Pesaro, Vitrifrigo Arena, Rossini Opera Festival 2019, XL Edizione
“GALA ROF XL”
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Coro del Teatro Ventidio Basso
Direttore Carlo Rizzi
Maestro del Coro Giovanni Farina
Interpreti Nicola Alaimo, Paolo Bordogna, Lawrence Brownlee, Carlo Cigni, Juan Diego Flórez, Ruzil Gatin, Valeria Girardello, Anna Goryachova, Alessandro Luciano, Angela Meade, Claudia Muschio, Michele Pertusi, Franco Vassallo
Gioachino Rossini: brani da Il barbiere di Siviglia, Il viaggio a Reims, La Cenerentola, L’Italiana in Algeri, Ermione, Guillaume Tell
Pesaro, 21 agosto 2019
«Tout change et grandit en ces lieux». Il Coro finale del Guillaume Tell conclude il programma della serata di gala celebrativa dei quarant’anni del Rossini Opera Festival, e con buona ragione risuonano le parole della grandezza e della libertà. Applicate all’arte del teatro musicale, ma anche alla rinnovata tradizione di studi critici su Rossini, esse e la loro musica sembrano festeggiare il lavoro della Fondazione pesarese, gli artisti impegnati nel corso di tante stagioni e anche un pubblico sempre più internazionale e fedele, che segue il festival da decenni. Storie e predilezioni si riflettono nelle due parti del programma, la prima dedicata al Rossini dei drammi giocosi o a lieto fine, quel Rossini falsamente creduto “popolare”, che tutti si illudevano di conoscere bene, ma che proprio il ROF ha permesso di riscoprire (o di scoprire per la prima volta): dalla sinfonia del Barbiere di Siviglia fino al concertato del finale I dell’Italiana in Algeri, attraverso Il viaggio a Reims e La Cenerentola, è una magnifica sequenza di momenti comici o lirici, che entusiasmano il pubblico sin dall’inizio. Nella seconda parte i titoli prescelti sono soltanto due, ma estremamente allusivi a importanti produzioni del ROF, come quelle relative a Ermione e Guillaume Tell. In effetti, ogni brano delle diverse opere richiama alla memoria degli spettatori le molte realizzazioni che si sono avvicendate, all’interno di un catalogo ormai chiuso, ma le cui varianti non cessano di presentare sorprese e rivelare nuovi percorsi di vita teatrale. È la formula prediletta del ROF, quella di tornare su titoli già conosciuti, ma con prospettive di ricerca innovative, spesso basate sulla scoperta di nuove fonti. Una formula che di anno in anno si applica anche alla selezione degli artisti scritturati, tra cui si alternano grandi specialisti, professionisti che vantano una gloriosa carriera e giovani cantanti, pianisti, direttori d’orchestra, registi e scenografi che transitano dall’Accademia Rossiniana al palcoscenico. Il Gala per i quarant’anni vive del canto di alcuni protagonisti della storia del ROF, come Michele Pertusi (che vi debuttò come Assur nella Semiramide del 1992) e Juan Diego Flórez (il tenore protagonista del secondo ventennio del festival), coinvolgendo grandi nomi di prestigio internazionale, per la prima volta ospiti a Pesaro, come Angela Meade e Franco Vassallo. Un concerto celebrativo è una festa sia per gli artisti sia per il pubblico, cui non si addicono i criteri di valutazione che si applicano a un’opera completa o un recital. Ma siccome l’apprezzamento e la partecipazione del pubblico possono anche essere superiori rispetto ad altre occasioni, è doveroso citare i momenti salienti della serata e i meriti vocali più interessanti. Tratto di coerenza stilistica è conferito a tutti i brani dalla direzione di Carlo Rizzi, alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Rizzi è un protagonista della “Rossini Renaissance” nel mondo, non soltanto a Pesaro (ma come non ricordare, qui, le sue galvanizzanti direzioni di La Cenerentola nel 1998 e 2000, o La pietra del paragone nel 2002, o ancora di Semiramide del 2003?); anche stasera il ritmo è sempre trascinante, come netta è la dimensione sinfonica della scrittura rossiniana. Magnifico riascoltare Lawrence Bronwlee in «Cessa di più resistere» dal Barbiere di Siviglia: è da sperare che questo tenore americano (“Male Singer of the Year” 2017) ritorni presto al ROF in un ruolo protagonistico che valorizzi la nobiltà e precisione della sua linea di canto; il pubblico gli tributa una delle ovazioni più intense. «Sia qualunque delle figlie», da La Cenerentola, cantato da Nicola Alaimo, è il momento di comicità più irresistibile, grazie alla verve, l’inventiva, il buon gusto e l’innato spirito di un autentico basso buffo rossiniano. Juan Diego Flórez si misura sia con un’aria tipica del suo repertorio, «Sì, ritrovarla io giuro», ancora da La Cenerentola, sia con una grande scena dell’ultimo Rossini, «Asile héréditaire» da Guillaume Tell: in entrambi i casi è un trionfo di emozione, di gioia e di ammirazione, un po’ perché Flórez canta sempre benissimo, un po’ perché quando risuonano i suoi inconfondibili acuti o le sue portentose messe di voce ogni spettatore del ROF vive un momento di estasi, parendogli di assaporare il meglio di due secoli di storia delle esecuzioni rossiniane, un po’ perché – in definitiva – se a Pesaro c’è un cantante comunicativo, generoso, adorato sinceramente dal pubblico, quello è proprio il tenore peruviano che rivitalizzò numerosi titoli negli ultimi vent’anni del festival (fino al Ricciardo e Zoraide dell’anno scorso). È commovente rivedere insieme Pertusi e Flórez nel duetto «Où vas-tu? quel transport t’agite», sempre dal Tell: grandi scuole rossiniane unite dall’accuratezza del fraseggio e dall’interpretazione della scrittura musicale. Ma il successo personale più marcato e fragoroso è per l’americana Angela Meade, protagonista della grande scena di Ermione, «Essa corre al trionfo!»: l’emissione poderosa e controllata del soprano offre infatti un altro saggio delle tante vocalità rossiniane, questa volta drammatica, quasi convulsa, modernissima. Anche in questo caso l’allusione stimola l’esercizio di memoria, che può risalire fino alla celebre Ermione del 1987, quando si confrontarono sul palcoscenico del ROF Montserrat Caballé e Marilyn Horne, scatenando – come puntualizza Sergio Ragni nell’introduzione al programma di sala – «gli entusiasmi, le tensioni, le querelles, insomma un po’ di quelle “convenienze e inconvenienze teatrali”, che restano elementi vivificanti e irrinunciabili del paradosso del genere operistico». Un grande festival internazionale non serve forse anche a questo genere di opposizioni e di schermaglie? Lunga vita al ROF! Foto ROF © Studio Amati Bacciardi