Grand-Opéra in cinque atti su libretto di Hector Berlioz da Virgilio. Richard Rittelmann (Chef Grec), Marie-Nicole Lemieux (Cassandre), Stéphane Degout (Chorèbe), Michael Spyres (Enée), Marianne Crebassa (Ascagne), Philippe Sly (Panthée), Stanislas de Berbeyrac (Hylas, Hélénus), Bertrand Grunewald (Priam), Agnieszka Slawinska (Hécube), Jean Teitgen (Ombre d’Hector/ Mercure), Joyce DiDonato (Didon), Hanna Hipp (Anna), Cyrille Dubois (Iopas), Nicolas Courjal (Narbal), Jérôme Varnier (1° Sentinel), Frédéric Caton (2° Sentinel). Les Choer de l’Opéra National du Rhin, Badischer Staatsopernchor, Choer Philarmonic de Strasbourg, Orchestre Philarmonic de Strasbourg, John Nelson (direttore). Registrazione Salle Erasme, Strasbourg, 11-18 aprile 2017. 4 CD Erato
“Les troyens” è una partitura da sempre lontana dalla routine. L’imponenza dell’impianto e la complessità vocale e orchestrale della partitura se, da un lato, hanno impedito una più ampia diffusione del titolo, dall’altro, l’hanno preservato dagli eccessi di una prassi ormai rodata rendendo una sorta di evento ogni ripresa del capolavoro di Berlioz. Il limitato ma qualitativamente più che rilevante catalogo discografico si arricchisce ora di questa nuova edizione Erato destinata a segnare un punto importante nella storia interpretativa dell’opera. Registrata a Strasburgo in occasione delle recite in forma di concerto dall’11 al 18 aprile 2017, questa incisione rappresenta l’attuale punto di arrivo dell’evoluzione nell’approccio interpretativo a Berlioz dalle esecuzioni di taglio para-wagneriano degli anni 70 – come l’incisione in studio di Colin Davis del 1969 – a una lettura che recupera invece la tradizione musicale neoclassica e rossiniana in cui Berlioz era cresciuto e di cui per molti aspetti si sentiva diretto erede, pur ricreandole in forme di una monumentalità e di una ricchezza che aprono in modo sorprendente verso il futuro tardo-romantico. È una vera fortuna che queste recite – con una compagnia di canto semplicemente sensazionale -, siano state documentate su disco e per di più con una qualità tecnica che non ha nulla da invidiare ai migliori prodotti in studio per pulizia e brillantezza del suono. I complessi di Strasburgo non sono sicuramente le migliori compagini sulla scena internazionale ma, pienamente coinvolti nell’eccezionalità dell’evento, forniscono una prestazione che nulla ha da invidiare a complessi di gran lunga più blasonati. A guidarli con esperienza e mestiere è John Nelson, direttore che con Berlioz ha sempre avuto un rapporto privilegiato. Un amore che questa registrazione trasmette pienamente. Nelson non teme l’ampiezza della partitura, anzi lascia respirare l’orchestra quando questo afflato epico diventa dominante. Il direttore non solo regge tutto con mano ferma e sicura, facendo interagire i vari piani musicali ed espressivi con rigore e naturalezza, ma riesce anche a far convivere senza stridori dettagli cameristici e gigantismi sinfonici. Le tinte si spargono a pennellate ampie e distese, che trovano momenti di altissima ispirazione nel I atto cartaginese con le sue luci “alla Lorrain”; nei passi più drammatici, inoltre, non manca il giusto piglio eroico come nel sempre commovente finale della prima parte o negli smaltati interventi di Enea. Sul piano filologico la partitura è eseguita nella quasi totale interezza mancando solo l’episodio di Sinone – per altro espunto dallo stesso Berlioz nel 1861 – e il preludio al terzo atto aggiunto nel 1863. La compagnia di canto è fra le migliori della storia esecutiva dell’opera. Forse anche solo impossibile immaginare Enée migliore di quello di Michael Spyres, che del ruolo dà una lettura meno “sofferta” e forse meno scopertamente “eroica” di quanto fece Kunde alla Scala ma risulta semplicemente elettrizzante sul piano vocale. Un Enea ancora giovanile, squillante e cavalleresco, un perfetto eroe canoviano capace di far vibrare le corde dell’autentica epopea. La voce è solidissima, sicura su tutta la gamma, la tecnica da perfetto belcantista piega alle raffinatezze del canto l’indole da tenore eroico così che musicalità, dolcezza, sensualità convivono senza soluzione di continuità con lo slancio epicheggiante. Un Enée di tal portata richiedeva una Didon di pari livello e qui abbiamo una fuoriclasse come Joyce DiDonato, radiosa voce di mezzosoprano, di una femminilità morbida e setosa che si fonde alla perfezione con quella di Spyres. La loro esecuzione di “Nuit d’Ivresse” è di una poesia di rara suggestione imponendosi forse come l’unica a reggere il confronto con la mitica lettura che di questo brano diedero Verrett e Gedda. Quella della Di Donato è una Didon prevalentemente lirica e malinconica, che anche nelle accensioni più drammatiche lascia emergere un fondo di sincera commozione. La canadese Marie-Nicole Lemieux è fra i maggiori mezzosoprani barocchi della nostra generazione. Come Cassandre sfoggia una voce scura e calda, così che il contrasto non potrebbe essere più netto con la luminosità della DiDonato. Sul piano vocale la tessitura la costringe a tratti a forzare nel settore acuto ma la pienezza della cavata e la nobiltà dell’accento esaltano il gusto ancora tutto gluckiano dei grandi declamati che Berlioz compone per la profetessa. Al suo fianco non guasta la semplice umanità del Chorèbe di Stéphane Degout forse meno “composto” ma con una sua espressività schietta che crea un efficace contrasto con il tono espressivo sublime dell’amata. Di altissimo livello la qualità delle parti di fianco. Marianne Crebassa è un autentico “lusso” come Ascagne e forse mai il giovane principe frigio è stato cantato con tanta accuratezza e voce tanto bella; Cyrille Dubois ha tutta la stilizzata eleganza dell’haute-contre neoclassico nella canzone di Iopas; più robusta ma altrettanto nobile la voce di Stanislas de Barbeyrac come Hylas. Hanna Hipp fornisce un contrappunto sobrio ed elegante alla DiDonato nei duetti fra Didone e Anna. Un po’ ingolata ma nell’insieme robusta e sonora la voce di basso di Nicolas Courjal come Narbal. Ottime anche tutti gli altri ruoli e le tre compagini corali riunite per l’occasione.