Rispetto all’Europa, fu molto lenta l’affermazione di un teatro musicale negli Stati Uniti che per tutto il XVIII sec. fu dipendente da quello inglese. Nei pochi teatri esistenti, in quel periodo, infatti, venivano rappresentate solo Ballad Operas e Comic Operas importate da compagnie teatrali inglesi delle quali la più famosa fu la London Company of Comediants di Lewis Hallam che fece conoscere un vasto e variegato repertorio di lavori celebri, tra cui Flora, The Beggar’s Opera e The Devil to pay che vantarono un gran numero di repliche. Sulla scia dell’influenza inglese il compositore Andrew Barton, pseudonimo di un autore ignoto, tentò di creare una Ballad Opera autoctona, The Disappointment or The Force of Credulity (La disillusione, ossia la forza della credulità) che avrebbe dovuto essere messa in scena il 20 aprile 1767 a Philadelphia, ma il cui progetto fallì perché l’opera fu ritirata dal suo autore per il timore che la satira mordace ivi contenuta potesse procurargli problemi politici. Questo tentativo non ebbe, però, un seguito e, per tutto il Settecento continuarono ad essere rappresentati lavori inglesi. Agli inizi del XIX sec. l’accresciuto interesse per il teatro, testimoniato anche dalla costruzione di nuovi edifici non solo a Philadelphia e a New York, ma anche in città meno popolose come New Orleans, dove proliferarono le rappresentazioni di opere di celebri autori francesi, spinse John Bray a cimentarsi in un’opera scrivendo The Indian Princess (La principessa indiana), rappresentata a Philadelphia nel 1908. L’esempio di Bray non fu, tuttavia, molto seguito dai compositori americani per cui durante i primi decenni del secolo apparvero sulle scene teatrali poche opere americane, mentre il pubblico poté cominciare a conoscere quelle italiane delle quali la prima ad approdare a New York nel 1825 fu Il barbiere di Siviglia di Rossini, che dominò per molto tempo la scena teatrale insieme ad altri lavori italiani fino a quando non si affermò l’opera tedesca, soprattutto quella di Wagner la cui influenza diventò predominante dal 1875. Wagner divenne il modello di numerosi compositori tra cui Walter Damrosch che riscosse il suo primo successo con The scarlet letter (La lettera scarlatta, 1896), John Knowles Paine, autore di Azara (1901) e tre allievi di George Whitefield Chadwick: Frederick Shepherd Converse, famoso per The Pipe of Desire (1906), prima opera americana ad essere rappresentata nel 1909 al Metropolitan Opera House; Henry Kimball Hadley, autore di Azora, Daughter of Montezuma, e Horatio Parker che raggiunse la notorietà con due opere rappresentate con grande frequenza, Mona (1912) e Failand (Il paese delle fate, 1915). Nonostante questi tentativi, il pubblico americano continuò ad apprezzare le opere straniere spesso cantate in italiano e soltanto nel 1943 il teatro americano si affacciò alla ribalta internazionale con un lavoro particolare, ma considerato un’opera: Porgy and Bess di George Gershwin. Nel Novecento al teatro musicale americano diedero il loro contributo compositori famosi come Gian Carlo Menotti, Leonard Bernstein, Samuel Barber, e Aaron Copland. Oggi in America si assiste alla fioritura di una nuova produzione operistica i cui soggetti sono spesso tratti da capolavori della letteratura mondiale. Di essa cercheremo di dare conto con una serie di recensioni e di interviste ai compositori a partire da The Ghosts of Versailles di John Corigliano.
