Storia e leggenda di Alicia Alonso (1921-2019)

Un nome che da decenni era ormai avvolto nella leggenda, non solo per il ricordo delle straordinarie performances ma anche per l’operosa longevità che l’ha caratterizzata ininterrottamente. Alicia Alonso, “Prima Ballerina Assoluta” – come la chiamano a Cuba e in tutti i paesi ispanici dal 1959, quando sotto gli auspici della Revolución rifondò il Ballet Nacional e ne accudì senza posa l’attività e la storia fino a pochi mesi fa – si è spenta a La Habana ieri, giovedì 17 ottobre, dopo un’esistenza quasi centenaria. Un simbolo, un’eroina del Novecento, un mito di forza e determinazione: le parole e le espressioni non si sprecano nel tentativo di definire un personaggio lontano da ogni schema, sfuggente agli inquadramenti e alla richiesta di esattezza delle sintesi biografiche. Un mistero il dono incredibile di forza di volontà grazie al quale riusciva a dominare la scena, danzando praticamente cieca, già in giovane età; un mistero la sua età effettiva: era nata il 21 dicembre, su questo le fonti concordano, ma di quale anno? Molte indicano il 1921, altre il 1920, altre ancora il 1919, ma il Diccionario biográfico de la danza di Carmen Paris e Javier Bayo (Madrid 1997, p. 18) retrocede fino al 1918. In ogni caso, è l’impressionante arco di un secolo che si dipana sotto il gesto e la volontà di Alicia Alonso, la Giselle del Novecento per antonomasia, ossia l’erede del repertorio romantico più classico, ma anche la collaboratrice di Fidel Castro, in una stagione storicamente irripetibile di rivolgimenti e sfide culturali per Cuba e per il mondo della danza.  Il suo vero nome era Alicia Ernestina de la Caridad del Cobre Martínez del Hoyo, e aveva iniziato i suoi studi presso la Escuela de Ballet della Sociedad Pro-Arte Musical de La Habana nel 1929; il suo talento era così dirompente che le fu presto suggerito di trasferirsi negli Stati Uniti per continuare a studiare e a crescere. Ancora giovanissima praticò il musical di Broadway, per poi entrare nella compagnia American Ballet Caravan (in seguito New York City Ballet, il mitico ensemble fondato da George Balanchine), in quegli anni diretto da Lincoln Kirstein e da Balanchine. Nel 1940 sposò il collega cubano Fernando Alonso, entrando a far parte insieme a lui del Ballet Theatre di New York, da poco creato, e trionfando alla prima assoluta di Goya Pastoral (coreografia di Antony Tudor). Nel 1942 iniziarono a presentarsi i primi problemi alla vista, che obbligarono Alicia a interrompere per circa un anno la sua carriera; ma nel 1943 tornò a far parte dell’American Ballet Theatre, sostituendo una collega indisposta in Giselle: fu una rivelazione senza precedenti.

I più grandi coreografi operanti negli Stati Uniti cominciarono a scrivere lavori per lei, come Balanchine con Theme and Variations (1947). Stava per inaugurarsi la grande stagione dell’autonomia: insieme al marito e al cognato Alberto Alonso, anch’egli ballerino, debuttò nella compagnia appena costituita a Cuba, il Ballet Alicia Alonso (28 ottobre 1948), poi ampliatosi con la scuola Academia de Ballet Alicia Alonso (1950, dal 1955 semplicemente Ballet de Cuba); nel 1950 fu prima ballerina dell’American Ballet Theatre, in tournée europea insieme a Igor Youskevitch; tra 1955 e 1957 fu invitata dal Ballet Russe di Monte Carlo e nello stesso 1957 debuttò al Teatro Bolshoi di Mosca. Con il 1959, anno dell’avvento di Fidel Castro al potere, tutto cambiò ancora, ma l’autonomia e il controllo assoluto di Alicia sulla danza classica a Cuba e altrove si mantennero inalterati: la compagnia divenne da allora il Ballet Nacional de Cuba, mentre la scuola dal 1960 si chiamò Escuela Nacional de Ballet de Cubanacán. La Alonso continuò a trionfare e sperimentare, come dimostrano il suo coinvolgimento in molti ruoli del repertorio contemporaneo e la scrittura coreografica applicata a partiture del Novecento o al repertorio sinfonico, ideate per la sua compagnia o per i principali ensembles di tutto il mondo: La Condesita (musica di Nin, 1942), Ensayos Sinfónicos (Brahms, 1950), El Pillete (Sibelius, 1952), Narciso y Eco (Debussy, 1955), Génesis (Nono, 1978), Dido Abandonada (Angiolini, 1988), Sinfonía Gottschalk (Gottschalk, 1990).

