A 150 anni dalla morte.
Educato dal padre alla lettura delle opere classiche, Hector Berlioz rimase affascinato sin da giovane dal quarto libro dell’Eneide che costituì la principale fonte d’ispirazione dei Troyens, una tragédie-lyrique, nata dalla fusione di due parti composte in precedenza, La Prise de Troie e Les troyens à Carthage. Berlioz avrebbe voluto che fosse eseguita l’opera intera, ma fu costretto ad accettare inizialmente tale separazione per rendere l’opera più fruibile al pubblico e con la speranza che almeno una parte potesse essere accettata da un teatro parigino. Era impossibile, infatti, mettere in scena l’opera completa sia per la durata (4 ore) sia per l’ingente numero di mezzi scenici richiesti tra cui la presenza sulla scena di un enorme cavallo e sia per le masse orchestrali e corali necessarie. L’opera fu composta fra il 1856 e il 1858, ma trascorsero 5 anni prima che avvenisse la rappresentazione soltanto della seconda parte al Théâtre Lyrique, teatro non certamente preferito da Berlioz nonostante vi avesse diretto nel 1859 Orphée et Eurydice di Gluck con l’interepretazione di Pauline Viardot. Con grande coraggio dell’impresario Carvalho, Les Troyens à Carthage furono messe in scena il 4 novembre 1863 dopo numerosi tagli e limitazioni orchestrali. La critica non fu tenera e Jouvin su «Le Figaro», dopo aver esaltato un quintetto e un duetto tra Enea e Didone che a suo giudizio erano le uniche pagine degne di lode, criticò tutto il resto.
Nonostante qualche critica da parte dei giornali la rappresentazione fu accolta con un certo favore e dell’opera troviamo un giudizio positivo nel Dictionnaire des Opéras del 1905 curato da Félix Clement e Pierre Larousse:
“La stampa si è affrettata a contestarla con una leggerezza crudele, secondo l’espressione del fedele Acate di Berlioz, M. d’Ortigue; tuttavia i veri amatori, seri e disinteressati, hanno voluto ascoltare più volte quest’opera importante e, comprendendo meglio il linguaggio dell’autore, penetrando più avanti nel suo pensiero, avendo l’educazione di perdonargli qualche difetto in considerazione delle sue qualità, questi amatori, dico, hanno scoperto ad ogni ripresa bellezze non percepite inizialmente, e hanno finito per considerare l’opera Les Troyens come uno dei più notevoli lavori che siano apparsi sulla scena negli ultimi quindici anni”.
La prima parte, invece, fu eseguita in forma di concerto nel 1879, mentre l’opera integrale, quasi completa, fu rappresentata per la prima volta a Karlsruhe il 6 e il 7 dicembre 1890. La première parigina ebbe luogo soltanto nel 1921 in una versione abbreviata, mentre la prima vera esecuzione in forma integrale avvenne nel 1957 al Covent Garden di Londra a cui seguì un’incisione discografica diretta da Colin Davis in un’edizione critica curata dal musicologo Hugo Macdonald e ricavata dalla partitura edita dopo la supervisione dell’autore nel 1862 nella quale è presente la successione degli episodi prima della scissione in due parti. L’opera si ispira all’Eneide di Virgilio e precisamente, per la prima parte, al secondo libro in cui l’eroe troiano Enea racconta alla regina cartaginese Didone la distruzione di Troia, mentre, per la seconda parte, al quarto libro che tanto lo aveva entusiasmato e commosso fin dalla giovane età. Nell’opera c’è da notare che manca l’ouverture, non introdotta da Berlioz per permettere agli spettatori di conoscere immediatamente i mitici luoghi. Si nota, infatti, all’apertura del sipario, nella pianura il tumulo del più valoroso condottiero greco, Achille, attorno al quale due pastori zufolano sui loro auloi.
