97° Arena di Verona Opera Festival 2019: “Aida”

97°Arena di Verona, Opera Festival 2019
AIDA”
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Il Re d’Egitto ROMANO DAL ZOVO
Amneris  ANNA MARIA CHIURI
Aida ANNA PIROZZI
Radames MURAT KARAHAN
Ramfis DMITRY BELOSELSKIY
Amonasro  AMARTUVSHIN ENKHBAT
Un messaggero CARLO BOSI
Sacerdotessa YAO BO HUI
Primi ballerini PETRA CONTI, MICK ZENI, ALESSANDRO MACARIO
Orchestra, coro, ballo dell’Arena di Verona
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Vito Lombardi
Regia Gianfranco de Bosio
Coreografia Susanna Egri
Luci Paolo Mazzon
Verona, 27 giugno 2019
Quest’opera monumentale che ha dato il via alla lirica in Arena e ivi rappresentata dal 1913 per più di 700 volte, può chiamarsi l’opera dei contrasti. In un certo senso, essa riprende i temi e ribalta le sorti del melodramma classico, in cui ogni eroe o eroina era chiamato a preferire lo stato (platonicamente inteso come massima espressione dell’anima razionale e della virtù) al disordine delle proprie passioni. All’ombra del suo impianto drammaturgico colossale, reso con statuaria possanza nella ricostruzione delle storiche scene di Ettore Fagiuoli, avviene lo scontro, intimo ma più feroce di quello bellico delle falangi egiziane ed etiopi, dei sentimenti di quegli amati personaggi, divisi tra ragioni del cuore e ragion di stato. Una storia apparentemente critica verso la politica e la religione, qui unite nel più efferato degli abbracci, ma che termina inaspettatamente nel più religioso dei modi, cioè con lo sguardo tutto rivolto all’aldilà, unico luogo in cui gli sfortunati amanti possono raggiungere la sperata pace. Ad amalgamare il tutto, una musica altrettanto alterna e contrastante, fatta di trionfalismi retorici, elementi di un esotismo incantato e a tratti manierato, voli pindarici di sonorità fantastiche e celestiali.
Le richieste del libretto e della partitura di Aida, insomma, sono altissime e tuttavia sono state ampiamente adempiute da questo cast, che vedeva in testa una fuoriclasse quale Anna Pirozzi. Quest’artista completa, elegante, tecnicamente ineccepibile, ha messo in scena un’Aida magistrale, ricca di sfumature quanti sono i sentimenti del personaggio, raffinata nella recitazione e impeccabile nella gestione degli acuti. Particolarmente rimarchevole la sua interpretazione di “O cieli azzurri”, di rara e diafana delicatezza. La sua performance applauditissima la conferma una delle migliori interpreti di questo repertorio nel panorama internazionale. Contraltare femminile e personaggio altrettanto contrastato, la Amneris interpretata da Anna Maria Chiuri, altra artista di grande statura, dalla voce morbida e dal fraseggio elegante. Egregia la sua interpretazione, di alto livello sia vocalmente che scenicamente, della principessa egiziana rosa dalla gelosia e infine dal rimorso.
Altra stella del cast, molto applaudito dal pubblico, Amartuvshin Enkhbat, baritono mongolo dalla dizione perfetta e dalla voce bella, corposa e brunita, assolutamente all’altezza dei volumi areniani, ha restituito vita ad uno dei grandi padri verdiani, conferendogli una passione austera e vibrante.Per quel che riguarda la performance del tenore turco Murat Karahan, nei panni di Radamès, la sua interpretazione di “Se quel guerrier io fossi” e della seguente e leggendaria “Celeste Aida” ci ha dato subito la cifra di una vocalità abbastanza salda e agevole negli acuti e di una recitazione naturale e sobria, che ben si confà alla virile fierezza del condottiero egizio. Pulito e ben tenuto il si bemolle finale, pur non rispettando quel pp e morendo che la partitura ivi reca (indicazioni regolarmente ignorate dalla maggior parte dei tenori). Vetta della sua performance, il duetto finale con Anna Pirozzi, in cui la sua linearità vocale si è sciolta in sonorità e accenti più morbidi e fluttuanti, per l’incanto di un pubblico del tutto rapito. 
Di grandissimo impatto l’interpretazione di Ramfis del basso ucraino Dmitry Beloselskiy che, dotato di uno strumento poderoso e di dizione accattivante, ha conferito grande spessore alla figura dell’implacabile sacerdote. Corretto ma meno avvincente il re di Romano Dal Zovo, la cui voce presenta un bel timbro scuro ma, in confronto ai suoi colleghi, più povera di armonici. Completa il cast con merito Carlo Bosi nei panni del messaggero e Yao Bo Hui in quelli della sacerdotessa.
Nel complesso giusta nei tempi, generalmente agili se non incalzanti, la bacchetta di Francesco Ivan Ciampa, che ha saputo cogliere e valorizzare quella varietà di colori e di contrasti di cui si trattava inizialmente, curando bene il dettaglio nelle pagine più intime e imprimendo sufficiente vigore a quelle più eroiche. La regia di Gianfranco de Bosio, sostanzialmente aderente al libretto, ci è sembrata conquistare maggiore intensità con lo scorrere delle scene, partendo in modo un po’ ingessato per arrivare ad un finale struggente, passando ovviamente attraverso i grandi cortei con tanto di cavalli, asso nelle maniche di questi spettacoli e delizia dei turisti, e vivacemente arricchiti dalle coreografie amabilmente agèe di Susanna Egri. All’altezza della serata il coro preparato dal M° Vito Lombardi; splendido il progetto luci, rinnovato per questo allestimento, dell’areniano Paolo Mazzon. Foto Ennevi per Fondazione Arena