Venezia, Teatro La Fenice: Alpesh Chauhan e Andrea Lucchesini inaugurano la nuova stagione sinfonica

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2019-2020
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Alpesh Chauhan
Pianoforte Andrea Lucchesini
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Soprani Anna Malvasio, Lucia Raicevich
Contralto Victoria Massey
Tenori Salvatore De Benedetto,Giovanni Deriu
Basso Antonio Casagrande
Ludwig van Beethoven: “Leonora” ouverture n. 3 in do maggiore op. 72b; “Fantasia corale” in do minore op. 80 Adagio; Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica”
Venezia, 12 ottobre 2019
Alpesh Chauhan, giovane direttore di grande talento, ha aperto la nuova stagione sinfonica del Teatro La Fenice, incentrata sulla figura di Ludwig van Bethoven. Tutto beethoveniano era il programma di questo concerto inaugurale, che proponeva, tra l’altro, la Fantasia corale, una composizione meno frequentata, che comunque riveste un indubbio interesse musicologico. In apertura, la celeberrima Leonora n. 3, la terza delle quattro ouvertures scritte da Beethoven per la sua unica opera di teatro musicale, che conobbe una genesi alquanto laboriosa, con tre versioni successive. Insoddisfatto da una prima ouverture (la Leonora n. 1), l’autore compose, per la prima versione dell’opera (1805), un’altra pagina introduttiva (la Leonora n. 2), dalla cui rielaborazione – in vista della revisione del 1806 – nacque quell’assoluto capolavoro, che è la Leonora n. 3, poi peraltro sostituita da una quarta ouverture più concisa. La concezione interpretativa di Chauhan si è caratterizzata per l’ampia gamma espressiva, i marcati contrasti dinamici, la forte tensione emotiva, come esplicitava anche il suo enfatico gesto direttoriale. In una atmosfera sospesa ci ha immerso l’introduzione lenta, complessa quanto fascinosa, nel suo presentare dei temi, che sfociano uno nell’altro in dissolvenza: esposto dai legni, ha incantato, pur senza svenevolezze, il tema dell’aria di Florestano, prigioniero nel sotterraneo. La pensosa staticità dell’introduzione è stata diradata dalla diffusa concitazione, del seguente Allegro con un tema fortemente sincopato, esposto dagli archi in pianissimo – poi ripetuto da tutta l’orchestra –, cui si è contrapposto il lirismo di un secondo tema ascendente dei corni, che – senza nulla togliere alle altre sezioni orchestrali – hanno offerto, qui come altrove, una prestazione superlativa. Contrasti emotivi hanno animato anche lo sviluppo, dove le frenetiche sincopi del primo tema sono state interrotte dallo squillo di tromba, in lontananza, annunciante – nell’opera – l’arrivo del ministro e con esso l’improvvisa soluzione della vicenda. Ma ben presto l’esasperazione emotiva ha ripreso il sopravvento, fino all’ultima comparsa dello scattante tema in sincopi, finalmente affermato con piena chiarezza e determinazione, a conclusione trionfale di questa pagina e del suo ideale percorso dalla prigionia alla libertà.
