Novara, Teatro C. Coccia: “Cendrillon” di Pauline Viardot

Novara, Teatro Carlo Coccia, stagione d’opera 2019/2020
“CENDRILLON”
Opérette da salon in tre atti su libretto di Pauline Viardot
Musica di Pauline Viardot nell’elaborazione musicale e orchestrazione di Paola Magnanini
Le Baron de Pictordu PASQUALE GRECO
Marie, detta Cendrillon FRANCESCA MARTINI
Armelinde SIMONA DI CAPUA
Maguelonne ILARIA ALIDA QUILICO
La Fée RAFFAELLA DI CAPRIO
Le Prince Charmant GIANLUCA MORO
Le Comte Barigoule DARIO SEBASTIANO POMETTI
Elementi dell’Orchestra del Luglio Musicale Trapanese
Direttore Michelangelo Rossi
Regia Teresa Gargano
Costumi e scene Danilo Coppola
Luci Ivan Pastrovicchio
Novara, 21 dicembre 2019
In questi anni il Teatro Carlo Coccia di Novara ci ha abituati a proporre – al fianco della programmazione più consueta – qualche titolo più originale e di raro ascolto, anche se il pubblico non sembri rispondere a queste meritorie iniziative. Quest’anno è il turno della rarissima “Cendrillon” di Pauline Viardot con la quale il teatro novarese sembra porgere i propri auguri per le imminenti festività.
L’Opérette da salon della compositrice francese è un lavoro quanto mai interessante e significativo di come venisse vissuta la musica negli ambienti colti del XIX secolo. Lavoro pensato per un’esecuzione privata con accompagnamento del solo pianoforte – anche se molti tratti della scrittura pianistica della Viardot lasciano trasparire anche l’idea di una possibile versione orchestrale – ma non per questo privo di qualità. Composto dalla Viardot nell’ultima fase della sua vita ed eseguito la prima volta nel 1904 – anche la composizione va forse riportata agli anni precedenti – il lavoro è una sorta di summa della cultura musicale che la Viardot aveva accumulato nei lunghi anni trascorsi prima sul palcoscenico e poi come grande animatrice della vita musicale parigina. Sul libretto – che riprende sostanzialmente lo schema della versione rossiniana integrandola però con gli elementi magici dell’originale di Perrault – si dipana una sorta di evocazione della storia musicale francese e non solo del XIX secolo. Se Rossini resta sempre presente sullo sfondo ed emerge come diretto modello in alcuni passaggi fondamentali – dalla scena iniziale con la canzone di Cenerentola fin nel testo modellata su quella rossiniana, al duetto iniziale del III atto tra il Barone e Barigoule (in cui più che esplicito è il ricordo di “Un segreto d’importanza”) – l’opera integra le suggestioni più varie con echi da Gounod a Saint-Saens, Offenbach fino ad autentiche citazioni testuali come il “Libestraum” di Liszt che diventa la canzone di Cendrillon nella festa del II atto.  Tutto ciò non diventa inutilmente erudito, ma mostra sempre  freschezza e spontaneità che attraversa tutta l’opera e che riscatta l’ecclettismo di fondo a cui si unisce un velo di languida malinconia, come se l’anziana musicista omaggiasse i tanti amici che l’avevano accompagnata nella sua lunga e intensa vita.
