A 210 anni dalla morte
Franz Joseph Haydn (Rohrau, 31 marzo 1732 – Vienna, 31 maggio 1809)
Sinfonia n. 1
Presto – Andante – Finale. Presto
Durata: 11’ca
G. A. Griesinger, autore della biografia di Haydn, collocò la Sinfonia n. 1 in re maggiore, definita dal compositore come la sua prima, in testa all’elenco delle sinfonie assegnandole, come anno di composizione, il 1759. In quell’anno Haydn era ospite del conte Ferdinando Massimiliano von Morzin, nella cui residenza, il castello di Lukavec, nacquero le prime sinfonie in tre e quattro movimenti. Il soggiorno presso il conte, che lo stimava tanto da assumerlo stabilmente al suo servizio come Kappelmeister e Compositore di camera, fu particolarmente piacevole, non solo per l’amenità dei luoghi, ma soprattutto per le gentilezze di cui era fatto segno da parte dei padroni di casa. La giovane contessa, donna molto bella e dotata, tra l’altro, di un’ottima voce, gradiva farsi accompagnare spesso al pianoforte dal ventisettenne compositore. In questa sinfonia è evidente l’influenza sia di Leopold Mozart che della scuola di Mannheim, infatti dal primo ricavò il trillo alla fine di una frase e l’uso dei corni con funzione riempitiva armonica, mentre dalla seconda l’utilizzo del crescendo.
La sinfonia si divide in tre movimenti secondo lo schema dell’ouverture italiana. Il primo movimento, Presto, è formato dal crescendo e da cinque gruppi tematici di cui solo il secondo viene potenziato nella ripresa, mentre alcune sequenze di semicrome portano ad un’accennata rielaborazione del quarto gruppo tematico e al ritorno del crescendo. Il secondo movimento, Andante, si presenta nella forma di una gavotta elaborata, le cui terzine rendono leggiadra la melodia. Infine il terzo movimento, Presto, contiene gli elementi della forma-sonata, mentre il tema principale presenta già quella struttura simmetrica che avrebbe caratterizzato le opere più mature di Haydn.
Sinfonia n. 2
Allegro – Andante – Finale. Presto
Durata: 9’ca
È alquanto difficile stabilire con precisione la data di composizione della Sinfonia n. 2 di Haydn, anche se è molto plausibile che sia stata composta nel biennio 1759-1760, quando il compositore era direttore musicale presso il Conte Morzin. Molti studiosi hanno messo in dubbio anche il fatto che la numerazione del ciclo completo delle sinfonie giovanili di Haydn, conservate negli archivi Fürnberg, pur essendo stata fatta dal compositore stesso, segua l’ordine cronologico di composizione. Se, infatti, alcune caratteristiche attinenti alla scrittura di questa sinfonia, come, per esempio, una certa semplicità nella struttura armonica formata da cadenze dominante-tonica e tonica-dominante, tipiche dei primi quartetti per archi, o l’eccessiva presenza di ritmi puntati di ascendenza barocca, inducono a pensare che essa sia stata composta prima della Sinfonia n. 1, l’impianto formale, molto più progredito, smentirebbe questa ipotesi facendo pensare ad un compositore che aveva già acquistato nel genere sinfonico una certa maturità, suffragata anche dall’assenza di ritornelli che permette alla musica di scorrere ininterrottamente e senza ripetizione dall’inizio alla fine. I pregi della sinfonia furono rilevati dall’editore Venier che pubblicò l’opera a Parigi nel 1764 sotto il titolo I nomi sconosciuti che meritano di essere conosciuti.
Dal punto di vista formale la sinfonia si rifà al modello dell’ouverture italiana in tre movimenti secondo lo schema veloce-lento-veloce; il primo movimento, Allegro, è in forma-sonata, anche se appare alquanto ridotta la sezione dello sviluppo. Il primo tema, di carattere solenne, precorre alcune soluzioni innovative che Haydn avrebbe trovato per le sinfonie della maturità n. 103 e n. 104 soprattutto con l’efficace abbellimento dei trilli in funzione eroica, mentre il secondo deriva dal primo, come accade spesso nei primi quartetti di Haydn. La riesposizione è ritardata da una falsa ripresa. Il secondo movimento, Andante, presenta una melodia in semicrome che si snoda nella forma di un moto perpetuo senza sosta e non supera l’ambito di due ottave e mezza. L’orchestrazione è molto semplice con i violini secondi che raddoppiano i primi e le viole i quali, a loro volta, raddoppiano il basso. Il Finale, dal punto di vista formale, è un rondò tripartito nella cui seconda parte ritorna il secondo tema del primo movimento. Nella terza parte è riscontrabile l’influenza dell’opera italiana soprattutto nel disegno ritmico in cui il passaggio dai valori larghi a quelli brevi ricorda certi arabeschi di Pergolesi.