Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
“Der Rosenkavalier” (Il cavaliere della rosa), commedia per musica in tre atti su libretto di Hugo von Hofmannsthal
Prima rappresentazione: Opera di Dresda, 26 gennaio 1911
“Ma c’è qualcosa che per noi due è assai più importante (così spero): qui in tre pomeriggi tranquilli ho preparato un canovaccio completo e tutto originale di un’opera, con decisi elementi comici nei personaggi e nelle situazioni, con una vicenda varia ed evidente quasi come una pantomima, con occasioni per parti liriche, burlesche, umoristiche e perfino per un piccolo balletto. Il mio abbozzo lo trovo incantevole, e il conte Kessler, con cui ne ho discusso, è entusiasta. Due delle parti per baritono e per un’attraente fanciulla in costume virile à la Farrar o Mary Garden. Epoca: la Vienna di Maria Teresa”. (Hugo von Hofmannsthal-Richard Strauss, Epistolario, Adelphi, Milano, 1953, pp. 54-55).
Contenuto in una lettera indirizzata da Hugo von Hofmannsthal a Strauss l’11 febbraio 1909 appena due settimane dopo la prima di Elektra, è questo il primo accenno al futuro Rosenkavalier, opera che segna all’interno della produzione del compositore tedesco un netto cambio di rotta dopo Salome ed Elektra. In realtà l’esigenza di musicare un soggetto leggero, totalmente diverso da quello di Salome, era stata avvertita da Strauss prima di accingersi alla composizione di Elektra, ma le insistenze di Hofmannsthal, da una parte, e il gradimento dello stesso compositore per il soggetto, dall’altra, lo avevano indotto a cimentarsi con il mito greco. Strauss, tuttavia, non aveva mai cessato di pensare a un soggetto che potesse realizzare il suo desiderio di scrivere una commedia per musica, come si evince dall’epistolario intrattenuto con Hofmannsthal e soprattutto da una lettera di quest’ultimo del 18 ottobre 1908, circa un mese dopo il compimento della partitura di Elektra. In essa Hofmannsthal, oltre a rammaricarsi del fatto che non era riuscito a completare due commedie, accenna al progetto di un libretto “comico” che si può genericamente indicare come la commedia su Casanova, della quale si parla in questa lettera: “Ritenevo possibile di essere pronto con questa commedia da Casanova al più tardi per l’inizio di settembre, e poi di poter portare a compimento una mia commedia dell’anno passato, già pronta a metà, scritta in dialetto austriaco. Non se n’è fatto nulla, e ora mi trovo costretto a non poter far altro che dargli il Casanova […]. In considerazione del fatto che assai di buon grado avrei accontentato un Suo espresso desiderio che ora non posso più accontentare in tutta la sua estensione, le circostanze presenti mi angustierebbero molto se non fossi perfettamente convinto che Ella per la Sua musica non potrebbe servirsi del mio lavoro quale adesso è, direttamente e senza modifiche (come del resto Mozart e chiunque altro non avrebbe potuto adoperare la commedia in prosa Le nozze di Figaro senza cambiarla); e che d’altra parte a un libretto utilizzabile per un’opera buffa, alla quale certo speriamo ancora di poter giungere, non saremmo mai arrivati, ne sono certissimo, se io prima non avessi steso il soggetto in questa forma tutta mia della commedia psicologica in prosa […]. Ma questo nuovo lavoro, al quale Ella mi vedrà impegnato con vera gioia e fervore, dev’essere preceduto su un’intesa molto precisa sullo stile che intende dare alla sua opera buffa. Se non ho mal compreso i Suoi accenni, che davvero mi sono sembrati quanto mai promettenti, Ella vuol creare qualcosa di completamente nuovo sul piano stilistico, qualcosa che assomigli all’antica opera buffa più che ai Meisterisinger o a Feursnot (ogni sviluppo nell’arte procede con regolarità ritmica). Ella mira, sempre che io non abbia frainteso i Suoi accenni, a un’alternanza tra numeri chiusi e altre parti che si accosteranno all’antico recitativo secco”. (ivi, pp. 48-49).
Strauss, esprimendo una certa delusione, replicò il 2 novembre:
“Ora ho ricevuto entrambe le lettere e sono in verità un po’ triste perché il mio bel soggetto operistico, dal quale ho tratto già tanta gioia, è diventato tutta un’altra cosa, a quel che sembra. Be’, la volontà del creatore è determinante, e mi devo rassegnare”.