A Grand Opera Buffa in Two Acts di John Corigliano su libretto di William M. Hoffman. The Ghosts: Victoria Livengood (Woman with Hat). Kristinn Sigmundsson (Louis XVI). Scott Scully (Marquis). So Young Park (Soprano), Vanessa Becerra (Soprano), Peabody Southwell (Mezzosoprano) (Trio of Gossips). Summer Hassan (Soprano), Lacey Jo Benter (Mezzo), Frederick Ballentine (Tenore), Patrick Blackwell (Basso) (Jaded Aristocrats at the Opera). Christopher Maltman (Beaumarchais). Patricia Racette (Marie Antoinette). The Players in the Opera: Lucas Meachem (Figaro). Lucy Schaufer (Susanna). Joshua Guerrero (Count Almaviva). Guanqun Yu (Rosina). Brenton Ryan (Léon). Stacey Tappan (Florestine). Robert Brubaker (Bégearss). Joel Sorensen (Wilhelm). Renée Rapier (Cherubino). Philip Cokorinos (Suleyman Pasha). Museop Kim (English Ambassador). Patti LuPone (Samira). Los Angeles Opera Orchestra e Los Angeles Opera Chorus. James Conlon (direttore). Registrazione Live: Los Angeles, Aprile 2016. T. Time: 155’09”. 2CD Pentatone PTC5186538.
“Una delle più fantasiose esperienze teatrali dell’ultima decade”.
Così il «New York Times» definì The Ghosts of Versailles di John Corigliano il giorno dopo la prima rappresentazione, avvenuta il 19 dicembre 1991 al Metropolitan Opera di New York che l’aveva commissionata, nel 1980, per celebrare il centenario della fondazione del prestigioso teatro che sarebbe caduto nel 1983. La sua composizione, però, richiese un arco di tempo più lungo del previsto e la prima ebbe luogo solo nel 1991 con grande successo sia di pubblico che di critica. Per questo suo primo e, rimasto unico, lavoro teatrale Corigliano, come rivelato dal compositore nella presentazione del CD pubblicato dall’etichetta Pentatone, intese scrivere un’opera «su cosa quella storia [la storia del Met] significava per l’arte americana», aggiungendo:
“Dove cominciare? Con una commedia e con continuità. Io ho sempre amato l’esuberanza e il virtuosismo dell’opera buffa di Mozart e Rossini. Ma non potevo semplicemente rivisitare il loro mondo; il XVIII secolo non ci appartiene e in che modo avrei potuto migliorare il neoclassicismo di The Rake’s Progress di Stravinsky? Volevo inoltre costruire un ponte musicale tra il mondo di Mozart – un mondo sia di chiarezza e grazia sia di dramma e ambizione – e il nostro”.
Con quest’opera, il cui libretto di William M. Hoffman si ispira a La mère coupable di Beaumarchais, Corigliano riusci perfettamente nel suo intento, in quanto il mondo del XVIII sec. ritorna grazie all’espediente di far popolare Versailles con i fantasmi di Luigi XVI, di sua moglie Maria Antonietta e di Beaumarchais il quale riporta in vita i protagonisti del suo Mariage de Figaro creando così situazioni metateatrali e una trama estremamente complessa e variegata, nella quale il grande commediografo francese cerca di modificare il corso degli eventi della rivoluzione attraverso una commedia teatrale, che ruota attorno a una collana di preziosi diamanti la cui vendita sarebbe dovuta servire per salvare la regina. Alla fine, però, quest’ultima, constatato l’amore del commediografo per lei, decide di accettare la sua sorte e di salire sul patibolo per vivere felice con Beaumarchais in Paradiso dove la sua anima avrebbe trovato finalmente pace. All’interno, oltre agli ingredienti dell’opera buffa settecentesca come l’amore contrastato, quello di Léon, figlio di Rosina e del suo amante Cherubino, e Florestine, figlia di Almaviva, che vorrebbe darla in sposa a Bégearss, un autentico villain che alla fine viene punito, si può riscontrare una grande varietà di situazioni: dal duello tra Beaumarchais e un geloso Luigi XVI che si conclude senza spargimento di sangue, essendo entrambi due fantasmi, a momenti in cui i sentimenti trovano la loro espressione più pura. La musica di Corigliano rappresenta perfettamente questa varietà, non solo facendo ricorso a tutte le possibilità offerte dalla tradizione operistica, rievocata nella scelta di introdurre arie, duetti e quartetti, ma adottando anche una grande varietà di stili e di linguaggi da quello settecentesco, che ritorna anche grazie a citazioni delle Nozze di Figaro di Mozart, a quello contemporaneo particolarmente efficace nel rappresentare, con effetti sonori, i fantasmi che stanno ripopolando la regia di Versailles.
