Città di Castello, Teatro degli Illuminati – 52° Festival delle Nazioni
“TURANDOT.COM”
Fiaba futuribile
Musica, libretto e regia del suono di Raffaele Sargenti
Prima esecuzione assoluta, commissione del Festival delle Nazioni
Liù, studentessa di Coding CHIARA FRANCESCHELLI
Calaf, giovane gamer TOMMASO COSTARELLI
Timur, nonno di Calaf DIEGO SAVINI
Opera/Venditore online/Voce Imperial Game VERONICA MARINELLI
Ensamble da camera di Città di Castello
Coro di voci bianche dell’Associazione Octava Aurea e
dell’Istituto Comprensivo Alberto Burri di Trestina
Direttore Mario Cecchetti
Regia, scene e costumi Tony Contartese
Città di Castello, 4 settembre 2019
Il Festival delle Nazioni in corso è tutto dedicato alla Cina e alla sua musica. L’accostamento può condurre in molte direzioni, tutte ben sondate dal programma degli eventi, che avranno termine sabato 7 settembre: la musica tradizionale, con le sue sonorità affascinanti e le melodie basate sulle scale pentatoniche, l’incontro di due mondi nella musica liturgica elaborata dai missionari di culto cattolico in Cina, l’interessante lavoro di compositori cinesi contemporanei, il contributo massiccio dato in ambito lirico, cameristico e sinfonico da strumentisti, direttori e cantanti di alto rango, provenienti dalla Cina.
Ma la prima scintilla che scaturisce dall’associazione di idee musica-Cina, credo sia per quasi tutti Turandot, il più ‘cinese’ tra i capolavori noti e popolari nel mondo, benché scritto da un italiano che in Cina non aveva mai messo piede. Puccini tuttavia si era accuratamente documentato, come sempre usava fare, rielaborando il materiale raccolto da insuperabile ‘pittore’ di ambientazioni, per dare vita a una Cina fiabesca, remota nello spazio e nel tempo, un luogo affascinante e terribile, con due anime, una raffinata, scintillante di ori e sete e una barbarica, mai sazia di torture, fiotti di sangue e teste mozzate.
Da questo riferimento imprescindibile, nasce dalla fantasia di Raffaele Sargenti, compositore esperto in didattica musicale per i più piccoli, Turandot.com, un lavoro fresco, divertente, di grande interesse e piacevolezza, tra l’operina da camera, il singspiel e il musical, che fonde la musica elettronica con i suoni di un piccolo ensemble classico, attraversando stili diversi, con un passo teatrale serrato che si distende in momenti più lirici e cantabili senza cadute di tensione, creando un’atmosfera coinvolgente e ipnotica. Siamo infatti in un futuro vagamente distopico, tra adolescenti bombardati da stimoli rapidissimi in un mondo in cui tutto avviene online, l’identità di ciascuno è data dalle sue ‘gesta’ multimediali, la reputazione è misurata in migliaia di like. Gli esseri umani esistono solo nella dimensione virtuale e gli enti virtuali sono umanizzati: Turandot non è infatti una donna, ma un’entità suprema del web, il server che conosce e filtra i dati di tutti e, come la capricciosa principessa pucciniana, tutto può dare o togliere, visibilità, gloria, ricchezza, connessione. Essere disconnessi equivale alla pena capitale: chi non è online perde tutto, forse anche la vita, dal momento che cibo e medicine si acquistano via internet. Calaf è un quattordicenne, campione mondiale di giochi online; Liù è una studentessa di coding, alle prese con la costruzione del suo blog. Nell’estremizzazione di una situazione relazionale ed esistenziale che già comincia a profilarsi ai nostri giorni, non c’è però pessimismo o tristezza, perché tutto è filtrato attraverso l’entusiasmo dei giovanissimi, che non conoscono una vita diversa; solo il vecchio Timur, nonno di Calaf, veterano informatico, rimpiange i primi anni Duemila, i tempi in cui ogni tanto si chattava, ma poi ci si incontrava di persona.
Gli eventi seguono la trama della Turandot pucciniana, con ironia e humour, portando tutto su un piano futuristico-virtuale: Calaf è un divo per tutti i ragazzi e Liù se ne innamora perché lui, una volta, dal monitor le ha sorriso; Turandot propone una gara informatica, chi la vincerà avrà gloria planetaria, ma chi tenta e non vince sarà disconnesso in eterno. Calaf è sicuro della sua bravura e, baldanzoso, decide di partecipare, ignorando i tentativi di Liù di contattarlo, preso com’è dall’euforia della sfida; risolve gli enigmi, ma quando sta per riscuotere la ricompensa in milioni di like, scopre che la gara era un fake, uno scherzo organizzato da Liù per ottenere la sua attenzione. Calaf ovviamente è colpito e cede: andranno insieme, in carne ed ossa, a fare una passeggiata romantica sulla luna, dove “specialmente la sera, c’è la giusta atmosfera”, come due innamorati “veri” e non virtuali. In tutto questo, il coro dei bambini – deliziosi, intonati e puliti nel canto, spigliati nell’azione – impersona la massa dei followers che seguono incollati agli smartphone la vicenda e commentano, incoraggiano, esultano.
La musica cita molti frammenti di Puccini e li sviluppa, li corrode, li destruttura, li trasforma con diversi stili e linguaggi per poi liberarsene e procedere autonomamente, suggerendo la concitazione del mondo informatico, con popup che si aprono, gingles, suonerie, avvisi, rumore di fondo; appaiono citazioni sonore di videogiochi simpaticamente retrò, ma anche una vena melodica lineare e accattivante nei micro-ariosi e nei cori dei bambini. Tutto appare cucito con lievità e sapienza, è uno spettacolo breve, di circa un’ora, che lascia sorridenti e soddisfatti.L’esecuzione è di buon livello: gli interpreti, che devono recitare e cantare – con microfono e amplificazione – hanno mezzi funzionali ai ruoli di moderato impegno vocale, nei quali entrano con partecipazione e professionalità; l’ensemble strumentale (archi, flauto, clarinetto, percussioni e pianoforte) è invece alle prese con una partitura non semplice, che esegue con ottima tenuta, sotto la direzione vigorosa e precisa di Mario Cecchetti. Scene e costumi tentano la strada della massima resa con la minima spesa e il buon gusto e la fantasia di Tony Contartese, anche regista dello spettacolo, vincono la sfida a testa alta, con pochissimi semplici elementi e molte trovate divertenti, una recitazione dai tocchi surreali, movimenti di masse efficaci e ben eseguiti dal coro di voci bianche, valoroso come si è detto. Ma al di là di questa esecuzione, mi sembra da sottolineare il valore del progetto, per la possibilità di offrire uno spettacolo di qualità che coinvolge nella sua realizzazione giovani e giovanissimi e li avvicina, in modo serio e giocoso insieme, al mondo del teatro d’Opera e della musica dei ‘grandi’; per questo sarebbe bello che Turandot.com andasse ancora in scena in altre occasioni.
Immancabilmente calorosa è l’accoglienza del pubblico, che riempie la sala e applaude con entusiasmo tutti gli artefici e gli interpreti. Foto Monica Ramaccioni