Nella risposta del 7 novembre Hofmannsthal insisteva ancora una volta su questa commedia su Casanova che, però, rimase solo un abbozzo di progetto. È significativo, infatti, che nell’epistolario, piuttosto diradato e limitato a brevissime lettere, cada il silenzio su questa nuova opera fino alla citata lettera dell’11 febbraio 1909, dove appare ormai chiaro che Hofmannsthal stava lavorando a un soggetto del tutto originale. Finalmente i tempi erano maturi perché Strauss potesse realizzare il suo desiderio di creare una commedia quasi nello stile di Mozart che, come egli ebbe modo di affermare, con le sue melodie rivelò al mondo i più intimi segreti dell’anima. Il progetto del Rosenkavalier coinvolse entrambi gli artisti che diedero vita ad un’intensa collaborazione, testimoniata dall’epistolario e fatta di suggerimenti reciproci che, a volte, possono apparire come delle ingerenze nelle rispettive arti di competenza. Se, per esempio, Hofmannsthal in una lettera del 24 aprile 1909, dopo aver posto l’accento su alcune difficoltà presentate dal soggetto trattato (Con la nostra commedia mi tormento a dovere, specialmente su certe parti: dare scorrevolezza ai punti di transizione, dare rilievo ai personaggi, in un’azione che tuttavia non si inceppi mai, tutto questo non è un gioco da ragazzi), non si faceva scrupolo a suggerire a Strauss:
“Per l’ultimo atto provi a escogitare un valzer viennese all’antica, un po’ dolce e un po’ sfacciato, che aleggi per tutto l’atto” (ivi, p. 59),
il compositore, da parte sua, era estremamente chiaro nell’esporre i suoi desiderata, come si legge in questa lettera del 16 maggio 1909: “Sarebbe bellissimo se nel 2° atto Lei trovasse i versi per un ensemble di carattere meditativo: dopo il momento in cui è appena esplosa una bomba nell’azione drammatica, la vicenda si arresta e ognuno si immerge nella riflessione. Simili punti di quiete sono assai efficaci.
EccoLe alcuni esempi: nel 2° atto del Lohengrin il grande concertato, il cosiddetto «dumpfe Brüten».
Il quintetto dei Meistersinger.
Anche nel Barbiere di Siviglia, il finale del primo atto, concertato in la bemolle maggiore: «Fredda ed immobile».
Qualunque musicista conosce questi brani e Glieli può suonare” (Ivi, p. 64).
Completata nel settembre del 1910 e composta dunque in un periodo piuttosto breve che denota quasi lo stato di grazia non solo di Strauss, ma anche di Hofmannsthal, l’opera, con la regia di Max Reinhardt, andò in scena a Dresda il 26 gennaio 1911 sotto la direzione di Ernst von Schuch con Margarethe Siems (La marescialla, Principessa Marie Thérèse von Werdenberg), Eva von der Osten (Octavian), Karl Perron (Barone Ochs auf Lerchenau), Minnie Nast (Sophie von Faninal), Karl Scheidemantel (Herr von Faninal), Hans Rüdiger (Valzacchi), ottenendo un successo eclatante coronato da ben 50 repliche. Più tiepida fu l’accoglienza del pubblico milanese per la prima italiana, il 1° marzo 1911, alla Scala sotto la direzione di Tullio Serafin e nella versione metrica curata da Otto Schanzer.
L’opera (Il libretto)
Atto primo
L’opera si apre con un breve, ma intenso, preludio nel quale è presentato in un rapido affresco il sentimento d’amore che lega la Marescialla al suo giovane amante, il diciassettenne Octavian. La passione assume una dimensione nobile nel celebre elegante incipit affidato ai corni, raddoppiati dai fagotti, a cui rispondono gli archi e i legni con un tema brevissimo che accompagnerà nel corso della scena iniziale le parole rivolte dalla Marescialla al suo giovane amante, Er muss nicht alles wissen (Non deve saper tutto), quasi a creare un’increspatura in questo amore impossibile.
Nella parte centrale del preludio emerge la voce calda dell’oboe che intona un languido tema molto sfruttato all’interno della partitura; ad esso risponde il primo corno con il quale dà vita ad un tenero duetto d’amore. La pagina sinfonica si conclude con un languido e dolce tema che ritornerà nella scena iniziale dell’opera e nell’atto terzo a suggello, rispettivamente, della dichiarazione d’amore di Octavian per la Marescialla e della fine del loro rapporto d’amore; affidato agli archi, il tema è raddoppiato dai legni che gli conferiscono un colore dalla tonalità più soffusa come la passione, destinata ad esaurirsi, che lega i due amanti.
