A 210 anni dalla morte
Sinfonia n. 105 concertante in si bemolle maggiore Hob. 1: 105
Allegro – Andante – Allegro con spirito
Durata: 26’
Eseguita, per la prima volta, il 9 marzo del 1792, la Sinfonia n. 105 in si bemolle maggiore è l’unica concertante della vasta produzione del compositore austriaco che comprende ben 107 lavori, un numero di gran lunga superiore a quello dei concerti solistici, composti soprattutto in età giovanile, in un periodo che va dal 1752 al 1761, e comprendenti i 6 Concerti per organo, detti viennesi, e i 6 Concerti Esterházy. Dopo queste prime prove giovanili Haydn ritornò molto raramente a comporre concerti, forse perché poco convinto dall’impianto formale di questo genere oppure perché, non possedendo il virtuosismo di uno strumentista, non si sentiva di esibirsi nella parte del solista. Ciò nonostante, durante il suo primo trionfale soggiorno a Londra, dove si era recato in seguito alla stipulazione di un contratto con Peter Salomon, il compositore decise di scrivere una sinfonia concertante sia per venire incontro ai gusti del pubblico inglese, che apprezzava questo genere di composizione, sia per contrastare, in un certo qual modo, Ignaz Pleyel, suo allievo e famosissimo compositore, che era stato ingaggiato per la stagione del 1792 da Wilhelm Cramer, direttore del Professional Concert, proprio per competere con il successo della stagione concertistica organizzata da Salomon l’anno precedente; Pleyel, inoltre, aveva scritto due Sinfonie concertanti che godevano di un certo successo nella capitale inglese. Interessante testimonianza di questa rivalità è una lettera di Haydn datata 2 marzo 1792 e indirizzata a Frau von Genzinger nella quale si legge:
“non esiste giorno, un solo giorno, in cui sia libero dal lavoro, e devo ringraziare il buon Dio se potrò lasciare Londra; più presto è, meglio è. Le mie fatiche sono state accresciute dall’arrivo del mio allievo Pleyel che il Professional Concert ha fatto venire qui. È arrivato con numerose nuove composizioni, scritte tuttavia, molto tempo fa; egli allora ha promesso di presentare ogni sera un nuovo lavoro. Appena l’ho saputo, mi sono reso conto che ce l’avevano a morte con me, perciò ho annunciato pubblicamente che avrei prodotto anch’io 12 pezzi nuovi. Per mantenere la parola, e sostenere il povero Salomon, mi tocca soffrire e lavorare in continuazione, e la cosa mi pesa davvero molto. Gli occhi soprattutto ne soffrono, e trascorro molte notti insonni, anche se, con l’aiuto di Dio, supererò tutto. Gli organizzatori del Professional Concert hanno voluto mettermi il bastone fra le ruote, perché non ho voluto andare con loro; ma il pubblico è giusto. La presunzione di Pleyel viene criticata aspramente, ma gli voglio bene lo stesso. Vado sempre ai suoi concerti e sono il primo ad applaudirlo”.
Proprio in questo periodo fu composta la Sinfonia concertante per violino, violoncello, oboe e fagotto che, sette giorni dopo la stesura di questa lettera, fu eseguita per la prima volta con la partecipazione, come violino solista, dallo stesso Salomon.
La Sinfonia si compone di tre movimenti dei quali il primo, Allegro, il più ampio, è scritto in forma-sonata, riconoscibile nella struttura tripartita (doppia esposizione, sviluppo e ripresa) e nel percorso tonale, anche se si accosta maggiormente al concerto barocco per il prevalere del concertino sull’orchestra. Manca, tuttavia, la contrapposizione tematica tipica della forma-sonata, in quanto l’intero movimento si basa su un unico tema che viene trattato contrappuntisticamente. Il secondo movimento, Andante, aperto da una melodia mesta affidata al violino e al fagotto, presenta un carattere eminentemente lirico, il cui punto culminante è raggiunto nel secondo tema, esposto, inizialmente, dal violoncello a cui si unisce in seguito il violino. Molto interessante è la parte conclusiva nella quale la melodia, quasi in eco, è fagocitata dai corni secondo un procedimento che si riscontra in altre sinfonie londinesi. Il terzo movimento, Allegro con spirito, è un rondò che si apre con un’introduzione orchestrale nella quale il tema principale è declamato all’ottava per spegnersi in un recitativo, affidato qui al violino solista, che ritorna anche al posto della cadenza.