Pluripremiata, insignita di ordini e riconoscimenti internazionali sin dagli anni Quaranta, ad Alicia sono stati conferiti dottorati honoris causa da parte di varie università; quando impartì una articolata masterclass al Teatro Albeniz di Madrid nel 1988, invitata dal Ministerio de Cultura spagnolo, maturò il progetto di fondare una cattedra di coreografia che portasse il suo nome: si inaugurò nel 1993 nell’Università Complutense di Madrid (Cátedra de Ballet Alicia Alonso; tre anni più tardi anche l’Università di Alicante ne aprì una con lo stesso nome). Nel 1975, ottenuto il divorzio dal primo marito, Alicia si risposò con il critico di danza Pedro Simón Martínez. Dal 1996 a La Habana si celebra ogni anno il Concurso Internacional de Ballet Alicia Alonso, diretto dalla figlia Laura. A questo proposito, va confessato che la gestione esclusivamente famigliare del Ballet Nacional non ha giovato alla crescita della compagnia, almeno negli ultimi vent’anni: dopo la parabola di Alicia i successori non hanno saputo star dietro alle ricerche di originalità e modernità, e tanto meno alla competitività di altri gruppi, molto più agguerriti e sperimentatori, ma si sono limitati a riproporre una serie di produzioni ormai polverose.
Nel corso della sua lunghissima carriera Alicia ha interpretato e ballato di tutto, con tutti i più grandi interpreti e coreografi, ma al primo posto tra i suoi personaggi resterà sempre Giselle; poi Odette del Lago dei cigni e Carmen. Fortunatamente sono documentati da registrazioni video alcuni spettacolari momenti di virtuosismo, risalenti agli anni Cinquanta, in cui la Alonso giunge al III atto del Lago dei cigni e si cimenta in sei pirouettes a punta, una prodezza in cui è rimasta ineguagliata, soprattutto per il perfetto controllo del corpo durante l’intero numero. Ma, come si è già detto, neppure da étoile internazionale Alicia ha mai smesso di studiare, lavorare, insegnare; anzi, si può dire che la sfida più difficile della sua esistenza professionale sia incominciata dopo gli anni Cinquanta, con la direzione del Ballet Nacional de Cuba. Da parecchi anni Alicia ha perduto completamente la vista, ma non la sua celebre determinazione, e uno spirito che si potrebbe definire “di gesso”, in riferimento al materiale all’interno delle punte delle scarpette.

