Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “I musicisti nella Grande guerra” dal 6 al 28 aprile 2019
“Trio Wanderer”
Violino Jean-Marc Phillips-Varjabédian
Violoncello Raphaël Pidoux
Pianoforte Vincent Coq
Claude Debussy: Trio pour violon, violoncelle et piano en sol majeur
Guy Ropartz: Trio pour violon, violoncelle et piano
Venezia, 27 aprile 2019
Non poteva mancare nel penultimo concerto della rassegna “I musicisti [francesi] nella Grande guerra”, che si richiamava al concetto di “modernità”, un compositore come Debussy – notoriamente capofila dell’avanguardia, personaggio chiave nella storia della musica moderna – seppur còlto nella fase iniziale della sua attività creativa, quando – dopo essere stato assunto da Madame Nadezhda von Meck, la protettrice di Pètr Il’ic Cajkovskij, in qualità di pianista “privato” – scrive, tra il settembre e l’ottobre del 1880, ad appena diciott’anni, il suo primo lavoro da camera, il Trio in sol per violino, violoncello e pianoforte, poi eseguito nella residenza di villeggiatura della nobildonna a Firenze, insieme a Vladislav Pačulskij (violino) e Pëtr Danilčenko (violoncello). Lo stile – che guarda a Franck, Delibes e Massenet – tradisce un’appassionata esaltazione ancora di derivazione romantica; ma i passaggi modali, nonché la leggerezza e la trasparenza della scrittura già preannunciano l’universo musicale del Debussy maturo.
Analogamente proiettato verso la modernità appare il Trio di Guy Ropartz – composto alla fine della Grande guerra ed eseguito per la prima volta nel 1918, l’anno della fine del conflitto, coincidente con quello della morte di Debussy – che rivela un linguaggio rinnovato come si evince dal frequente ricorso alla scala per toni interi e da sconfinamenti – soprattutto all’inizio del terzo movimento – oltre le tradizionali frontiere tonali.
Ad eseguire i due lavori, un ensemble d’eccezione, il Trio Wanderer, composto dal violinista Jean-Marc Phillips-Varjabédian, dal violoncellista Raphaël Pidoux e dal pianista Vincent Coq, che – tra gli altri riconoscimenti – può vantare la propria affermazione, per tre volte, alle Victoires de la Musique, quale “formazione di musica da camera dell’anno”, oltre al titolo di “chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres”, attribuito ognuno dei suoi membri. Come per altre formazioni cameristiche, anche nel caso del Trio Wanderer siamo stati affascinati dal suono, in particolare dei due strumenti ad arco, entrambi di alto lignaggio: un violino di Pietro Guarnieri (Venezia, 1748) e un violoncello di Goffredo Cappa (Saluzzo, 1680).
Un gesto interpretativo romanticamente appassionato, ma anche capace di morbide inflessioni e tenui sfumature ha dominato nell’Andantino con moto allegro, movimento iniziale del lavoro di Debussy, dove una carezzevole, sinuosa melodia è intonata a turno dagli strumenti con il pianoforte che sostiene gli archi con un serrato accompagnamento imitativo su un cangiante tappeto armonico, per sfociare nella dolcezza del secondo tema dai toni incantati, che si staglia su un fluido moto in terzine. Particolarmente sbarazzino è risultato lo Scherzo, che presenta, dopo iniziali misteriosi rintocchi, quasi a segnare il tempo, un tema danzante, che rimanda forse a un Giappone da operetta, presentato in diverse fogge; così come molto suggestivo è stato l’intervento del violoncello in apertura del Poco più lento – una sorta di Trio, in cui si succedono tre diverse idee musicali –, oltre alla prestazione dell’intera formazione nell’Andante espressivo, dove il pianoforte con un arpeggio dal tono sospeso introduce un elegante tema del violoncello e del violino, seguito da un secondo tema, via via più agitato, enunciato dal pianoforte e ripreso dagli archi, per giungere a una dolce coda sostenuta da un cristallino arpeggiare del pianoforte, raffinato nell’armonia ed evocante suoni d’acqua. Travolgente il Finale con l’Appassionato, che è uno spumeggiante Rondò, dove ricorre un accorato refrain, ripetuto con energia, e si succedono spunti e idee, che spesso derivano da esperienze sonore passate.
Degno allievo di César Franck, Ropartz nel suo Trio adotta il principio ciclico: i temi del primo movimento lo attraversano nella sua interezza, tra cui quel moto oscillante, presentato inizialmente dai due strumenti ad arco, a costituire un ondeggiante motivo, che avvicina l’opera alle atmosfere marine care al suo autore. Nel momento in cui l’Europa comincia a prendere coscienza del tragico bilancio del conflitto, ad elaborare il lutto per le enormi perdite determinatesi, questo brano propone una sorta di evasione fuori del tempo, caratterizzata dall’estrema estensione delle linee melodiche, verificabile fin dal primo tema, esposto dal violoncello, della durata di diciassette battute. Ciò tuttavia non esclude la possibilità di esprimere un’emozione intensa o, come avviene nello Scherzo, un’energia folgorante. Analogamente ricca la gamma dinamica ed agogica adottata dai solisti, nel rendere ogni aspetto ma anche una visione organica di questa composizione: dal Modérément animé, che si fonda su due temi in ossequio alla forma sonata, allo Scherzo su un tema di sapore popolare, al Mouvement lent, da cui emana un senso di raccoglimento, al Finale, che attinge al materiale tematico del primo movimento, per concludersi con una coda in forma di fanfara. Reiterati applausi. Un bis: il grazioso Andantino dal Trio di Fauré