoscere fatica quando lavorava a una nuova opera, scrisse al suo librettista: “Caro amico! Dopo un lungo intervallo ho di nuovo affrontato radicalmente il primo atto di Arabella e mi sono anche messo alla prova tentando di comporre l’avvio – ma la cosa non vuole venirmi, e in tutta sincerità: i personaggi non m’interessano affatto: né il croato, questo pendant ricco e nobile del povero Ochs degradato, né tanto meno la protagonista Arabella, che in tre atti non conosce il minimo conflitto psicologico. (Ivi, p. 706)
Una forma di stanchezza attanagliava Strauss o forse la sua ispirazione stava vivendo un momento di crisi? Questo non è dato saperlo, ma dall’epistolario intercorso tra i due artisti si evince che non fu semplice raggiungere il risultato finale. Le correzioni e gli aggiustamenti al solo primo atto si protrassero fino al 14 luglio 1929, data a cui risale un biglietto indirizzato da Strauss ad Hofmannsthal nel quale si legge:“Primo atto eccellente. Cordiali ringraziamenti e congratulazioni. Fedelmente devoto Richard Strauss”. Il biglietto, giunto a Rodaun, residenza di Hofmannsthal il giorno dopo, non fu mai letto da quest’ultimo che non poté raccogliere le felicitazioni del compositore. Il poeta, infatti, era morto qualche ora prima stroncato da un attacco di cuore mentre si accingeva a partecipare al funerale del figlio Franz, morto suicida il 13 luglio. Privato del suo stretto collaboratore, Strauss operò dei tagli al libretto, ma la composizione dell’opera andò molto a rilento tanto che nel mese di luglio del 1932 il terzo atto non era stato ancora orchestrato, come lo stesso compositore ebbe modo di riferire a Fritz Busch. L’orchestrazione del terzo atto, però, non impegnò Strauss per molto tempo e l’opera, completata nel mese di ottobre di quello stesso anno, poté vedere le scene il 1° luglio del 1933 a Dresda sotto la direzione di Clemens Krauss e con Viorica Ursuleac (Arabella), Margit Bokor (Zdenka), Friedrich Plaschke (il conte Waldner), Camilla Kallab (Adelaide), Alfred Jerger (Mandryka), Martin Kremer (Matteo).
L’opera (Il libretto) Atto primo
Dopo poche battute caratterizzate da un tema cromatico discendente affidato ai legni, il sipario si apre sul salotto di un albergo situato nel centro di Vienna; la contessa Adelaide, moglie del conte Waldner, confida nel matrimonio della figlia Arabella per risollevare le sorti economiche della famiglia, le cui sostanze erano state dilapidate dal marito al gioco. Per questa ragione interroga una cartomante che risponde: Die Karten fallen besser als das letzte Mal (Le carte dicono meglio che la volta scorsa). Nel dialogo, a cui partecipa anche Zdenka, sorella minore vestita da maschio perché, come affermato dalla madre, è monella e, inoltre, non può essere educata come il rango meriterebbe a Vienna a causa delle disastrate finanze della famiglia, si apprende che lo sposo di Arabella sarà un gran signore, forse il Conte Elemer, ma che a quest’unione si oppone la presenza di una donna bionda. Nel frattempo, Zdenka segretamente innamorata di Matteo, un ufficiale del corpo dei cacciatori, è impegnata a tenere a bada i creditori che a più riprese cercano di rivalersi nei confronti della sua famiglia. Musicalmente il dialogo è tutto giocato su alcuni brevi elementi tematici che contrastano tra di loro essendo alcuni di caratterelirico ed altri brillanti e saltellanti. Lo stesso trattamento è riservato da Strauss alle voci che ora di producono in aperture liriche, ora simulano il parlato con dei ribattuti.Un brevissimo interludio a ritmo di valzer, che conferma il carattere leggero e viennese dell’opera, introduce il breve dialogo tra Matteo e Zdenka. L’ufficiale, innamorato di Arabella, chiede a Zdenka, ritenuta un ragazzo, cosa abbia fatto di recente la fanciulla da lui amata tormentandosi di gelosia perché è uscita con altri uomini. Il suo canto si caratterizza per gli slanci da tenore amoroso, mentre un languido tema affidato all’oboe introduce la protagonista, Arabella, il cui carattere leggero risalta immediatamente nel modo civettuolo con il quale la donna tratta i suoi pretendenti