Venezia, Scuola Grande di San Giovanni Evangelista: “Belle Époque” con il Quatuor Tchalik

Venezia, Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, Festival “Reynaldo Hahn, dalla Belle Époque agli ‘anni ruggenti’”, 21 Settembre-26 Ottobre 2019
BELLE ÉPOQUE”
Quatuor Tchalik
Violini Gabriel Tchalik, Louise Tchalik
Viola Sarah Tchalik
Violoncello Marc Tchalik
(Pianoforte Dania Tchalik)

Reynaldo Hahn: Romance pour violon et piano en la majeur; Quatuor à cordes n° 2 en fa majeur; Quintette pour piano et cordes en fa dièse mineur
Venezia 21 settembre 2019
In apertura della sua undicesima stagione veneziana, il Palazzetto Bru Zane dedica il tradizionale festival d’autunno a Reynaldo Hahn e ai generi musicali francesi in voga dalla fine del XIX secolo fino agli “anni ruggenti”. Il musicista venezuelano, naturalizzato francese, costituisce un soggetto di studio assolutamente congeniale al Palazzetto Bru Zane, che ha nel suo DNA la vocazione alla riscoperta di autori, opere e generi musicali poco frequentati. Mai scomparso dai manuali di storia della musica, Hahn è legato a partiture celeberrime come Ciboulette, L’Heure exquise e “Si mes vers avaient des ailes”, inoltre fu tra gli amici di eminenti personalità come Proust e Arletty. Nondimeno fu vittima di un tenace ostracismo. La sua colpa? Avere allietato i salotti parigini della Belle Époque con le sue seducenti mélodies – peraltro nemmeno apprezzate nella giusta misura, se si considera la loro varietà e profondità –, come se avesse composto solo quelle. Invece, non è un’esagerazione dire che nel catalogo di questo artista si trova di tutto. “Traghettatore del secolo” – al pari di Fauré o Messager –, erede di Gounod, ma anche proiettato verso la modernità – rappresentata, tra l’altro, dalla commedia musicale –, Hahn coltivò il balletto, l’operetta, il concerto, la mélodie, l’opera, la musica da camera e quella per pianoforte.
Presentando tre lavori, composti a una ventina d’anni di distanza l’uno dall’altro, questo concerto ripercorre l’evoluzione di Reynaldo Hahn nell’ambito della sua produzione da camera: dalla romanza per violino e pianoforte – una forma relativamente semplice – fino a generi più impegnativi, come il quintetto con pianoforte e soprattutto il quartetto d’archi, che imponevano il confronto con i grandi modelli francesi: Franck e Fauré. Ad eseguirli era il giovane quanto solidamente preparato Quartetto Tchalik, formato da due fratelli e due sorelle di origine franco-russa, cui si è unita la sorella Dania, al pianoforte.
Reynaldo Hahn compone la sua Romanza in la maggiore per violino e pianoforte – dedicata a Gaspar Marcano, medico ed etnologo venezuelano residente a Parigi – nel 1902, lo stesso anno in cui porta a termine La Carmélite, rappresentata all’Opéra Comique qualche giorno dopo Pelléas et Mélisande di Debussy. Il titolo sembra rimandare alle Romances sans paroles di Mendelssohn – fonte d’ispirazione ricorrente del compositore –, ma anche all’Opéra Comique di fine Settecento, da cui Hahn era particolarmente affascinato: la romanza del Richard Cœur de Lion di Grétry era da lui ritenuta “tra le cose più belle della musica”. La delicatezza e la fantasia nello sviluppo, che contraddistinguono il pezzo hanno trovato pieno riconoscimento nel gesto esecutivo dei due interpreti: enunciata e ripetuta dal violino con seducente spontaneità ed elegante lirismo – mentre il pianoforte proponeva un accompagnamento pressoché immutabile – l’arabescata melodia ha ipnotizzato la platea, pur nell’intensificarsi del dialogo tra gli strumenti.
Passando al Secondo quartetto per archi, Hahn scrisse per questa formazione, che in passato aveva ritenuto “incompleta” per l’assenza del pianoforte, solo alla fine della sua vita, contribuendo con due lavori al rinnovamento, in ambito francese, del genere quartettistico. Composto, durante l’occupazione, dal musicista esule a Tolone e poi a Monte-Carlo, il Quartetto per archi n. 2 in fa maggiore fu pubblicato nel 1946, ma registrato per la prima volta, dal Quatuor Parisii, solo nel 1999. Impeccabile per bel suono, affiatamento, sensibilità interpretativa la prestazione dei fratelli Tchalik – che sono avvezzi a suonare insieme fin dall’infanzia – nell’esecuzione di questo pezzo dalle dimensioni cospicue – che fanno pensare a Franck –, in cui si coglie la ricerca di unità, unita all’economia dei mezzi espressivi, che caratterizza i movimenti nel loro insieme.
Composto nel 1921, ed eseguito per la prima volta nel novembre 1922 alla Salle Gaveau, il Quintetto per pianoforte e archi in fa diesis minore era il pezzo cameristico di Reynaldo Hahn più ricorrente nelle sale da concerto, insieme alla Sonata per violino, vivente l’autore. Si tratta di una partitura tanto solidamente strutturata quanto affascinante, che mantiene vivo lo spirito della Belle Époque, lungi dalle nuove estetiche propugnate dai compositori più giovane. L’incanto melodico, la finezza delle modulazioni, la fluidità del tessuto musicale, che rendono questo quintetto affine all’universo sonoro di Fauré – autore di due lavori per questo stesso organico – hanno avuto totale realizzazione, grazie alla padronanza tecnica, al gusto raffinato, al perfetto insieme del Quartetto Tchalik: dall’assai vigoroso Molto agitato e con fuoco, basato su un incisivo tema ascendente, all’Andante, tutto lirismo e rêverie, non senza un certo contenuto dolore, all’Allegretto grazioso, in cui ricompare il tema ascendente del primo movimento, in forma di irresistibile ritornello – segno che, al di là della piacevolezza esteriore, questa partitura presenta notevoli ambizioni formali. Entusiastico successo.