Concerto n. 1 in do maggiore per violino ed archi Hob. VIIa: 1
Allegro moderato – Adagio – Finale. Presto
Durata: 20’
Primo dei quattro concerti per violino, dei quali il secondo andò perduto, il Concerto n. 1 in do maggiore per violino ed archi fu composto da Haydn nel 1765 in un periodo particolarmente fecondo e felice e d’intensa creatività. Nel 1762, alla morte del principe Paul Anton Esterházy, presso il quale egli già lavorava come vice-maestro di cappella, Haydn passò al servizio di Nikolaus, fratello del defunto principe, che ne aveva raccolto l’eredità meritandosi, da perfetto esteta amante del lusso e delle belle arti, il soprannome di “Magnifico”. Nella residenza che il principe si era fatto costruire, infatti, sulla costa meridionale del lago Neusiedl a imitazione, sia pure in dimensioni più ridotte della reggia di Versailles, Haydn visse per lungo tempo ospite del suo mecenate avendo a disposizione un’orchestra formata da un numero variabile dai sedici ai ventidue esecutori e un teatro dalla capienza di circa 400 posti. L’amenità del luogo e i costanti favori del suo mecenate garantirono ad Haydn un soggiorno così felice da permettergli di attendere con la necessaria serenità d’animo alla produzione della maggior parte delle sue opere. tra cui spicca questo concerto, nato appunto nell’ambiente della corte e composto per il solista dell’orchestra Luigi Tomasini, come si apprende dalla dedica apposta sul manoscritto, dove si legge: fatto per il Luigi. In questo lavoro è possibile trovare i limiti e i pregi della produzione di concerti solistici di Haydn che non fu un mai un grande virtuoso di strumento, come, invece, Beethoven e Mozart, ma seppe adattare la sua arte alle capacità tecniche del destinatario, Tomasini. Dal punto di vista formale il Concerto è composto da tre movimenti, tutti in forma-sonata come quelli del contemporaneo Concerto per violoncello e orchestra. Nel primo di essi, Allegro moderato, il tema principale, affidato al solista, è declamato in doppie corde in una scrittura energica che contrasta con il lirismo del secondo, Adagio, una bellissima cantilena in fa maggiore, tonalità della sottodominante, in cui il tema emerge su un accompagnamento in pizzicato eseguito dall’orchestra d’archi. Nel Finale, estremamente vivace, è ripresa la tecnica delle doppie corde.
Concerto n. 4 in sol maggiore per violino e archi Hob. VIIa: 4
Allegro moderato – Adagio – Finale: Allegro
Durata: 19’
Fino ad oggi non è stato possibile stabilire con precisione la data di composizione del Quarto concerto per violino e orchestra di Haydn, sulla cui autenticità alcuni musicologi nel corso degli anni hanno espresso alcuni dubbi. Ultimo di una serie di 4 Concerti, dei quali il secondo è andato perduto, il Concerto fu composto molto probabilmente tra il 1761 e il 1765 per Luigi Tomasini, Konzertmeister dell’orchestra dei principi Esterházy ed eccellente violinista che godette della massima stima della nobile famiglia ungherese; oltre ad essere stato ricordato nel suo testamento dal principe Nicola I che gli assegnò un vitalizio di 400 gulden, Tomasini ebbe il privilegio di essere seppellito nella cripta dei Cappuccini di Eisenstadt, dove riposano i principi Esterházy e lo stesso Haydn. Il primo movimento, Allegro moderato, in forma-sonata ma con due temi estremamente simili, si caratterizza per una scrittura scorrevole già nel tema iniziale esposto dall’orchestra e ripreso dal solista che lo fiorisce in senso virtuosistico. Il secondo movimento, Adagio, è un’aria di carattere meditativo dalla struttura tripartita, la cui sezione centrale, in tonalità minore, è conclusa da una cadenza che conduce alla ripresa nella quale l’orchestra assume un ruolo maggiore. Il Finale, Allegro, nel quale si può notare l’influenza dello stile di C. P. E. Bach, è un brillante rondò-sonata monotematico tipico della scrittura di Haydn contrariamente a quanto affermato dai musicologi che hanno messo in dubbio l’autenticità della partitura.