in attesa del Principe azzurro dei suoi sogni. Il duetto si caratterizza per una scrittura languida e lirica che trova il suo punto culminante in aber der Richtige – wenn‘s einen gibt für mich / auf dieser Welt (Ma l’uomo che io sogno, se ce n’è uno per me /su questa terra), una pagina d’intenso e tenero lirismo per la quale Strauss utilizzò a una melodia tratta da una raccolta di canti di Slovonia. Un suono di sonagli, che annuncia l’arrivo del conte Elemer, interrompe questa pausa lirica e così il flusso melodico riprende per dar vita a un serrato dialogo tra Arabella e Zdenka, nel quale si percepisce la riluttanza della donna nei confronti della possibilità di sposare il conte. Questi, annunciato da ironiche trombe che introducono un tema di polacca, entra in scena per invitare la ragazza al ballo dei Fiaccherai. Nel dialogo, condotto con la scrittura musicale altre volte utilizzata da Strauss e caratterizzata da parti liriche costituite da un flusso di Leitmotiv e da altre dialogate, emerge il seducente e accattivante tema del corno che accompagna le parole di Elemer Zum Preis hat Sie sich selber eingesetzt / mit Ihren Blicken hat Sie uns gefordert, Ihr zu stehn (Voi stessa vi siete posta in palio; coi vostri sguardi. Voi ci provocaste a questo gioco).
Le due sorelle restano sole e, mentre Arabella cerca di architettare un piano con la complicità di Zdenka, giunge, accompagnata dal tema iniziale, la loro madre, Adelaide, insieme al marito che indica alla moglie un tale Mandryka, un uomo maturo, ma piuttosto ricco al quale vorrebbe dare in sposa Arabella. Il conte Waldner è caratterizzato in modo ironico e giocoso grazie a temi saltellanti in orchestra e all’uso quasi clownesco del fagotto, mentre un momento di recitato caratterizza la parte del cameriere il quale, senza battere ciglio, ricorda alla coppia che non possono ordinare più nulla all’albergo se non prima aver pagato i loro debiti.
Ironico è anche l’ingresso di Mandryka caratterizzato da una musica falsamente solenne che introduce il successivo dialogo nel quale si scopre che il conte Waldner aveva effettivamente scritto allo zio di Mandryka, morto, però, qualche tempo prima. Entrato in possesso della lettera, alla quale il conte aveva accluso un ritratto di Arabella, l’uomo, rimasto affascinato dalla fanciulla, si era presentato per accettare la proposta di matrimonio. Nel dialogo, particolarmente articolato e complesso, tra i due Mandryka che, all’inizio, appare goffo e rozzo come i temi che lo caratterizzano tratti dal repertorio popolare della Slavonia, sua terra di origine, si produce in aperture liriche quando si riferisce ad Arabella per la quale già prova un forte sentimento d’amore. La perizia strumentale di Strauss, inoltre, emerge nel bel duetto a cui danno vita il fagotto e il corno mentre accompagnano le parole di Mandryka Ich werd mich hier im Hause einlogieren (Io prenderò alloggio in questo albergo). Alla fine l’uomo si congeda, non prima di aver assicurato il suo interlocutore sulle sue sostanze e avergli dato come anticipo un’ingente somma di denaro. Waldner, da parte sua, gli promette che gli avrebbe presentato la figli la stessa sera al ballo dei Fiaccherai.
Una pura scena comica è prodotta dall’irruzione del Cameriere che, inizialmente scortese, cambia tono allorché vede nelle mani del conte un biglietto da mille. Nel brillante finale d’atto c’è anche spazio per un breve duetto nel quale Zdenka rassicura Matteo che al ballo avrebbe ricevuto una lettera di Arabella. Costei, rientrata in scena, si mostra particolarmente turbata dal contrastante sentimento di attrazione e repulsione che prova nei confronti di Elemer. Il suo animo sembra scandagliato da un languido a solo della viola, strumento particolarmente adatto per il suo timbro a rappresentare l’amore, protagonista dell’episodio solistico affidato ad Arabella (Mein Elemer! – Das hat so einen sonderbaren Klang / Il mio Elemer! Queste parole suonano tanto strane!) di struggente lirismo in cui ritornano alcuni dei Leitmotiv principali utilizzati da Strauss in quest’atto caratterizzato da un giocoso finale.
