Johann Strauss Jr. (Vienna, 25 ottobre 1825 – 3 giugno 1899)
A 120 anni dalla morte
“Il suo libretto [Simplicius di Léon] è semplicemente il più fantastico dei tempi moderni. Anche se la qualità del secondo atto è appena adeguata in rapporto allo splendore del prologo e del primo atto, resto convinto che molto difficilmente si troverebbe un altro libretto dello stello livello. Per quanto mi riguarda, questo materiale m’incanta”.
Queste parole, contenute in una lettera indirizzata all’editore e agente teatrale Gustav Lewy, testimoniano l’entusiasmo di Strauss per il libretto Simplicius, propostogli nel mese di febbraio del 1887 dal giovane librettista Victor Léon che, reduce del successo ottenuto con il libretto Der Doppelgänger (Il sosia) per la musica di Alfred Zamora, aveva in mente una vera e propria riforma del genere dell’operetta i cui principi egli aveva esposto in una lettera indirizzata proprio in quel periodo al compositore austriaco:
“Lei sa bene quanto me, venerato maestro, che l’operetta, come genere, sta morendo – e si trova del resto in uno stato di decadenza avanzato. Se vogliamo preservarla, toccherà a noi trovare nuove forme che saranno più durature… Poi, io mi sono detto che la prima cosa che noi dovremmo esigere da quelli che scrivono operette, è che ci presentino veri esseri umani; se si riuscisse a soddisfare questa esigenza fondamentale, l’operetta potrà allora avere la pretesa di essere un mezzo di espressione artistica autentica – e ciò sarà tanto vero se i personaggi sono calati in situazioni reali e affrontano veri conflitti. È ciò che avevo in testa lavorando a Simplicius”.
Strauss concordava fondamentalmente con le idee di Léon ma, nonostante l’entusiasmo iniziale, trovò nel libretto approntato dallo scrittore austriaco alcuni passi che non lo soddisfacevano del tutto. In un’altra lettera a Lewy, scrisse, infatti:
“Ci sono diverse cose nel secondo atto, che non mi piacciono affatto – deve essere reso conforme alla mia immaginazione – e allora ecco, lei me ne dirà di nuove, mio caro Gustav. Io non sono più un buon genio quando si tratta di scegliere il materiale a cui m’è dato di lavorare. Posso considerare tutto ciò che deve prendere posto sulla scena, so prevedere la noia del pubblico prima di lui e insisto affinché le cose siano corrette prima che io cominci a comporre la musica… quei versi di un languore infinito (è il loro più grande difetto) sono abominevoli se utilizzate come parole per il canto lirico… E quel Léon non vuole sentire alcun consiglio – gli ho inviato una lettera nella quale non usavo i guanti gialli – ma non ho ancora avuto risposta – credo che egli mi tenga il broncio”.
Nonostante il broncio e una strenua difesa del suo lavoro, alla fine, Léon capitolò e abbreviò anche l’intreccio venendo incontro alle richieste di Strauss che completò la partitura nel mese di ottobre del 1887. La prima ebbe luogo al Theater an der Wien il 17 dicembre 1887, in una versione, comunque, non definitiva. Nonostante il successo, testimoniato dalle trenta repliche, sembra che non fosse particolarmente soddisfatto di questo suo lavoro che, secondo le critiche, era un ibrido tra l’opera e l’operetta. Già durante le suddette trenta repliche furono apportate delle radicali modifiche al dialogo, come testimoniato dagli esemplari, pervenutici, delle copie usate dal suggeritore e dal direttore d’orchestra. Già un anno dopo in vista di altre rappresentazioni a Budapest, Berlino e San Pietroburgo Strauss decise di apportare delle sostanziali modifiche incaricando il Barone Ludwig von Dócz di rivedere il libretto e i dialoghi. Il compositore sottopose la partitura ad una revisione altrettanto radicale, abbreviandola, riorganizzando certe sezioni, riscrivendo le transizioni fra le scene e trasformando la parte di Simplicius da tenore