La scena si apre nella camera da letto della Marescialla, il cui nome Maria Teresa allude ironicamente all’imperatrice, dove la donna è abbracciata con il suo giovane amante il quale rivolge alla donna parole appassionate (Wie du warst / Come sei strana); al di là delle parole il loro amore appare, tuttavia, già stanco e minacciato non tanto da elementi esterni, quanto da una forma di languore espressa dalla musica caratterizzata da alcuni temi già sentiti nel preludio e da disegni cromatici spesso discendenti. La Marescialla non perde occasione, in una scrittura piana quasi nobile, per manifestare il suo amore ad Octavian (Du bist mein Bub / Tu sei il mio amore), mentre questi vorrebbe quasi fermare il tempo. Una certa leggerezza, sia nella scrittura orchestrale che nel testo, contraddistingue lo scambio di battute sul carattere maldestro del giovane amante, reo di aver dimenticato la spada nell’alcova della donna. L’atmosfera leggera prosegue nel successivo scambio di battute in cui il giovane si chiede come mai una donna raffinata, come la Marescialla, possa essersi innamorata di un ragazzo tanto maldestro, mentre in orchestra si sente il tema iniziale del preludio in una forma quasi ironica e depauperato di quel carattere nobile che aveva in precedenza. Subito dopo i due amanti fanno colazione in tenera intimità, mentre l’orchestra dà vita ad un altrettanto tenero valzer il cui elegante tema principale, di sapore mozartiano, è affidato al clarinetto.
L’atmosfera cambia quando Octavian fa riferimento, su un tema di carattere ironicamente marziale, al marito della donna, Feldmarschall (Primo maresciallo) che con una sua visita improvvisa avrebbe turbato i sogni della Marescialla, come si apprende dal racconto che fa quest’ultima. Un rumore, che segnala l’arrivo di qualcuno, turba i due amanti. Si tratta di Ochs, Barone di Lerchenau e cugino della donna che lo riconosce dal vocione. Il suo arrivo induce Octavian a travestirsi da Mariandel. Il carattere grossolano del personaggio, che inizia a corteggiare Mariandel senza accorgersi del travestimento, è evidenziato subito dalla musica estremamente ironica con florilegi per nulla eleganti, ma pesanti, che accompagnano le sue parole (Pardon, mein hübsches Kind / Pardon, bella bambina). La sua vocalità, che indugia quasi al parlato grazie a una scrittura caratterizzata spesso da ribattuti, esalta il carattere comico del personaggio che emerge ancor di più nel contrasto col tema ironicamente elegante degli archi che spesso lo accompagnano. L’uomo è venuto ad annunciare alla Marescialla il suo fidanzamento con Sofia, figlia del ricco borghese Faninal, e, nello stesso tempo, a chiedere consiglio alla donna su chi scegliere per portare la tradizionale rosa d’argento, secondo l’usanza nobiliare viennese, alla futura sposa. La donna propone Octavian e, mentre i ritmi di valzer si susseguono, il Barone assiste all’ingresso del notaio, del capocuoco, della modista, di un venditore di animali e di una madre nobile con tre figlie rimaste orfane che chiedono aiuto. Qui l’ironia di Strauss si esercita attraverso un tema di carattere patetico dalla quadratura fraseologica perfetta (un periodo formato da due frasi di quattro battute) che per la sua struttura ricorda il corale del quale ne fa una parodia . In questa caleidoscopica scena c’è spazio anche per l’intrigante Valzacchi, ma soprattutto per un tenore che intona in italiano l’aria Di rigori armato il seno il cui testo, di carattere serio, trattando dell’impossibilità di resistere all’amore, sembra stridere con il contesto, ma che, in realtà, sintetizza il contenuto dell’opera, esprimendo il sentimento profondo che la anima. Nel successivo colloquio tra il notaio e il Barone, quest’ultimo mostra ancora il suo carattere grossolano ponendo l’accento su un’offerta maritale (Als Morgengabe) che la famiglia della fanciulla avrebbe dovuto corrispondere quasi come compenso. Nel frattempo Valzacchi e Annina, spacciandosi per zio e nipote, chiedono alla Marescialla di essere accolti nel suo seguito dando vita ad una pagina estremamente raffinata dal punto di vista contrappuntistico con un gioco di imitazioni sia nella parte vocale che in quella orchestrale. Alla fine la Marescialla rimane sola e, mentre i temi della scena precedente si susseguono come se fossero dei ricordi nella mente della donna, medita (Da geht er hin, der aufgeblasne, schlechte Kerl / Ecco lì, se ne va, quel tipaccio borioso) sul carattere ingiusto di quelle nozze tra un tipaccio quale il barone e una fanciulla. In realtà la donna è triste perché sa che sta invecchiando e immagina che il suo giovane amante, particolarmente apprezzato dalle donne, la abbandonerà presto per un’altra più giovane. Questo sentimento emerge con