Nella Fantasia corale, hanno brillato, insieme all’orchestra, i solisti e il coro. Composta nel 1808, la Fantasia vide la sua prima esecuzione il 22 dicembre dello stesso anno, insieme alla Quinta e alla Sesta sinfonia, al Theater an der Wien di Vienna, con al pianoforte lo stesso Beethoven. Essa rappresenta una sorta di prova generale della Nona sinfonia, non solo perché il tema del coro finale ricorda la l’Inno alla Gioia, ma anche perché il testo di Christoph Kuffner richiama i temi della fratellanza universale presenti nell’ode An die Freude di Schiller. Molto espressivo, sensibile nel tocco, seducente nel suono, nitido nei passaggi contrappuntistici è risultato Andrea Lucchesini nell’Adagio per pianoforte solo, dal carattere rapsodico, da cui la composizione prende le mosse. Nel seguente Allegro, introdotto da un saltellante tema, annunciato da violoncelli e contrabbassi, il pianoforte ha nobilmente dialogato con l’orchestra. Un dialogo che è proseguito, dopo l’enunciazione del tema principale in do maggiore (Meno allegro), che Beethoven ha tratto dal suo Lied Gegenliebe (Amore reciproco) del 1785, con una serie di brillanti, gioiose variazioni sul tema, in cui si sono segnalati il flauto, i legni, gli archi e tutta l’orchestra. Dopo la Marcia assai vivace, ultima festosa variazione, vi è stato l’intervento autorevole quanto stilisticamente composto dei soli e del coro, che hanno esposto il tema dell’amore reciproco con spensierata gioia e arricchito dai trilli e le volatine del pianoforte. Lucchesini, festeggiatissimo dopo la sua prestazione, ha concesso un bis: una Bagatella di Beethoven.
La passionalità del direttore britannico si è dispiegata pienamente nell’Eroica. Nella sinfonia gli ideali della Rivoluzione francese, presenti in tanta produzione di Beethoven, assumono un’esplicita rilevanza politica, visto che è dedicata Napoleone. Sul frontespizio del manoscritto della partitura appena terminata, all’inizio del 1804, si leggeva: “Buonaparte”. Poi, alla notizia che “Buonaparte” si era proclamato imperatore, nel maggio dello stesso anno, l’autore adirato stracciò quella dedica … Comunque sia, a partire dall’Eroica il compositore affida al genere sinfonico il compito di trasmettere i propri ideali illuministici a un uditorio più ampio e variegato nella sua composizione sociale, rispetto al pubblico elitario delle classi altolocate. Per questo la sinfonia doveva rinnovarsi: si dilatano le dimensioni, si arricchisce la strumentazione, dando rilievo ai fiati, si costruisce un testo musicale più complesso rispetto alla nitida dialettica al modello haydniano. Carica di tensione drammatica e di contrasti è risultata la lettura di Chauhan. Nell’esteso movimento iniziale, Allegro con brio – aperto da due imperiosi accordi di tonica, seguiti da un motivo arpeggiato dei violoncelli, che sarà protagonista del movimento – si è colta una tensione continua, in ragione della presenza di sincopi, cromatismi e dissonanze, come quella che si crea, alla fine dello sviluppo, con l’entrata dissonante del corno che, su un tremolo degli archi, ripropone il citato motivo arpeggiato iniziale.
Gli archi, con il particolare rilievo dei contrabbassi, hanno brillato nel tempo lento, in forma di una marcia funebre, inframezzata da un Trio, in maggiore, in cui, sulle morbide terzine degli archi, i legni hanno dipanano limpidi e nostalgici intrecci. Con mano giocosa e leggera è stato reso l’animato Scherzo, al cui interno si apre la parentesi più pacata del Trio, dove si è apprezzata la robusta fanfara di corni. Le varie sezioni dell’orchestra si sono messe in luce nel movimento finale, una serie di libere variazioni, il cui riferimento tematico è tratto dal balletto Le creature di Prometeo. Il tema – presentato, in pizzicato, dagli archi, non nel suo “grado zero”, ma in forma di prima variazione – è subito ripreso in contrattempo, e interrotto da vigorosi ribattuti dei fiati. Poi in successione ancora gli archi introducono la seconda variazione, in forma contrappuntistica, e i legni la terza, che rispetto alla prima presenta la vera linea melodica del tema (una sorta di canzone popolare). Dopo la quarta – un fugato – le variazioni divengono più complesse, portando, attraverso una progressiva intensificazione espressiva a una Trionfale coda. Calorosi applausi per Alpesh Chauhan, Claudio Marino Moretti,
i solisti, il coro e l’orchestra. Photo Patrick Allen – operaomnia.co.uk