Ruggero Leoncavallo (1858 – 1919) 100: “Zazà” (1900)

A 100 anni dalla morte.
Protagonista dell’opera successiva, Zazà, è una cantante di caffè-concerto con alle spalle un’infanzia molto triste e senza affetti. Pur legata ancora al modello verista, l’opera si avvicina al crepuscolarismo per il dramma vissuto interiormente dalla protagonista. Nel 1899 a Leoncavallo balenò in mente la prima idea di mettere in musica l’omonima commedia di Pierre Berton e Charles Simon, anche se certo influirono nella sua scelta la frequentazione dei caffè-concerto e la vita da bohèmienne che condusse a Parigi tra il 1882 e il 1886; questo spiegherebbe, infatti, la perfezione nella descrizione dei luoghi e della vita che vi si svolgeva alla quale adeguò la sua musica che, pur essendo a volte enfatica, nel complesso tratteggia con grande verismo soprattutto i caratteri dei personaggi. Tutta l’opera gravita attorno al personaggio di Zazà, una donna, capace non solo di forti passioni, che la portano a mettere a rischio la sua vita sentimentale e la sua carriera di cantante all’Alcazar, ma anche notevoli contraddizioni che sono causa della sua sconfitta soprattutto quando si trova di fronte alla purezza e alla semplicità di una famiglia perfetta; questa sconfitta è realizzata musicalmente con un’Ave Maria e con il canto della piccola Totò.
L’opera andò in scena al Teatro Lirico di Milano il 16 novembre 1900 diretta da Arturo Toscanini con Rosina Storchio ed Edoardo Garbin suscitando scarso entusiasmo da parte del pubblico che, tuttavia, come evidenziato dalle cronache del tempo, mostrò di apprezzare maggiormente il terzo e il quarto atto. In seguito, considerata un capolavoro, ha visssuto il suo riscatto con varie registrazioni, ma all’estero non ha raggiunto mai il successo dei Pagliacci.

Atto primo. Nel retro del palco del caffè Alcazar a Saint-Étienne si aggirano artisti, giornalisti e camerieri affannati a soddisfare le richieste del numeroso pubblico. Dopo l’esibizione della cantante Floriana che esegue un’aria gioiosa, sul palco sale la star del caffè, Zazà, capace di sedurre tutti con la sua aria zingaresca-bohèmienne. L’artista intona una triste canzone nella quale ricorda la sua infanzia vissuta nell’abbandono del padre e costretta a prendersi cura della madre alcolizzata. La donna è innamorata di Milio il quale, dopo tante incertezze dovute al mistero che la circonda, alla fine cede alle sue numerose astuzie.
Atto secondo. Milio, molto rattristato, comunica a Zazà che deve assentarsi per quattro mesi per un viaggio di lavoro a Parigi da cui poi dovrà recarsi negli Stati Uniti. Intanto Zazà è felice perché dopo tre mesi la sua relazione con Milio è più salda che mai e non sa che presto la sua felicità sarebbe stata compromessa. L’idillio finisce, infatti, a causa di Cascart, un cantante e suo partner molto innamorato di lei, il quale le insinua il sospetto che Milio possa avere una relazione con un’altra donna a Parigi. Zazà parte allora per Parigi accompagnata dalla sua cameriera.
Atto terzo. Milio è molto infelice perché presto avrebbe lasciato Zazà per sempre dovendo recarsi negli Stati Uniti. Intanto, durante l’assenza di Milio, giunge a casa sua Zazà la quale, mentre attende in salotto, scorge una lettera il cui contenuto le dà la conferma che Cascart ha detto il vero, in quanto l’uomo da lei amato è addirittura sposato. La situazione si fa più tragica quando Zazà conosce Totò, la graziosa e dolce figlia di Milio, che al pianoforte suona per lei un’Ave Maria. La donna, allora, ricordando l’indicibile dolore provato per essere stata abbandonata dal padre, decide di risparmiare tutto ciò alla dolce bambina che abbraccia prima di fuggire dalla casa, mentre la moglie osserva incredula la scena.
Atto quarto. Zazà è tornata all’Alcazar e attende Milio il quale le aveva promesso che sarebbe venuto a salutarla prima di partire per gli Stati Uniti. Al suo arrivo Zazà gli dice di aver scoperto il suo matrimonio e di aver conosciuto Totò confessandogli anche di aver svelato alla moglie la sua relazione con lui. A questa confessione Milio, furibondo e terrorizzato al pensiero di aver perso la sua famiglia, la getta a terra e la insulta. A questo punto Zazà gli dice di non aver rivelato niente alla moglie, per cui egli può tornare tranquillamente dalla sua famiglia che lo aspetta con ansia. Milio, tranquillizzato, parte lasciando Zazà a piangere per quest’altro abbandono.
Il primo atto è il più riuscito dal punto di vista drammaturgico a partire dalla novità di ambientarlo nel retroscena di un caffè-concerto, mentre la lacerante scrittura vocale che contraddistingueva il celebre brano di Canio, Vesti la giubba, ritorna in pagine come l’aria di Milio, Mai più Zazà del terzo atto, o come quella di Zazà Tu non mi amavi più del duetto finale.