Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Reynaldo Hahn “Dalla Belle Époque agli Anni Ruggenti”, 21 settembre-26 ottobre 2019
“QUARTETTI”
Quatuor Hermès
Violini Omer Bouchez, Elise Liu
Viola Yung-Hsin Lou Chang
Violoncello Christine J. Lee
Reynaldo Hahn: Quatuor à cordes no 1 en la mineur
Gabriel Fauré: Quatuor à cordes en mi mineur op. 121
Venezia, 3 ottobre 2019
Nel terzo appuntamento del ciclo dedicato a Reynaldo Hahn e alla sua epoca, l’autore veniva indagato relativamente alla fase estrema della sua attività produttiva, quando ritenne di essere sufficientemente maturo per affrontare un genere, considerato – da lui come, del resto, dalla generalità dei compositori della Belle Époque – degno di un rispetto particolare, se non altro perché affrontarlo implicava, in qualche modo, confrontarsi con l’ineguagliabile arte di Beethoven. Tra il 1939 e il 1943 il “venezuelano di Parigi” compose due quartetti per archi, di cui in apertura di serata si è proposto il primo, in la minore. È seguito – in un interessante accostamento tra due autori, che si rivolgono ai posteri, pur scegliendo la continuità col passato piuttosto che la modernità – l’unico lavoro concepito per la stessa formazione da un Gabriel Fauré ormai giunto alla fine della sua vita. Protagonista, sul piano esecutivo, era il giovane e talentuoso Quartetto Hermès – già apprezzato, l’anno scorso, dal pubblico del Palazzetto Bru Zane – con una variante rispetto alla sua composizione tradizionale: al violoncello era Christine J. Lee al posto di Anthony Kondo. Questo ensemble, tra i più quotati, a livello internazionale, si è segnalato per la qualità del suono, il perfetto affiatamento, il gusto per le sfumature ed i contrasti, offrendo un’interpretazione dei due pezzi in programma profondamente espressiva, oltre che attenta alle peculiarità di ogni sequenza, per non dire di ogni battuta.
Lo si è colto nella caratterizzazione dei due temi presenti nel primo movimento del quartetto di Hahn, sintesi tra eclettici riferimenti alla storia della musica, nei modi del neoclassicismo, e uno stile assai personale: l’uno intriso di tristezza, l’altro dal tono imperioso, per poi evocare il gusto dell’Ancien Régime per la suite di danze nella Chanson de Provence, dove il ritmo “a balzi” rimanda alla courante, e nell’Andantino, basato su una formula puntata, che ricorda quella della sarabanda. Un clima gioioso ha percorso il conclusivo, Allegro assai, in forma di rondò, con il ritornello dal ritmo saltellante.
Un’atmosfera malinconica si è colta nel movimento iniziale del quartetto di Fauré, il cui primo tema emerge dal dialogo tra la viola, tesa, e il violino, più calmo, mentre il secondo, cantabile, è esposto dal primo violino: i due temi si richiamano e si rispondono ansiosamente con un continuo intrecciarsi, nello sviluppo, in base ad un raffinato trattamento contrappuntistico, reso dai solisti con rara maestria. Un languido tormento interiore, espresso a bassa voce, ha percorso l’Andante, che si apre con un tema pieno di ispirazione, esposto dal primo violino, cui ha degnamente fatto seguito una melodia ascendente affidata alla viola e poi al violino, sul ritmo battente degli altri strumenti, prima del malinconico motivo della viola, che ha chiuso il movimento, una sorta di “canto del cigno” del compositore. Il violoncello si è segnalato nel presentare il tema-refrain di ispirazione popolare, su cui si basa l’Allegro, ultimo movimento del breve quartetto. Grande successo con un incantevole bis: l’Andantino, doucement expressif, dal Quartetto in sol minore op. 10 di Claude Debussy, uno dei cavalli di battaglia del giovane ensemble.