Opera, che ha goduto di un certo successo soprattutto negli Stati Uniti, The ghosts of Versailles è protagonista di questa proposta discografica ad opera dell’etichetta Pentatone, la quale riproduce una registrazione Live all’Opera di Los Angeles nel 2016. Si tratta di una produzione di ottimo livello sin dalla concertazione di James Conlon che riesce a cogliere perfettamente la complessa varietà della musica di Corigliano interpretando con disinvoltura i diversi stili e linguaggi di cui si compone la partitura. Il direttore statunitense si dimostra attento sia alle sonorità orchestrali e agli effetti creati da Corigliano, sia ad accompagnare la voce con raffinata delicatezza nei momenti lirici. Di ottimo livello anche il cast vocale. Patricia Racette (Marie Antoinette) interpreta, grazie a una voce particolarmente omogenea e ricca di armonici nei gravi, con partecipazione il suo personaggio, certamente il più complesso dal punto di vista psicologico dell’intera opera, scandagliandone l’animo diviso tra la noia, le tragiche rievocazioni della sua esecuzione e momenti di sogni idillici presenti già nella prima aria a lei affidata, “They are always with me”. Buona tecnica e fraseggio e intonazione curati caratterizzano la prova di Christopher Maltman; voce baritonale da timbro chiaro e dagli acuti svettanti l’artista appare perfettamente calato nella parte di Beaumarchais, non solo nella sua caratteristica di genio creatore che tenta di modificare il corso degli eventi che hanno già avuto luogo, ma anche capace di accenti di dolce lirismo nella sua aria del secondo atto “I risk my soul for you”. Tra i personaggi dell’opera si segnala l’esuberante Figaro di Lucas Meachem, che rende in modo convincente il carattere istrionico del suo personaggio, evidente già nell’aria ” They wish they could kill me”, dove la contaminazione di elmenti jazzistici con altri da opera buffa e con momenti di puro lirismo è ben interpretata dall’artista. Robert Brubaker presta la sua voce di tenore drammatico al personaggio di Bégearss, interpretando con efficacia, ma anche con ironia le caratteristiche di autentico villain attribuite a questo ruolo. Voce particolarmente intensa soprattutto nel settore grave, Lucy Schaufer è una Susanna astuta, come da tradizione, ma anche una donna capace di sentimenti ed espansioni liriche, come si può notare nel duetto con Rosina del secondo atto “As summer brings a wistful breeze”. Quest’ultima trova una degna interprete in Guanqun Yu, malinconica sia nel già citato duetto con Susanna sia in quello dell’atto primo, ” Look at the green here in the glade” con Cherubino, personaggio che mantiene la sua giovinezza, almeno nella voce, che qui gli viene prestata dal mezzosoprano dal timbro piuttosto chiaro di Renée Rapier. Perfettamente calato nella sua parte è anche Joshua Guerrero (Almaviva), mentre tra i numerosi comprimari va segnalata la Semira di Patti LuPone, autrice di una performance “turchesca” pienamente convincente nel finale del primo atto. Pienamente calati nelle loro parti tutti gli altri: Victoria Livengood (Woman with Hat), Kristinn Sigmundsson (Louis XVI), Scott Scully (Marquis), Brenton Ryan (Léon), Stacey Tappan (Florestine), Philip Cokorinos (Suleyman Pasha), Museop Kim (English Ambassador). Ottima, infine, la prova del Los Angeles Opera Chorus.