Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “I musicisti nella Grande Guerra”, dal 6 al 28 aprile 2019
Violoncello Edgar Moreau
Pianoforte Pierre-Yves Hodique
Jean Cras: Largo en fa dièse mineur pour violoncelle et piano
Albéric Magnard: Sonate pour violoncelle et piano en la majeur op. 20
Louis Vierne: Sonate pour violoncelle et piano en si mineur op. 27
Venezia, 11 aprile 2019
In occasione del centenario del Trattato di Versailles, il Palazzetto Bru Zane rende omaggio, con il suo festival di primavera, ai compositori della Grande Guerra, una generazione di pionieri in fatto di modernità. Durante il periodo bellico, in Francia le attività musicali non si sono mai interrotte, a parte un breve periodo iniziale di smarrimento: già alla fine del 1914, a Parigi riprendono i concerti, che in molti casi si legano ad iniziative patriottiche. E il patriottismo coinvolge anche i compositori, come nel caso di Albéric Magnard, che trovò la morte, nel 1914, nella sua villa a Baron (dipartimento dell’Oise), incendiata per rappresaglia da alcuni soldati tedeschi, contro i quali aveva fatto fuoco. Tuttavia la musica di questo compositore, non rivela nulla di riconducibile all’orgoglio nazionale, risultando profondamente influenzata da Wagner e da Beethoven: come si è potuto cogliere nel corso del concerto, la sua Sonata per violoncello e pianoforte (1911), analogamente a quella di Louis Vierne (1910) o al Largo di Jean Cras (1903), testimonia del fatto che la musica da camera francese, all’inizio del XX secolo, guardava, senza preconcetti, a quanto avveniva in Europa, puntando alla definizione di un nuovo linguaggio, seppur ancorato alla tradizione. Determinanti, ai fini della riuscita di questa intrigante proposta del Palazzetto Bru Zane, la preparazione e il talento, che hanno pienamente dimostrato i due giovani interpreti alla prese con pezzi tutt’altro che “di routine”.
Composta nel 1909-10, la Sonata per violoncello e pianoforte in la maggiore di Magnard – ultima opera da camera del compositore – venne eseguita per la prima volta da Fernand Pollain e Blanche Selva il 25 febbraio 1911, presso la Société nationale de musique. La ricerca di un’espressione sintetica ma pregnante, l’uso raffinato degli intervalli, la libertà rispetto ai canoni dell’armonia, il rigore della forma coniugato ad un ricco proliferare di episodi sono tutti elementi, che comprovano lo sforzo di rinnovamento, cui si è fatto cenno sopra. Il violoncello di Edgar Moreau – un pregiato David Tecchler del 1711 – si è messo in luce per la morbidezza e la rotondità del suono, oltre che per la perfetta intonazione e il giusto accento, con il sostegno determinante del pianoforte di Pierre-Yves Hodique, che ha affrontato il proprio ruolo tutt’altro che ancillare, dimostrandosi parimenti instancabile, preciso e sensibile. Tutto questo si è apprezzato nel primo movimento, che procede tra fantasia e rigore con un tema melodico stranamente anteposto a un tema ritmico e con lo sviluppo consistente in una fuga basata sul secondo tema; in quello successivo caratterizzato da febbrili evoluzioni e da un trio centrale di sapore modale e popolare; nel terzo, che segue il precedente senza soluzione di continuità, dove a tratti l’atmosfera funebre, sancita dal titolo, viene interrotta da qualche squarcio più leggero; nel finale, di carattere eterogeneo, dominato da un’andatura incalzante, anche a causa di ritmi ostinati, con il pianoforte impegnato in una vera e propria maratona di note.
Un rinnovamento a livello espressivo – per la presenza di quelle coloriture modali, che assumeranno maggiore pregnanza nelle opere della maturità – è sotteso anche al Largo in fa diesis minore di Jean Cras, che ha aperto il concerto – eseguito postumo il 22 novembre 1934 da André Lévy, al violoncello, e Colette Cras, la figlia del compositore, al pianoforte. Nel riproporla, i due solisti si sono imposti subito per la sensibilità e l’adeguatezza del loro gesto interpretativo ai differenti climi psicologici, che si succedono nel pezzo, in cui il compositore ha cercato di rendere il suo mondo interiore con toni più virili e decisi rispetto ad opere precedenti: la lunga, dolente meditazione, con cui il Largo ha inizio; l’animazione sempre più accentuata dell’episodio centrale; la languida tristezza dell’ultima parte, che riprende, con modifiche, il materiale della prima.
Analogamente ricca di pathos, di sfumature e contrasti è apparsa la prestazione di Moreau e Hodique nella Sonata per violoncello e pianoforte in si minore di Louis Vierne, che si snoda tra i poli opposti, rappresentati da D’Indy e Fauré: tra la concezione nobilmente rigorosa di uno dei fondatori della Schola cantorum con il suo rifiuto di far ricorso a facili attrattive o ad estenuati languori e, rispettivamente, il gusto per le sfumature, l’intimismo tardo-romantico di colui, che molti ritengono il re della mélodie francese. Composta a partire dall’agosto 1910 in un periodo particolarmente infelice – soprattutto a causa di un torto subito dal musicista, che vide assegnare ad un altro la tanto desiderata cattedra d’organo al conservatorio di Parigi – e dedicata al grande violoncellista spagnolo Pablo Casals, venne eseguita per la prima volta il 10 febbraio 1910 presso la Société nationale de musique. Autorevoli fino alla fine si sono dimostrati i due solisti nel rendere il carattere variegato di quest’opera fortemente segnata dalle ricordate vicende autobiografiche ma, nel contempo, espressione di un’incrollabile determinazione ad affrontare la vita e a superare le difficoltà. Un bis, conquistato a furor d’applausi: il languido Andante espressivo per violoncello e pianoforte di Fernand de la Tombelle.