Atto secondo
In un atrio a colonne che dà accesso a una sala da ballo Mandryka, insieme al conte Waldner, attende di conoscere Arabella che non tarda ad arrivare. La fanciulla, alla vista dell’uomo al quale è destinata in sposa dai genitori, ha un mancamento, mentre l’uomo resta abbagliato dalla bellezza della ragazza. Intanto Arabella viene invitata a ballare dagli altri pretendenti. La scena appare mirabile per il modo in cui Strauss caratterizza i personaggi: Arabella è nobilitata dagli archi; Waldner, sempre goffo e volgare, è rappresentato con i temi insignificanti già uditi nel primo atto e Mandryka con un lirismo (Ich habe eine Frau gehabt, sehr schön, sehr engelsgut / Iddio m’aveva concesso in moglie un fior del Cielo!) (Es. 3) a volte franto che raramente si dispiega in ampie arcate melodiche denunciando l’origine un po’ paesana del personaggio. In un lungo duetto, nel quale l’uomo confessa con una certa malinconia di esser rimasto vedovo dopo appena due anni di matrimonio, Mandryka dichiara il suo amore alla donna in una scrittura che evidenzia la differenza tra i due personaggi; se la linea vocale di Arabella trova ampie arcate melodiche quasi liederistiche, quella di Mandryka resta spesso confinata in prosastici ribattuti nonostante gli archi, accompagnandolo, cerchino di nobilitarlo. Solo nella parte finale (meine Allerschönste! / O mia sublime sposa) l’uomo finalmente cede al tenero lirismo di Arabella alla cui linea melodica aderisce in modo sognante e incantato.
Arabella, congedato Mandryka, si lascia coinvolgere nel ballo all’interno del quale interviene, a ritmo di Polka prima e di valzer dopo, la Fiaker-Milli, che, come recita la didascalia, è una bella figliola che porta un abito da ballo molto sgargiante e reca nelle mani un gran mazzo di fiori. In questa scena l’ironia nei confronti dell’operetta si esercita anche attraverso un’articolata cadenza affidata sempre alla Fiaker-Milli che introduce il celebre valzer sulle cui movenze si intrecciano i sentimenti degli altri personaggi tra cui Matteo il quale teme, nonostante le rassicurazioni di Zdenka, che Arabella, nel pieno del suo trionfo come regina del ballo, non pensi più a lui e al suo amore. Alla fine del ballo Arabella congeda i suoi pretendenti in una scrittura malinconica, venata di echi di temi già esposti, che denuncia il passaggio della donna dalla serena e spensierata giovinezza, periodo in cui poteva giocare con l’amore, alla maturità caratterizzata da un amore vero che adesso sente di provare per Mandryka. Dopo un vorticoso valzer che conclude la scena, Matteo, roso dalla gelosia, riceve da Zdenka una lettera, che l’uomo crede scritta da Arabella, ma che in realtà è stata scritta dalla stessa Zdenka la quale aggiunge che la sorella lo attende in una camera dell’albergo della quale gli consegna la chiave. Al colloquio assiste per caso Mandryka che prorompe in un furioso a solo, per la verità piuttosto convenzionale, in cui manifesta la sua gelosia. L’uomo, che appare confuso anche quando la Fiaker-Milli, a braccetto con Elemer, gli chiede di rendergli la regina della danza, pensa sempre alla chiave della stanza nella quale ritiene che Arabella attenda il suo amante Matteo. La festa, nel frattempo, continua e i temi delle danze si intrecciano e accompagnano i gelosi furori di Mandryka, un po’ ebbro, in una scrittura chiaramente ironica e quasi operettistica grazie anche ad interventi recitati di altri personaggi e agli immancabili vocalizzi della Fiaker-Milli. In una scrittura, che si fa più drammatica, intervengono anche Adelaide e il marito, che, preoccupati per la figlia che non vedono più alla festa, decidono di seguire Mandryka, mentre l’atto si conclude in un clima festoso.