Concerto in re maggiore per pianoforte (o clavicembalo) e orchestra Hob: XVIII: II
Vivace – Un poco adagio -Rondò all’ungherese
Durata: 19’
Non è semplice stabilire con precisione la data di composizione del Concerto in re maggiore per pianoforte (o clavicembalo) e orchestra di Haydn che, pubblicato nel 1784, sarebbe stato composto con ogni probabilità tra il 1781 e il 1873, dal momento che il compositore non dispose di pianoforti, presso la corte degli Esterázy, prima del 1781 e che egli stesso ne avrebbe acquistato uno soltanto nel 1788. È molto probabile, tuttavia, che il Concerto sia stato pensato per clavicembalo, come farebbe pensare non solo la doppia indicazione, per clavicembalo o pianoforte, introdotta nella prima edizione a stampa, ma anche la scrittura della parte solistica nella quale si riscontrano alcuni passi riconducibili alla prassi del basso continuo. Il primo movimento, Vivace, che non si segnala per particolari aspetti virtuosistici dal momento che esibisce un repertorio tecnico corrente per l’epoca con l’adozione di scale, arpeggi ed accordi spezzati, è in forma-sonata con l’esposizione orchestrale a cui segue quella del solista, lo sviluppo e la ripresa. Più interessante è il secondo movimento, Un poco adagio che si segnala per la splendida melodia di carattere contemplativo esposta inizialmente dagli archi e ripresa a variata dal solista. L’ultimo movimento, Rondò al-l’Ungherese, è una pagina brillante che trae più che dalla musica popolare ungherese spunto quella croata.
Concerto n. 2 in re maggiore per violoncello e orchestra Hob. VIIb:2
Allegro moderato – Adagio – Rondò. Allegro
Durata: 23’
https://www.youtube.com/watch?v=n54t5esCT_g
Soltanto nel 1951, in seguito alla scoperta dell’autografo dove si legge la solita dicitura «di me Giuseppe Haydn mp. 783», sono stati fugati tutti i dubbi sull’autenticità e la data di composizione del Secondo concerto per violoncello e orchestra che Haydn compose nel 1783 presumibilmente per Antonin Kraft, primo violoncello dell’orchestra del principe Esterházy. Proprio a Kraft fu attribuita per tutto l’Ottocento la composizione del Concerto che visse una vicenda editoriale particolarmente complessa, in quanto, pubblicato nel 1804 come op. 101, acquistò una fama tale da essere sottoposto ad un arrangiamento per flauto da C. F. Ebers e, in seguito, ad ulteriori rimaneggiamenti ad opera del musicologo belga François Gevaert. Solo dopo la scoperta dell’autografo è stato possibile pubblicare nella sua forma originaria il Concerto, la cui paternità haydniana è stata messa ancora in dubbio sul finire degli anni Settanta dal musicologo americano Robbins Landon che nella sua monumentale biografia dedicata ad Haydn scrisse:
“Nonostante l’autografo, sussiste qualche probabilità che il concerto possa essere di Kraft. […] Nell’ipotesi più restrittiva, Kraft potrebbe aver dato consigli pratici sulla parte del violoncello; ma potrebbe aver esteso il suo contributo fino a fornire il materiale tematico di base per il concerto”.
Oggi nessuno metterebbe più in dubbio la paternità haydniana del Concerto il cui primo movimento Allegro moderato in 4/4, ma non alla breve, come in altre composizioni di questo periodo, si sviluppa nella tradizionale forma-sonata, anche se manca un vero contrasto dialettico tra i due temi dal momento che il secondo, esposto alla dominante, appare più una rielaborazione del primo che un’idea del tutto nuova. Estremamente raffinato è il secondo movimento, Adagio, costituito da tre esposizioni del lirico tema iniziale, separate da episodi caratterizzati da varianti o ampliamenti del tema stesso, tra i quali spicca il penultimo, in minore, di grande forza espressiva. L’ultimo movimento, Allegro, è un brillante Rondò nel quale il solista può dare sfogo alle sue capacità virtuosistiche.