maggiore forza nel duetto con Octavian che, innamorato di lei, sembra non comprendere i timori della sua amante. In questa pagina, in cui vengono riproposti alcuni temi del preludio, l’atmosfera allegra si tramuta in malinconica e languida. La donna si abbandona, inoltre, ad una lirica meditazione sul tempo (Die Zeit im Grunde, Quinquin, die Zeit) il cui scorrere non può essere fermato, mentre Octavian cerca di consolarla (Mein schöner Schatz, will Sie sich traumi machen mit Gewalt? / Mio bel tesoro, Lei a forza vuole rattristarsi?) dichiarando, sull’appassionato tema già ascoltato nel preludio (Es. 3), di amarla sempre con la stessa passione, ma la donna lo congeda senza baciarlo e dimenticandosi di consegnargli la rosa d’argento; accorgendosi della dimenticanza, incarica uno dei suoi servi di portare la rosa ad Octavian, mentre l’atto si conclude in un’atmosfera da sogno con un delicato e romantico violino solista che sale verso gli acuti.
Atto secondo
Nel salone della casa del Signor di Faninal tutto è pronto per ricevere il Cavaliere della Rosa e il Barone, promesso sposo della figlia Sophie. Il clima di festa per questo giorno solenne (Ein ernster Tag, ein grosser Tag, ein Ehrentag, ein heilger Tag! / Un giorno solenne, un gran giorno, un giorno santo, una festa!) è reso con una musica estremamente vivace contenuta già nella brevissima introduzione orchestrale. I maggiordomi e i servi sono indaffarati perché tutto si svolga nel migliore dei modi, mentre Sophie manifesta le ansie e le aspirazioni di una giovane vergine che si accinge alle nozze. La sua parte, anche dal punto di vista vocale, si distingue per un carattere lirico in netto contrasto con la vivacità della scena e degli altri personaggi. La scena si conclude in modo quasi trionfale con gli ottoni che cedono il testimone al tremolo degli archi i quali, su un registro acuto, introducono l’arrivo di Octavian (Mir ist die Ehre widerfahren,/ A me è stato dato questo onore) in un’epifania di bellezza e di incanto che si concretizzano nel successivo duetto nel quale i due giovani incominciano a sentire una forma di attrazione reciproca resa dalla calda voce dell’oboe a cui è affidato il tema principale. Il duetto si fa più leggero e assume le movenze di un elegante valzer quando Sophie, dopo aver detto di conoscere bene il suo interlocutore (Ich kenn’ Ihn schon recht wohl, mon cousin! / Io La conosco già bene, mon cousin!), ne enumera i titoli e i nomi, compreso quello di Quinquin con cui Octavian, ormai del tutto conquistato dalla bellezza di Sophie, è conosciuto nel bel mondo. Quest’atmosfera da sogno è interrotta da un brusco ed interrogativo accordo di settima di dominante di re bemolle maggiore che introduce la grossolana presenza del Barone (Deliciös! Mach’ Ihm mein Compliment / Deliziosa! Mi compiaccio con Lei) che cerca di mostrarsi galante, in modo maldestro e con apprezzamenti fastidiosi, con la fanciulla che, invece, prova sin dal primo incontro una forma di repulsione nei suoi confronti. Qui l’ironia di Strauss si esercita attraverso una scrittura leggera, quasi mozartiana, che accompagna le parole dei personaggi e si tramuta in sarcasmo quando il Barone vorrebbe provare le capacità della fanciulla nella conversazione. Qui è introdotto agli archi un tema che vorrebbe essere nobile nella sua finta eleganza. Nel repertorio volgare del Barone non mancano nemmeno le canzoncine volgari come Mit mir (Con me) intonata a tempo di ironico valzer lento il cui incipit è costituito dalla citazione del tema di Dynamiden-Walzer di Johann Strauss. Mentre il Barone e Faninal si ritirano per stendere il contratto di nozze, Sophie rivela ad Octavian la volontà di non sposare quell’uomo e subito i due non perdono occasione per dichiararsi reciprocamente il loro amore in un cullante e tenero duetto (Mit Ihren Augen voll Tränen / Con gli occhi pieni di lacrime). Questo momento d’amore viene interrotto da Annina e Valzacchi che informano il Barone di aver visto la fidanzata in inequivocabili atteggiamenti teneri con un altro uomo. Ne nasce un alterco tra il Barone, che vorrebbe condurre con sé Sophie, e Octavian che cerca di impedirglielo. In conseguenza di ciò i due si sfidano a duello e la scena, nella quale intervengono Fenimal, che, su un accompagnamento ironicamente marziale, minaccia la figlia di rinchiuderla in un convento qualora si rifiutasse di sposare il Barone, e i suoi servi, ha il suo puinto culminante nel ferimento del Barone al braccio destro da parte di Octavian che si allontana rassicurando la fanciulla. Annina, alla fine, dà al Barone un biglietto con il quale l’uomo è invitato a un incontro galante con la servetta Mariandel. L’atto si conclude con il Barone che, ancora una volta, intona la canzoncina Mit mir.