a soprano en travesti. Così modificata, l’operetta andò in scena per la prima volta il 10 novembre 1888 al Neues Deutsche Theater di Praga e fu ripresa a Graz, San Pietroburgo e Budapest. Nel 1894 l’operetta fu data a Vienna in una versione rivista per quanto riguarda i dialoghi dall’attore Carl Lindau che alleggerì i momenti più seri e prosaici, ma da allora Simplicius scomparve dalle scene. Dopo la morte di Strauss, Léon continuò a rielaborare l’operetta, modificando il terzo atto che ambientò a Vienna e utilizzando le parti vocali e strumentali, che prese in prestito al Theater an der Wien, per adattare alla musica scritta da Strauss i nuovi versi. Il materiale, preso in prestito da Léon che, peraltro, non completò la rielaborazione, fu ritenuto perduto fino a quando nel 1990 Hugo Wetscherek, un mercante viennese di libretti rari e di manoscritti, entrato in possesso dei documenti appartenuti a Léon, li consegnò all’allora direttore dell’Opera di Zurigo, Alexander Pereira. Non sarebbe stato comunque facile redigere un’edizione che potesse essere messa in scena se non fosse stato ritrovato presso un collezionista privato, Norbert Nischkauer, un esemplare della partitura della seconda versione, preparata da Strauss per le rappresentazioni del 1889 a Budapest, che è servita da base per l’edizione messa in scena Zurigo nel 1999.
Alla base di quest’operetta dalla trama complicatissima e un po’ inverosimile con convenzionali agnizioni finali, vi è un lungo antefatto che, ambientato negli ultimi anni della Guerra dei Trent’anni, coinvolge due fratelli, Bruno e Wendelin von Grübben, i quali si contendono l’amore della stessa donna che, però, preferisce il secondo inducendo, così, l’altro ad abiurare la fede cattolica e a schierarsi con i nemici. Dopo aver ucciso nel corso di una battaglia, il fratello, per espiare il fratricidio commesso, Wendelin chiude in un convento la moglie e il figlio maggiore, Armin, e, intenzionato inizialmente ad uccidersi e a uccidere il figlio più piccolo, Simplicius, nato da poco, sceglie poi di vivere in solitudine in una foresta, dove ritiene che anche il bambino possa essere protetto dalle tentazioni del mondo. Alla sua morte, la Contessa di Vliessen, moglie di Wendelin, lascia un testamento nel quale i beni dei Grübben ritorneranno nelle mani di uno di loro, solo nel caso in cui un Grübben sposerà una contessa di Vliessen. In caso contrario tutto andrà alla Chiesa. Dopo la morte della madre, Armin va via dal convento dando l’impressione che la sua famiglia si sia estinta dal momento che non si hanno più notizie né di Simplicius né di Wendelin.
Il primo atto si svolge in una folta foresta nei Sudeti, dove Wendelin, divenuto eremita, cerca la pace nella preghiera dalla quale è distratto dagli squilli di trombe militari che gli ricordano i gloriosi momenti vissuti sul campo di battaglia. L’uomo è disturbato da Melchior, un astrologo con il quale si accompagna la svedese Ebba e che, presentandosi come l’ultimo discendente dei Grübben, manifesta la sua intenzione di sposare Hildegarde von Vliessen per salvare così l’eredità dei Grübben, anche se non ha prove certe dell’estinzione della famiglia, nonostante le stelle, da lui interrogate, non lascino spazio a dubbi. Desideroso di essere lasciato in pace, Wendelin affida a Melchior la lettera d’addio da lui scritta quando aveva deciso di uccidersi e di uccidere il figlio minore Simplicius, che interrompe improvvisamente questo dialogo. Il giovane è molto agitato, perché ha visto nella foresta uomini armati che scambia per diavoli. Proprio in quel momento giunge un drappello di corazzieri che, essendosi perduti, certi di ottenere un riscatto, lo strappano al padre al quale intimano di mostrar loro una via di uscita dalla foresta. Alla fine dell’atto l’uomo rimane solo e disperato.
