Milano, Teatro alla Scala, stagione d’opera e balletto 2018/19
“QUARTETT”
Opera in tredici scene – Libretto di Luca Francesconi
Musica di Luca Francesconi
Marquise de Merteuil ALLISON COOK
Vicomte de Valmont ROBIN ADAMS
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Maxime Pascal
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Àlex Ollé – La Fura Dels Baus
ripresa da Patrizia Frini
Scene Alfons Flores
Costumi Lluc Castells
Luci Marco Filibeck
Video Franc Aleu
Realizzazione informatica del suono IRCAM: Serge Lemouton
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 19 ottobre 2019
Debuttato alla Scala nel 2011, su commissione del Teatro stesso, Quartett torna a calcare le scene del Piermarini rinnovando il successo di otto anni fa, forte dello stesso allestimento e dello stesso cast che ne garantirono una prima mondiale di altissimo livello con ampio consenso di pubblico e critica. L’opera di Luca Francesconi è un’incisione profonda fra le pieghe della carne e della mente, tratta dall’omonima pièce postmoderna di Heiner Müller a sua volta ispirata alle note Liaisons Dangereuses di Choderlos de Laclos, pilastro della letteratura libertina francese. Al romanzo epistolare settecentesco possiamo immediatamente ricondurre il nome dei due nobili protagonisti – la Marchesa di Merteuil e il Visconte di Valmont – ma li ritroviamo immersi in un tessuto narrativo stravolto, più intimo, più spietato e secco (e l’incisività della lingua inglese impiegata nel libretto è una scelta vincente in tal senso). Dell’intreccio originale rimane ben poco. Vediamo un uomo e una donna, a nudo, uniti in un meccanismo perverso congegnato da loro stessi per sopravvivere al decadimento del corpo e all’usura del tempo. Un gioco di ingranaggi oliati dal desiderio, dal possesso, dall’istinto cinico, da un vortice di violenza in cui si annulleranno a vicenda: l’uno nella morte, l’altra nella follia. Le altre figure raccontate da Laclos, pedine a turno nelle trame di seduzione perpetrate dai due, qui svaniscono fisicamente per reincarnarsi nella sola fantasia dei due amanti. In uno scambio intermittente di ruoli e personalità, i carnefici immaginano ora di impersonare le loro vittime, ora di identificarsi l’uno nell’altra e viceversa, in un ineluttabile gioco di specchi. Da qui il titolo Quartett, nonostante i protagonisti siano solo due, interpretati magistralmente da Allison Cook e Robin Adams. Li vediamo annientarsi sul palco, come su un ring, in un’intensa prova attoriale perfettamente calibrata tra erotismo e disperazione, volutamente sfacciata ma mai caricaturale. Nessuna riserva nemmeno sul piano vocale, a dispetto di una partitura insidiosa: la Marquise, aldilà del frequente declamato, è chiamata a coprire un’estensione esageratamente ampia gestita senza problemi dal mezzosoprano scozzese, incisiva dai centri pastosi ai guizzi taglienti in acuto; non è da meno la voce baritonale di Valmont, con una linea di canto uniforme sempre ben proiettata e arricchita da morbidissimi falsetti, funzionali al ripetuto switch di personalità con la Merteuil.Ma come e dove si può svolgere questo massacro a due? L’allestimento originale del 2011, firmato da Àlex Ollé (La Fura Dels Baus) e ripreso oggi da Patrizia Frini, è sicuramente una risposta valida nella sua significativa astrazione, peraltro strettamente in linea – come vedremo – con la struttura musicale dell’opera. La scena disegnata da Alfons Flores non è altro che una rappresentazione del limite, in un gioco di spazi e contrasti elegante ed essenziale (così come i costumi di Lluc Castells e le luci di Marco Filibeck). I protagonisti sono intrappolati in un opprimente parallepipedo sospeso nel vuoto che delimita due spazi fondamentali e simbolici: un interno (IN, nella partitura), la prigione emozionale dove Valmont e la Marquise si sono rinchiusi e dalla quale sembra impossibile evadere, uno spazio fisico fatto di claustrofobia e frustrazione; un esterno (OUTSIDE), lo spazio puramente mentale in cui evadere proiettando speranze e rimpianti, fantasie, paure e desideri inespressi. Queste proiezioni mentali si sostanziano visivamente tutt’intorno alla cella nei suggestivi video realizzati da Franc Aleu. Liti, allusioni erotiche e immagini visionarie si alternano alla ripresa di elementi naturali – mari, cieli, tempeste – che delineano un terzo spazio, l’OUT: il mondo esterno, il cosmo, il tutto che ci avvolge e ci rende piccoli e impotenti. Questi tre universi rappresentati in scena, concatenati e in comunicazione tra loro, trovano perfetta corrispondenza nella struttura musicale dell’opera.Con compostezza alternata a veemenza pulsante quando necessario, il giovane direttore francese Maxime Pascal dirige un’Orchestra del Teatro Alla Scala divisa insolitamente in due formazioni: una cameristica in buca che dà voce allo spazio IN e una ben più corposa nel retropalco, voce dell’OUT e dell’OUTSIDE. Insieme al Coro – diretto da Bruno Casoni – quest’ultima raggiunge lo spettatore con sistemi di amplificazione e rielaborazione digitale a cura di Serge Lemouton (IRCAM), dando ripetutamente vita a un particolarissimo effetto di straniamento all’ascolto e multidimensionalità.Al calare del sipario su uno spettacolo tanto giovane quanto grande, il pubblico ha tributato un nuovo meritato successo al compositore – presente in sala – aggiungendo meritate ovazioni per i solisti. Una speranza per l’opera contemporanea? Foto Rudy Amisano