Intervista al pianista Francesco Piemontesi

Francesco Piemontesi Photo: Marco Borggreve

La nostra intervista al talentuoso pianista svizzero-italiano Francesco Piemontesi in occasione dell’uscita del suo ultimo cd dedicato a Franz Schubert (edito da Pentatone)
Maestro Piemontesi, può raccontarci come è nata la sua passione per la musica?
Pensi che nemmeno me lo ricordo; dev’essere sempre stata dentro di me. I miei genitori mi raccontano ancora oggi che già a due anni prendevo in mano dei sassolini e li picchiavo contro qualsiasi oggetto per farlo suonare. La ricerca del suono è sicuramente nata da quegli esperimenti. E non ho mai avuto un momento in cui la passione è venuta meno. Pensandoci, forse potrei descriverla come la mia propria forza gravitazionale, sempre presente in qualsiasi situazione della mia vita.

…e per il pianoforte?
Dopo alcune lezioni di violino a tre anni chiesi all’insegnante di provare a schiacciare qualche tasto sul pianoforte che stava accanto. E pianoforte fu…
Lei vanta un’intensa attività concertistica in tutto il mondo. C’è un’opera o un autore che ama particolarmente eseguire?
Devo dire che le mie preferenze, le mie passioni sono mutate col tempo. Anzi, a volte, cambiano di giorno in giorno. Schubert è forse il compositore al quale mi sento più vicino. Ma anche Mozart, Liszt, Debussy, Messiaen… Recentemente ho scoperto “Traettoria” di Marco Stroppa, una vera meraviglia!
Tra tutti i suoi concerti ce n’è uno al quale è rimasto particolarmente legato dal punto di vista emotivo? Se sì, perché?
L’esecuzione del Quintetto di Brahms con il Quartetto Emerson a Ginevra. La prova fu cortissima e praticamente senza parole; ci parlavamo solamente tramite la musica. Ricordo ancora perfettamente la sonorità magica nel secondo movimento e l’energia quasi insostenibile che si creò nell’ultimo tempo. Un’altra esperienza indimenticabile fu la prima volta con l’Orchestra di Cleveland: che senso della tradizione ma allo stesso tempo che perfezione a tutti i livelli!
Ci può descrivere la sua giornata normale? Quante ore di tempo dedica allo studio?
Difficile rispondere a questa domanda: tutto dipende dalla quantità di repertorio che devo suonare nelle settimane successive. Per semplificare: quando sono a casa, lavoro 4-5 ore al giorno, ma non tutte al pianoforte. Nei giorni in cui ho un concerto di sera suono il meno possibile, al massimo 2 ore per non stancarmi troppo ed essere fresco e riposato durante l’esecuzione serale.
C’è un compositore la cui musica sente lontana dal suo modo di sentire?
Ho sempre suonato poca musica di Chopin: un linguaggio che parlo con un accento e che non è mai stato molto vicino alla mia sensibilità.
Veniamo ai Cd pubblicati di recente. Quali aspetti delle ultime sonate di Schubert ha preferito evidenziare nella sua interpretazione?
Impossibile rispondere esattamente a questa domanda: non voglio né evidenziare degli aspetti né dare al pubblico una particolare chiave interpretativa. Il disco è il risultato di 10 anni di lavoro nei quali ho suonato questi brani una cinquantina di volte. Ho cambiato molte volte idea sui tempi, sull’espressione, sulla sonorità ma alla fine credo di aver trovato una bella intesa con tutti questi aspetti. Circa un anno prima delle registrazioni ho cominciato a sentire che molte cose venivano da sé e non dovevo più sforzarmi a realizzarle. È stata una bellissima sensazione e ho subito deciso di contattare la casa discografica e di fissare le date per la registrazione.
In questi anni in cui ha eseguito spesso le sonate, il suo approccio interpretativo è maturato e se sì, in  cosa?
L’interpretazione cambia anche senza volerlo, molto probabilmente perché noi cambiamo costantemente. Recentemente ho ascoltato alcune mie incisioni di brani che non ho praticamente più suonato dopo la seduta di registrazione: in molti casi rifarei tutto diversamente. Ciò non significa che non mi riconosco in queste registrazioni, ma non sono più la persona di 10 anni fa.
E per quanto riguarda i due Cd di Liszt?
Anche qui, i brani in questione mi hanno accompagnato per molto tempo. Grazie alla Radiotelevisione Svizzera ho anche avuto la fortuna di visitare i luoghi del pellegrinaggio Lisztiano durante le riprese per il documentario: una vera fonte di ispirazione per la registrazione delle due Années. Anche Alfred Brendel mi è stato di grande aiuto, il suo approccio mi ha molto convinto ed è stato emozionante trascorrere diverse giornate con lui lavorando su questi brani. Infine, le registrazioni della DECCA di Wilhelm Kempff mi hanno molto ispirato per la loro sonorità magica e poetica.
Andando sul personale, che rapporto ha con la spiritualità?
Credo che ogni artista abbia un rapporto molto forte con la spiritualità. Non sono religioso ma durante il mio lavoro quotidiano e nella vita cerco sempre di andare oltre la comprensione intellettuale, di cercare la spiritualità nella musica e nella natura. D’altro canto alcuni capolavori come la messa in Si Minore di Bach o il Quartetto di Messiaen non sono (almeno per quanto mi riguarda) nemmeno più concepibili senza cominciare a parlare di spiritualità: il livello è tale per cui una spiegazione materiale non ti illuminerà mai sul come sono stati creati certi miracoli musicali.
La  situazione più rilassante?
Le lunghe passeggiati in montagna.
È molto spesso fuori casa per lavoro. C’è qualcosa che le manca della sua casa, quando è lontano?
Certo, il mio pianoforte – che anni fa apparteneva al grande pianista Witold Malcuzynski – i miei libri, ma soprattutto il silenzio.
C’è qualcosa che le manca in generale nella sua vita?
Il tempo! Vorrei avere più spazio per dedicarmi ad altre attività; spero di potermi ritagliare più spazi liberi in futuro.
Si ricorda del primo disco da lei acquistato?
I dischi della Vox con Abbey Simon al pianoforte: ad esempio l’integrale dei concerti di Rachmaninoff, un’incisione che ritengo ancora oggi a livelli insuperati.
Ha un sogno nel cassetto, dal punto di vista professionale, che le piacerebbe realizzare?
Comporre un brano che non cestini il giorno seguente… Scherzi a parte sono contentissimo della mia attività, delle orchestre e dei partner con cui suono. Ho fatto della mia passione la mia professione, cosa potrei chiedere di più?
Prossimi impegni importanti?
Il mio debutto con la più famosa orchestra americana, ma di questo non posso ancora parlare. La stagione verrà pubblicata fra qualche mese. Photo Marco Borggreve & Marco Borrelli