Uno dei suoi più grandi meriti resterà quello di aver ideato e praticato per prima un metodo di ballo adatto ai ballerini latino-americani; la Alonso comprese infatti che tra diverse etnie esistono differenze nell’approccio al movimento, e dunque alla danza: non solo differenze fisiologiche, ma anche di temperamento, attitudine alla musicalità e alla gestualità. Se la scuola di danza cubana, pur nella sua piccolezza geografica e nel numero dei danzatori, è riuscita a raggiungere livelli altissimi di qualità, fino a rientrare tra le prime dieci al mondo, questo si deve appunto all’attenzione della Alonso, che con l’aiuto di fisioterapisti e medici modificò la tecnica di danza classica della scuola russa, adattandola alle esigenze dei latino-americani. Tutto è mirato a esaltare l’equilibrio, inteso come il carattere più autentico di un danzatore; ecco perché nei numeri di un balletto di scuola cubana conta soprattutto la concentrazione sull’equilibrio (posa), anche oltre i limiti della musica che guida la danza, anche oltre l’ultimo accordo della partitura (che richiede una più semplice posizione).
A Cuba Alica Alonso è sempre stata festeggiata, applaudita, adorata per aver dato così tanto alla storia della danza e del balletto, in termini di bellezza, perfezione tecnica e interpretativa, speranze; ma anche in Europa la sua popolarità non è da meno: la Spagna la venera altresì, e a ogni spettacolo delle biennali tournées iberiche del Ballet Nacional il pubblico attende con impazienza la comparsa alla ribalta della direttrice. A lei e al Ballet Nacional de Cuba è stata dedicata anche una serie di francobolli delle poste spagnole. La si attendeva anche agli inizi di maggio del 2017, quando la sua compagnia partì da Cuba alla volta dell’Europa, mentre Alicia era costretta a restare in ospedale a causa di una polmonite. Si temette molto per lei, in quel momento, ma la leonessa riuscì a recuperarsi in poche settimane, tanto da ritornare alla sua attività e mantenere la direzione del Ballet Nacional de Cuba fino al 19 febbraio di quest’anno, data in cui fu nominata nuova direttrice: Viengsay Valdés. Il 20 marzo 2019 Alicia ricevette a La Habana il premio Estrella del Siglo, conferitogli dall’Instituto Latino de la Música (ILM, fondato a Ciudad de México nel 1921): le cronache registrarono che, a dispetto della fragilità dei suoi 98 (ufficiali) anni, si presentò alla cerimonia tutta vestita di rosso, con grandi occhiali da sole e un fiammante turbante sul capo. Nonostante la mancanza di uno dei sensi che più conforta e aiuta l’artista, Alicia è sempre riuscita a valorizzare e qualificare al meglio ogni forma di danza a cui si accostasse, dalla commedia musicale al numero lirico al balletto classico; è sempre riuscita ad assorbire ogni tipo di tecnica, con uno studio minuzioso e incessante, e naturalmente con una forza di volontà che andava oltre ogni limite umano.

Per capire il “fenomeno Alonso” è anche importante ricordare quanto sia stata internazionale la sua formazione: Alicia analizzò e interiorizzò il metodo russo con i più importanti maestri dell’epoca (emigrati negli Stati Uniti), e poi quello americano. L’eclettismo della studiosa trova corrispondenza perfetta nelle condizioni fisiche della donna: incredibile senso dell’equilibrio, predisposizione al salto, alla batteria, elasticità prodigiosa, e soprattutto – sia detto un’ultima volta – grandissima determinazione. Grazie alla longevità della sua vita professionale poté attraversare più di mezzo secolo di pratica esecutiva, danzando con i migliori ballerini del Novecento: Igor Youskevitch (primo partner dopo il marito Fernando Alonso), Azari Plissetsky, Rudolf Nureyev, Jorge Esquivel, Orlando Salgado, Vladimir Vasiliev, Lienz Chang. Non si è fermata di fronte a nulla e nessuno, neppure di fronte alla completa cecità, che la avvolse nel buio quando aveva soltanto trent’anni (calzò le scarpette a punta per l’ultima volta il 28 novembre 1995, in Farfalla, al Teatro Masini di Faenza, tre settimane prima di compiere 75 anni). Ma com’è possibile per una danzatrice cieca eseguire le pirouettes, finire di fronte al pubblico, saltare e posarsi nel punto esatto, correre e saltare il balancé, memorizzare le coreografie, calcolare lo spazio tra lei e i suoi colleghi, prodursi nei 32 virtuosistici fouettés del Lago dei cigni? Soltanto un essere dotato di straordinario potere fisico e intellettuale è capace di tutto questo, e diventare la “Prima ballerina assoluta”, prima in ogni repertorio e in ogni prestazione; questo spiega il destino di Alicia, che è di trascendere la storia, per entrare appunto nella leggenda.