In occasione dell’esecuzione novarese è stata realizzata una versione per orchestra da camera di nove elementi preparata dalla giovane compositrice Paola Magnanini, allieva dell’Accademia AMO del Teatro Coccia, che elabora con gusto e senso stilistico le suggestioni della scrittura dalla Viardot trovando  un giusto equilibrio tra antico e moderno. Un adattamento rispettoso dello stile e dello spirito dell’opera rendendola forse più adatta a un’esecuzione teatrale.Lo spettacolo,  più che una ripresa, è una rielaborazione radicale di quello proposto al  Luglio musicale trapanese. Le necessità di passare dalla versione originale pianistica all nuovo adattamento orchestrale, le radicali differenze  sceniche, la diversità di collocazione hanno portato a una totale revisione dello spettacolo. Artefice della nuova versione registica: Teresa Gargano. Il risultato è uno spettacolo elegante e ben guidato. La registra segue in modo fedele la vicenda, non ci sono interventi spiazzanti o stravolgimenti, la fiaba è raccontata in modo tradizionale con la giusta dose di leggerezza e un pizzico di magia. L’impianto scenico e i costumi di Danilo Coppola rispondono alla medesima logica di stilizzata tradizione. Scene essenziali, agili – evidentemente pensate per favorirne una circolazione – formate da un grande arco centrale – che può aprirsi a mostrare gli ambienti retrostanti – e da due finestre laterali. Lo stile è grafico,  tutto giocato su bianco, nero e toni di grigio, come in una sorta di libro ottocentesco animato come per magia. Le stesse scelte cromatiche caratterizzano i costumi, molto belli e di gusto settecentesco, più sobri per i personaggi seri, giustamente parodistici per le sorellastre e di un rococò immaginifico per la fata.
Michelangelo Rossi guida con buona mano, sicura e precisa i volonterosi solisti dell’Orchestra del Luglio musicale trapanese in cui purtroppo l’entusiasmo non è sempre pari ai risultati. Certo l’orchestrazione della Magnanini,  di fatto impostata su un piccolo numero di prime parti ben in vista, è insidiosa. In più punti si sono sentite imprecisioni forse attribuibili anche all’esiguo numero di prove.
Francesca Martini (Marie/Cendrillon) di Cenerentola ha il physique du role. Bionda, graziosa, delicata nel gesto, la perfetta incarnazione dell’idea che tutti abbiamo del personaggio. La voce è di soprano lirico tenente al leggero e ben si adatta alla scrittura del ruolo. Il colore è piacevole e la linea di canto precisa e musicale. Sul piano interpretativo riesce a dare un po’ di carattere a un personaggio molto più passivo della sua omologa rossiniana e in cui i moti di rivolta tendono a concentrarsi nell’ironia con cui deforma la storia del principe in cerca di una sposa. Raffella di Caprio è forse l’elemento più interessante sul piano vocale. La parte della Fata è breve ma decisamente impegnativa, la tessitura molto acuta e un canto  scopertamente virtuosistico. La di Caprio si mostra all’altezza del ruolo: agile nei passaggi di bravura e squillante in acuto, ma anche corposa.
Funzionali le due sorellastre. Nell’insieme meglio Ilaria Alida Quilico (Maguelonne) sicura e precisa nell’aria del II atto mentre pur corretta nell’insieme Simona di Capua (Armelinde) risulta debole nel settore grave durante la canzone spagnoleggiante della festa.
Gianluca Moro è un Prince Charmant liricamente languoroso, timbro piacevole, buona linea di canto, accento forse un po’ monocorde ma il ruolo non offre moltissimo al riguardo, in fondo i principi delle favole non sono mai personaggi troppo caratterizzati. Canta però con gusto ed eleganza e la prova è convincente. Interpretativamente più brillante Dario Sebastiano Pometti nei panni del Conte Barigoule, di fatto il corrispettivo del Dandini rossiniano. Il cantante è molto giovane, dispone di buona tecnica e di un materiale interessante e una notevole verve tanto nell’esibita pomposità da falso principe che nel raffinato gioco dialettico del duetto con il Barone. Quest’ultimo affidato a Pasquale Greco è forse l’elemento  più debole della produzione. Presenza scenica e il timbro sono troppo giovanili per una figura paterna. L’emissione suona un po’ nasale e  compromette ulteriormente la riuscita del personaggio,  specie nei momenti solistici. Sul piano teatrale appare più convinto nel duetto del III atto.
Serata nel complesso più che godibile ed è triste attestare la scarsissima partecipazione di pubblico per una produzione che avrebbe meritato ben maggiore interesse.