Atto primo (Prise de Troie). Nella pianura troiana abbandonata dai Greci, il popolo troiano festeggia la fine del decennale assedio (Quel bonheur), con un brano molto vivace in cui appaiono anche i fiati che raffigurano una cerimonia di tipo arcaizzante. Il coro, caratterizzato dall’alternanza di passi omoritmici con altri antifonici, è interrotto dall’arrivo di un soldato, che annuncia ufficialmente la morte di Achille, e dall’ingresso in scena, mentre il popolo festante corre verso l’enorme cavallo di legno, di Cassandra la quale, a differenza degli altri, manifesta la sua inquietudine e i suoi sospetti nell’air, Malhereux roi! dalle tinte altamente drammatiche e fosche a cui contribuiscono i corni e i fiati. Poco dopo la donna è raggiunta dall’amato Corebo che non si fa convincere ad abbandonare la città e lei (duetto: Reviens à toi). La famiglia reale sta sfilando in processione, quando giunge agitato Enea che racconta di un terribile prodigio: il sacerdote Laocoonte aveva appena lanciato il suo giavellotto contro il cavallo esortando il popolo a distruggerlo, quando due giganteschi serpenti, venuti dal mare, l’avevano stritolato e divorato (ottetto: Châtiment effroyable). A questo racconto Priamo, per ottenere il perdono dalla dea Pallade Atena a cui è dedicato il cavallo, ordina di introdurlo nella città, mentre Cassandra, in preda all’orrore, osserva la processione che porta il cavallo dentro le mura (Marche du roi des dieux).
Atto secondo. È notte e in sogno appare ad Enea l’ombra di Ettore che gli ordina di partire subito per l’Italia dove dovrà fondare una nuova Troia (recitativo: Fuis, fils de Venus). Svegliatosi, vede che già è iniziato il saccheggio. Nel palazzo di Priamo, dove le donne pregano attorno all’altare di Cibele per la salvezza della città, Cassandra annuncia di voler morire dal momento che Corebo è morto in battaglia e la sua decisione è seguita da molte altre donne. Così, all’ingressso dei soldati, Cassandra e le sue compagne si uccidono. La donna prima di morire grida, salva i nostri figli, Enea! Italia, Italia!
Atto terzo (Primo dei Troyens à Carthage). Il sipario si apre sulla città di Cartagine dove il popolo in festa elogia la regina Didone per aver costruito in poco tempo un regno abbastanza prospero; la regina è, però, malinconica e alla sorella Anna, che scherzando la esorta a riprendere marito, risponde di aver giurato sul cadavere del primo marito Sicheo ucciso dal fratello, che non avrebbe più amato (duetto: Sa voix fait naître). All’improvviso il poeta di corte Iopa annuncia l’arrivo di una flotta troiana con gli esuli accolti benevolmente dalla regina e in quel momento Narbal, consigliere di corte, comunica che Iarba, re dei Numidi e pretendente di Didone, sta attaccando i campi cartaginesi. A questa notizia Enea rivela la sua identità e si offre di combattere il nemico per ringraziarla dell’ospitalità.
Atto quarto (Secondo dei Troyens à Carthage). Didone sembra aver ritrovato la gioia accanto ad Enea e partecipa a spettacoli, danze e banchetti, trascurando i suoi doveri verso la città secondo Narbal che si lamenta di ciò con Anna la quale mostra tutta la sua felicità per il cambiamento della sorella (duetto: De quels revers ménaces–tu Carthage). La regina ormai è innamorata di Enea dal quale si fa spesso raccontare le vicende di Troia, ma l’eroe troiano, dopo una felice notte d’amore (duetto: Nuit d’ivresse), sente la voce del dio Mercurio che per tre volte grida Italia indicandogli il mare.
Atto quinto (Terzo dei Troyens à Carthage). Enea è costretto ad obbedire turbato continuamente dalle ombre di Ettore, Priamo, Cassandra e Corebo che gli ordinano di partire immediatamente. Mentre Panteo riunisce i Troiani esortandoli alla partenza, giunge Didone furente che gli chiede spiegazioni e, non accettando la giustificazione che egli deve partire per ordine divino, lo maledice mentre sale sulla nave (duetto: Errante sur tes pas). Poco dopo, pentitasi, chiede alla sorella Anna di correre alle navi per chiedere all’eroe troiano un ultimo colloquio, ma è troppo tardi in quanto Iopa e il coro annunciano che Enea è già partito. La regina allora, in preda ad una forte agitazione, dichiara che avrebbe offerto alle divinità dell’Ade i pegni d’amore lasciati da Enea per purificare la sua anima. Rimasta sola, dando l’addio alla città, medita il suicidio (air: Adieu fière cité). I sacerdoti di Plutone stanno preparando la cerimonia e Anna e Narbal lanciano una maledizione su Enea e i Troiani. Poco dopo arriva Didone che guarda per l’ultima volta i regali di Enea e, impugnata la spada, si trafigge a morte. Il popolo sconvolto maledice i Troiani, mentre la regina, in preda al delirio, vede il trionfo della nuova città fondata da Enea imprecando, prima di spirare (Haine éternelle à la race d’Énéa!).