Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Reynaldo Hahn, dalla Belle Époque agli Anni Ruggenti, 21 settembre-26 ottobre 2019
“POEMI SILVESTRI”
Pianoforte Alessandro Deljavan
Reynaldo Hahn: “Le Rossignol éperdu” (extrait) : IV. Versailles, 52. Hivernale; Premières Valses ; Jules Massenet: Dix Pièces de genre op. 10; Théodore Dubois : Poèmes sylvestres.
Venezia, 22 ottobre 2019
Reynaldo Hahn si è dedicato al valzer per pianoforte, genere romantico mondano per eccellenza, essenzialmente nel corso della Belle Époque: dalle Premières Valses (1898) fino ai pezzi riuniti sotto il titolo Le Ruban dénoué (1915). Allo stesso modo delle mélodies, questi brani contribuirono alla fama di Hahn, ma anche alla sua frettolosa catalogazione, quale musicista “delicato”. Non a caso, dopo la Grande Guerra, l’autore si allontanò dal genere del valzer.
Le Premières Valses propongono miniature eleganti e raffinate, brani intimistici di straordinaria maestria e grande seduzione melodica, ma apparentemente inferiori a lavori più ambiziosi, come Le Rossignol éperdu (1913). Nonostante il titolo, non si tratta dei primi valzer composti da Hahn: L’Inspiration (1883) li precede di quindici anni. “Primi” va qui inteso piuttosto come offerta editoriale alla gioventù, che avrebbe avuto, grazie a questi brevi brani, l’occasione per debuttare nei salotti. Dopo una breve Invitation, la maggior parte di questi valzer è dedicata a pianisti vicini a Reynaldo Hahn. Il n. 5 (Pas vite, simplement) è dedicato “all’ombra sognante di Chopin”, più che mai presente, in questa fine secolo, nei salotti parigini. L’ultimo valzer, di gran lunga il più elaborato, reca in epigrafe un verso di Baudelaire tratto da L’Horloge nei Fiori del male: “Il vago piacere si dileguerà all’orizzonte”. Si profila qui l’attitudine di Hahn, mostrata anche in seguito, in particolare nel Ruban dénoué (1915), ad associare pensieri poetici al fascino della musica.
Le Rossignol éperdu (1913) si distingue dalla restante produzione di valzer per pianoforte di Hahn, in gran parte salottiera, per il suo carattere doloroso, meditativo e, nel contempo, sobrio. Vi emerge il profilo di un artista malinconico, al pari della propria generazione, di fronte ad un futuro, che si preannuncia inquietante. “China un poco l’orecchio su questo uccellino che piange: sono io!” sta scritto nell’epigrafe del Frontispice, citando la poetessa Desbordes-Valmore; del resto lo stesso Hahn confesserà: “Questa raccolta è stata scritta quasi interamente trattenendo le lacrime”. I 53 pezzi, che la costituiscono, spesso molto brevi, recano nel titolo qualche indicazione sulle fonti di ispirazione: passeggiate e viaggi, immagini della città e della natura, riferimenti mitologici e storici… Inoltre a buona parte di essi sono associate delle epigrafi – tratte da vari scrittori, in prevalenza, francesi –, il cui rapporto con la musica risulta alquanto criptico. Snobisticamente oscure sono anche altre indicazioni come quell’“occidentalmente”, prescritto al pianista relativamente all’esecuzione di un certo pezzo, che suscitò curiosità (e un pizzico di ironia) in Proust.
Accanto ad un brano tratto da Le Rossignol éperdu e a Premières Valses di Hahn, il concerto proponeva Dix pièces de genre di Massenet e Poèmes sylvestres di Dubois. I Dieci pezzi di genere costituiscono una precoce testimonianza dell’arte compositiva del Maestro di Saint-Étienne, Abbozzati al ritorno da Roma, in una Parigi colpita dal colera, essi furono ben presto terminati, grazie alla rapida remissione dell’epidemia, e pubblicati, nel 1866, dall’editore Girod, che offrì al giovane compositore un generoso cachet, oltre alla soddisfazione di vedere la propria musica stampata. Tra queste affascinanti miniature di moderata difficoltà, alcune attestano un interesse per il periodo barocco: accanto a pezzi più prevedibili, come Nocturne o Barcarolle, Massenet rivisita, senza peraltro ricreare con rigore il linguaggio dei secoli passati, forme antiche, come attestano Rigodon (sic), Vieille Chanson, Fughetta, Élégie jouée par les Érinnyes.
Quanto ai Poèmes sylvestres di Théodore Dubois, essi furono pubblicati nel 1893 ed eseguiti per la prima volta il 19 aprile dello stesso anno dalla sua dedicataria Clotilde Kleeberg, La rivista Le Ménestrel lodò l’opera e la pianista, soffermandosi su alcuni poemi: I mirtilli e La sorgente incantata, ritenuti particolarmente deliziosi, per le loro doti di grazia, finezza e poesia; Il viale solitario, così calmo e tranquillo; I taglialegna, dall’andamento pesante e bizzarro; La danza rustica, così caratteristico e originale.
Ad eseguire questo variegato programma era chiamato Alessandro Deljavan – un pianista di madre italiana e padre persiano –, profondo conoscitore dell’opera per pianoforte di Reynaldo Hahn che, tra l’altro, ha inciso integralmente su CD: il cofanetto fa parte della sua ampia discografia, che ne comprende più di 30, spaziando da Chopin a Schumann, a Sergej Taneev, a Martucci, a Bach. Il solista ha sfoggiato nell’esecuzione dei vari pezzi sicura padronanza tecnica, profonda concentrazione e acuta sensibilità interpretativa, con dovizia di sfumature e contrasti, senza mai scadere in toni leziosi o affettati, e riservando un’estrema cura al suono, sempre rotondo e perlaceo, sia quando non faceva rimpiangere il ripieno orchestrale, sia quando si faceva tenue come un sussurro. Caloroso successo con lunghi applausi ed entusiastici “Bravo!” Un fuoriprogramma: Confidence da Vingt pièces pour le piano op. 58 di Benjamin Godard.