Palermo, Teatro Massimo, Stagione d’opera 2019
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Melodramma buffo in due atti, Libretto di Cesare Sterbini.
Musica di Gioacchino Rossini
Il conte d’Almaviva LEVY SEKGAPANE
Don Bartolo MARCO FILIPPO ROMANO
Rosina CHIARA AMARÙ
Figaro VINCENZO TAORMINA
Don Basilio CARLO LEPORE
Berta PIERA BIVONA
Fiorello TOMMASO BAREA
Un ufficiale ANTONIO BARBAGALLO
Ambrogio ALBERTO DOMENICO MASTROMARINO
Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Direttore Gianluca Capuano
Maestro del Coro Ciro Visco
Maestro al fortepiano Giacomo Gati
Regia e ideazione Pier Francesco Maestrini
Animazione e ideazione di Joshua Held
Costumi Luca Dall’Alpi
Luci Bruno Ciulli
Allestimento della Fondazione Arena di Veron
Palermo, 22 Settembre, 2019
“Divertente”. Questa è la caratterizzazione più intima de Il barbiere di Siviglia nell’allestimento della Fondazione Arena di Verona andato in scena al Teatro Massimo di Palermo. Con la regia e l’ideazione di Pier Francesco Maestrini, l’animazione e l’ideazione di Joshua Held, il Barbiere è stato un ilare spettacolo multimediale che, pur con eccessi, ha conquistato la simpatia degli spettatori. La scenografia è costituita da un grande schermo ove vengono proettati dei cartoon, disegnati da Held, che scandiscono uno storytelling. Un Rossini panciutissimo e pacioso, steso a letto e nel pieno del cimento compositivo, prende improvvisamente sonno e inizia a sognare. Il varco fra il sogno e la scena è una fenditura al centro dello schermo, passaggio continuo fra “dramma” e disegno. Ne risulta però che lo spettacolo, perennemmente “sopra le righe”, cade nello stereotipo più rozzo di rendere il Rossini “buffo”.
Come accennato, i cartoon non lesinano affatto ironia, anche pungente, e richiamano nel contorno della storia addirittura i grandi compositori, Verdi e Puccini, e i grandi interpreti, come Pavarotti. Se l’ironia è il fil rouge dell’allestimento, molto apprezzata in sala – fede ne siano le frequenti risate degli spettatori, non vanno sottaciuti gli eccessi: tra i molti, segnaliamo certi effetti sonori dei cartoon che hanno talvolta disturbato la musica e l’esagerata forzatura sul libretto (con le sconvenienti inflessioni dialettali), operata al solo scopo di creare il colpo di teatro. Cilegina sulla torta: il cambio del nome di don Alonso in “Pavarotto”….Trovata quanto mai infelice. Sulla rappresentazione del Rossini dal ventre trionfale si giuoca l’intera estetica degli eccessivi costumi “boteriani”, curati da Luca Dall’Alpi. Coloratissimi personaggi dal ventre posticcio e spropositato (come se, nel sogno, tutte le parti fossero interpretate da Rossini) attraversano la scena in sincronia con l’animazione retrostante. Accurate e brillanti le luci curate da Bruno Ciulli. L’orchestra guidata da Gianluca Capuano ha rispettato i tempi rossiniani tranne nei momenti in cui ha dovuto flettersi alle esigenze vocali degli interpreti, il coro molto gradevole ha ben figurato nei suoi pochi interventi rispettando la scrittura rossiniana. Al fortepiano, il Maestro Giacomo Gati, ha restituito appieno la sonorità della propria parte.
il Figaro di Vincenzo Taormina, complessivamente brillante (anche lui vittima degli eccessi registici), non ha però brillato molto nelle colorature poco fluide per il tipo di canto richiesto da Rossini, peccato perché la sua voce è molto adatta ad un altro tipo di repertorio più serio dove la sua vocalità sicura svetta e si fa apprezzare molto di più. Levy Sekgapane ha cantato il conte d’Almaviva con voce chiara, di modesto volume, appena corretta nelle agilità, sufficientemente squillante in acuto. Siamo piuttosto lontani lontano dall’idea rossiniana del personaggio nobilmente eroico. La Rosina di Chiara Amarù (involgarita dalla regia) si è distinta per una vocalità di discreto volume e per un ottimo approccio al canto d’agilità. Spiccano Carlo Lepore (Basilio), dall’ottima vocalità ben messa e con un gran bel volume rendeva il personaggio abbastanza credibile e sicuro in tutta la gamma dei suoni, e quella di Marco Filippo Romano che vocalmente sembra essere quello più a suo agio in questo tipo di repertorio e disegnava un Bartolo preciso in ogni sfumatura, anche lui con un gran bel volume di voce tipico dei veri belcantisti. Anche la sua prova veniva inficiata da eccessi caricaturali.
La Berta di Piera Bivona appariva poco gradevole e poco convincente a causa di un vibrato continuo che rendeva poco accattivante il suo canto. Tommaso Barea (Fiorello) ci è parso preciso e puntuale nei suoi interventi e rendeva abbastanza credibile il personaggio, l’ufficiale incarnato da Antonio Barbagallo ha espresso una vocalità sicura e squillante e si è imposto con autorità scenica. Poco o nulla da dire per quel che riguarda il personaggio muto di Ambrogio interpretato da Alberto Domenico Mastromarino.Foto Rosellina Garbo