Atto terzo
Il terzo atto si apre con una splendida pagina sinfonica che accompagna la pantomima a cui danno vita Annina e Valzacchi, impegnati a preparare la trappola per il Barone all’interno della locanda nella quale era fissato l’incontro con Mariandel. Musicalmente è costituita da una vivace tarantella che nella parte finale cede il testimone a un valzer viennese eseguito da un’orchestra dietro le quinte. Il Barone, in agitazione per l’imminente incontro, sempre al ritmo di valzer, ordina all’oste di andar via e accoglie al suo tavolo Octavian nelle vesti di Mariandel per farlo bere, ma questi oppone un buffo rifiuto (Nein, nein, ich trink kein Wein / No, no, io non bevo vino). Sempre al ritmo di un elegante valzer viennese, il Barone cerca di corteggiare Mariandel, mentre la scena incomincia a popolarsi di inattese presenze. Da una finestra si vede una faccia che sembra perseguitare il Barone, mentre Mariandel, che apprezza la musica del valzer Mit mir eseguita dall’orchestra dietro le quinte, nega che ci siano altre persone. La scena, in cui si insinua sempre a ritmo di valzer una meditazione di Octavian-Mariandel sulla fugacità del tempo, subisce un netto mutamento quando entra Annina che, accompagnata da quattro bambini, finge di essere la moglie del Barone (Er ist es! Es ist mein Mann! Er ist’s! Er ist’s! / È lui! È mio marito! È lui! È lui!) il quale naturalmente nega. La situazione sembra precipitare quando sopraggiungono Faninal, fatto chiamare da Octavian, e il Commissario di polizia che cerca di riportare l’ordine. Il Barone, sorpreso in una situazione imbarazzante, vorrebbe allontanare il suocero, ma alla vista di Sophie, sopraggiunta poco dopo, ha un mancamento. Ripresosi, vorrebbe andar via (Sind desto eher im klaren! Ich zahl’, ich geh’! / Tutto chiaro quanto prima! Pago e vado!), ma è trattenuto dalle guardie e dal commissario che vorrebbe proseguire con la sua indagine. Octavian, ripresa la sua vera identità, rivela al Commissario che si è trattato di una burla, mentre, annunciata dall’oste (Ihr hochfürstliche Gnaden, die Frau Fürstin Feldmarschall! / Sua Grazia nobilissima, la Principessa Marescialla!), giunge, come vero e proprio deus ex machina, la Marescialla, la cui parte è intrisa di motivi tratti dal primo atto. La donna interviene a sedare un alterco tra il Barone e Sophie che lo rifiuta con forza, suggerendogli: Wahr’ Er seine Dignité und fahr’ Er ab! (Salvi la dignité e si allontani!), mentre in orchestra si odono i temi già ascoltati nel primo atto. Accompagnati dal travolgente tema del valzer Mit mir, tutti si allontanano lasciando sulla scena soli Sophie, la Marescialla e Octavian. La fanciulla è smarrita (Mein Gott, es war nicht mehr als eine Farce / Mio Dio, non è stato altro che una farsa), ma nel successivo intenso terzetto al ritmo di valzer lento Hab’ mir gelobt (L’avevo giurato) la Marescialla, in un supremo atto d’amore nei confronti di Octavian, decide di rinunciare a lui perché questi possa sposare la sua amata Sophie. Nella breve pagina orchestrale successiva, ancora una volta, l’oboe con la sua voce calda esprime l’amore dei due giovani scandagliandone l’anima; accompagnati da celestiali arpe, Octavian e Sophie si abbandonano a un tenero e incantevole duetto d’amore (Ist ein Traum / È un sogno), mentre l’opera si conclude in un’atmosfera incantata.