Atto terzo
Un breve fragoroso preludio, in cui emerge lo straordinario sinfonismo di Strauss apre l’ultimo atto al quale è unito senza soluzione di continuità. Questa pagina, che si segnala per una scrittura contrappuntistica estremamente raffinata e per un’orchestrazione lussureggiante di grande effetto, si conclude, infatti, con un rapido disegno dei violini che conducono alla ripresa del tema del valzer del primo atto. Nel vestibolo dell’albergo Arabella, di ritorno dal ballo, intona una tenera arietta (Über seine Felder wird der Wagen fahren / Per i suoi vasti campi andrà volando il cocchio) in 2/4 (Es. 4), al termine della quale entra in scena Matteo che si meraviglia nel vedere Arabella in quel posto credendo di averla appena lasciata nella stanza. L’incontro con Matteo produce una vera e propria piccola commedia degli equivoci che si svolge su alcuni dei Leitmotiv introdotti da Strauss in precedenza e in una scrittura amabilmente discorsiva che a volte trova interessanti aperture liriche soprattutto quando Matteo continua a dichiarare il suo amore ricordando di aver giurato di lasciarla libera solo dal giorno successivo. Matteo, che crede di aver incontrato Arabella nella stanza di cui aveva ricevuto la chiave da Zdenka, pensa che la donna stia recitando allorché questa gli dice che sta rientrando dal ballo. Arabella, da parte sua, appare infastidita dalla presenza di Matteo a quell’ora della notte e non comprende le parole dell’uomo. I due vengono sorpresi dai coniugi Waldner e da Mandryka che crede di essere stato tradito da Arabella nonostante costei protesti la sua innocenza rispondendo sia al padre che al suo futuro sposo. La scena è caratterizzata da un flusso melodico continuo che coinvolge i Leitmotiv i quali trattati in un sapiente gioco contrappuntistico. Ancora una volta i personaggi appaiono caratterizzati con una penna sapiente e, se Arabella si esprime con il solito incantato lirismo che la contraddistingue, Mandryka manifesta tutta la sua ira in una scrittura a volte franta dal punto di vista melodico. La situazione incomincia a degenerare e sta per sfociare in un duello nonostante i tentativi di Arabella di frapporsi tra i contendenti affermando che solo Mandryka può vantare qualche diritto su di lei essendo il suo fidanzato a differenza di Matteo che non ne avrebbe alcuno. Questi, meravigliato, afferma di non aver alcun diritto, ma si ferma quando sta per dire la parola tranne. Quest’esitazione viene compresa da Mandryka il quale completa la frase affermando: “Außer den Rechten,” hat er sagen wollen – “die diese Nacht verliehen hat!” (“Tranne i diritti” – egli voleva dire – “che questa notte mi ha elargiti!”). Il comportamento insolente dell’uomo suscita la reazione di Waldner che vorrebbe soddisfazione da Mandryka, mentre Matteo, accusando se stesso di essere il colpevole di quanto avvenuto, si dichiara desideroso di pagare per il suo comportamento. Questa scena, che si segnala per una raffinata scrittura contrappuntistica, è rivelatrice della grande perizia tecnica di Strauss più che di una vera ispirazione. La scena si conclude con un breve dialogo recitato nel quale Arabella continua a protestare la sua innocenza, mentre Mandryka ordina al suo servo di andare ad acquistare due sciabole per il duello.
Giunge Zdenka, vestita solo con una mantiglia e i capelli sciolti, per dare un ultimo saluto ai suoi cari prima di gettarsi nel Danubio perché non può sopravvivere alla vergogna di essere stata con un uomo. La ragazza rivela tutto ad Arabella svelando così l’equivoco di cui tutti sono stati vittime e dando la possibilità a Strauss di costruire nella parte orchestrale una pagina di elevata fattura contrappuntistica in cui tutti i personaggi esprimono i propri sentimenti. Tra questi Matteo appare colpito dall’amore di Zdenka nei suoi confronti, mentre Mandryka non sa perdonarsi per aver dubitato della buona fede di Arabella che, però, lo perdona. L’uomo, in una scrittura piuttosto convenzionale su un semplice ed ottocentesco accompagnamento accordale affidato agli archi in pizzicato chiede di nuovo la mano di Arabella a Waldner, mentre Matteo può sposare Zdenka con la benedizione del conte. Rimasti soli Arabella e Mandryka si scambiano le promesse d’amore in un duetto nel quale sembra ritornare lo spirito del Rosenkavalier con toni soffusi ed espansioni liriche, mentre la stretta finale è una gioiosa galoppata che si conclude con l’accordo perfetto di fa maggiore.