Nel secondo atto la scena si sposta in un campo non lontano da Olmütz, dove, aiutata da sua figlia Tilly, la vivandiera Schnapslotte, mentre sta offrendo una doppia razione di vino alle truppe che stanno per combattere, scorge un corazziere sconosciuto che attira la sua attenzione. La donna spera di ritrovare suo marito Melchior che vent’anni prima l’ha abbandonata, ma la sua speranza è ancora una volta delusa. Da parte sua Simplicius, che, divenuto membro della scorta del generale von Vliessen, non ha ancora imparato ad assolvere alle incombenze di un buon soldato e per questo è preso in giro dal suo maresciallo, è oggetto delle simpatie di Tilly che cerca di aiutarlo. Il campo è, intanto, in fermento perché dovrà accogliere un certo barone von Grübben, venuto con l’intenzione di sposare, Hildegarde, la figlia del generale, che è stata fatta venire da un convento nel quale era vissuta fino ad allora. Nel frattempo giunge al campo anche Armin con l’intento di conquistare Hildegarde la quale, oltre a raccontare un sogno nel quale due uomini si contendono il suo cuore, dice ad Armim del quale è innamorata di essere stata promessa a un altro uomo. I due vengono sorpresi dal generale che si infuria per aver scoperto la figlia insieme con un estraneo il quale dichiara di essere il vero Barone von Grübben. Ringalluzzito per questa dichiarazione, il generale ordina allora che venga fatta la festa di fidanzamento durante la quale interviene Simplicius conducendo con sé un prigioniero. Si tratta di Melchior, che evita la forca dichiarando di essere il barone von Grübben e adducendo come prova la lettera che Wandelin gli aveva dato nel primo atto. Giunge nel frattempo un dispaccio nel quale si dice che nell’appartamento di un certo barone von Grübben, sono stati scoperti lettere e documenti sospetti nei quali ci sono prove di presunti rapporti con la Svezia. Nel dispaccio è, inoltre, contenuto l’ordine di arrestare il barone von Grübben in attesa di ulteriori verifiche. Armin e Melchior sono arrestati, mentre Simplicius è nominato alfiere.
Nel terzo atto l’azione si svolge nel castello di Hanau dove, sei mesi dopo, si ritrovano tutti i personaggi dell’intrigo: Wendelin che, ormai, dispera di trovare suo figlio; Simplicius, anche lui agli arresti per ordine del sergente maggiore; Armin e Melchior, che ancora agli arresti, raggiungono un compromesso in base al quale il primo rinuncia all’eredità, e il secondo ad Hildegarde. Nel frattempo giunge un nuovo ordine da Vienna in base al quale bisogna assolutamente trovare un giovane, senza dubbio selvaggio, chiamato Simplicius che deve essere trattato con tutti gli onori essendo il figlio del barone Wendelin von Grübben. Simplicius è liberato immediatamente dal generale che dispone i preparativi delle nozze della figlia con il giovane il quale, da parte sua, innamorato ricambiato di Tilly, vorrebbe sposare quest’ultima. A condurre la vicenda verso il lieto fine sono una serie di agnizioni e l’incontro di Simplicius con Wandelin, che, essendo in vita, annulla di fatto le disposizioni della moglie e rende possibili le nozze tra Simplicius e Tilly e tra Hildegarde e Armin.
Musicalmente l’operetta, pur presentando i soliti valzer, le marce, qui pienamente giustificate dall’ambientazione militare, e motivi nel complesso orecchiabili, mostra la volontà del compositore di esaltare i valori del testo poetico, come accade per esempio nell’introduzione del primo atto, In einsam ruluger Betrachtung (In solitaria e serena contemplazione), nella quale Wendelin cerca con sincero slancio di pregare, o ancora nella poetica aria di Hildegarde, Bald war in Schlummer ich gesunken (Presto caddi in un sonno profondo). Nella partitura, inoltre, si nota una maggiore attenzione anche all’orchestrazione, come si può notare nella parte iniziale dell’ouverture, dove Strauss, pur non rinunciando all’immancabile e comunque poetico valzer nella sezione centrale, utilizza il tema iniziale dell’introduzione, con il quale rappresenta in modo suggestivo l’ambientazione boschiva. Dedichiamo a Johann Strauss una serie di uscite atte a esplorare lavori teatrali poco noti.