Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Reynaldo Hahn “Dalla Belle Époque agli Anni Ruggenti”, 21 settembre – 26 ottobre 2019
“SONATE DI VINTEUIL”
Violino Hugues Borsarello
Pianoforte Guillaume Bellom
Reynaldo Hahn: Sonate pour violon et piano en ut majeur; Nocturne pour violon et piano
Gabriel Fauré: Sonate pour violon et piano en la majeur op. 13
Venezia, 16 ottobre 2019
Famoso per la sua musica vocale, Reynaldo Hahn ha composto anche belle pagine strumentali, in particolare di genere cameristico. Di questa sua produzione il concerto, di cui ci occupiamo, proponeva due pezzi per violino e pianoforte: la Sonata in do maggiore e il Notturno. Ad essi seguiva la Sonata n. 1 per violino e pianoforte in la maggiore di Gabriel Fauré che, composta cinquant’anni prima rispetto a quella di Hahn, ne rappresenta il modello di riferimento. La soirée si annunciava certamente interessante per i titoli in sé, ma anche perché, come suggerisce il tema del concerto, essi sono in qualche modo legati all’immaginario musicista citato nella Recherche, Vinteuil, dietro al quale si cela una schiera di geniali compositori, tra i quali Saint-Saëns – della cui sonata per violino e pianoforte fa parte la “petite phrase” della Sonata di Vinteuil, tanto amata da Swann –, Franck, Fauré e lo stesso Hahn, che tra l’altro quella piccola frase suonava spesso al pianoforte per accontentare l’amico Proust.
Ad eseguire queste composizioni raffinate ed evocatrici anche di scenari extramusicali era chiamato un duo, che si è rivelato veramente encomiabile per il perfetto affiatamento e la finezza interpretativa. Il cheS si è colto pienamente in quel “piccolo capolavoro di equilibrio, concisione ed eleganza” – così recita la recensione de “Le Ménestrel” alla prima assoluta del dicembre 1926 – rappresentato dalla sonata di Hahn, che si meritò un successo unanime forse proprio per la l’atmosfera dolce e pacata che percorre la partitura. A questo proposito, il violino ha sfoggiato un suono morbido e rotondo, nell’intonare il delicato materiale melodico che gli è affidato e che il pianoforte ha poi fatto proprio con analoga delicatezza di tocco. Un’espressività più intensa si è colta solo al culmine dello sviluppo. Frenetico e brioso è stato il secondo movimento – sottotitolato “12 C.V., 8 cil., 5000 giri” con allusione ai viaggi che l’autore, impegnato fuori Parigi, affrontava per recarsi nella capitale alle prime dei suoi lavori –, che parte con un inebriante perpetuum mobile, dalle propulsive fluttuazioni tonali. La pace è tornata con il movimento finale: una rêverie velata di una tristezza quasi dolorosa.
E una dimensione di languida tristezza, con il violino dolcemente espressivo e intonatissimo anche nei sopracuti del finale, ha dominato anche nel Notturno per violino e pianoforte – pubblicato nel 1906 da Heugel –, il cui primo abbozzo venne annotato da Hahn, alla luce della luna, nei giardini del Carrousel, sentendo l’urgenza di esprimere il proprio mondo interiore, i propri affetti ed inquietudini, in un momento di mestizia, in cui comunque non poteva immaginare gli orrori della Grande guerra, cui peraltro parteciperà come volontario.
Ultimo pezzo in programma, la sonata di Fauré – composta nel 1875-76 e dedicata al violinista Paul Viardot, con la cui sorella il compositore si era fidanzato – viene considerata da molti critici il punto di partenza di una nuova fase della musica da camera francese, un esempio per tutta una serie di successive sonate per violino e pianoforte, e ancora oggi uno dei pilastri del repertorio violinistico da camera. Il lavoro, sicuramente ispirato dall’ascolto di virtuosi come Pablo de Sarasate o Henri Vieuxtemps, deve molto al violinista belga Hubert Léonard, che seguì da vicino Hahn, mentre lo componeva a SainteAdresse, dalle parti di Le Havre, in casa di comuni amici. Violino e pianoforte hanno brillato alla pari nell’esecuzione di questa sonata, concepita come un vero e proprio duo, nel quale ciascuno strumento ha una sua indipendenza. Nell’energico Allegro molto in forma sonata il pianoforte si è imposto nel lungo assolo iniziale, svolgendo superbamente un ruolo da protagonista, per stabilire poi un rapporto pienamente dialettico con lo strumento ad arco, in uno slancio schumanniano. Un rapporto dialettico, che si è confermato nel commovente Andante, basato su un ritmo di barcarola e consistente in una lunga linea melodica divisa fra i due strumenti, che a più riprese si sovrappongono polifonicamente in un crescendo espressivo. Particolarmente brillante lo Scherzo, dove il violino, con figure veloci e pizzicati, e il pianoforte con i suoi arpeggi competevano con pari maestria, in un concitato confronto, interrotto dalla sezione del Trio, fondata su una soave melodia discendente. Ricco di verve mista a languore il Finale, un Rondò, che ha come refrain un’ampia melodia lirica, il cui ritmo puntato percorre l’intero movimento, nonostante le molteplici trasformazioni espressive. Successo pieno e caloroso. Un fuoriprogramma: Berceuse di Fauré.