Teatro Regio di Torino, Stagione d’opera 2018-2019
“LA SONNAMBULA”
Melodramma in due atti su libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Amina EKATERINA SADOVNIKOVA
Elvino ANTONINO SIRAGUSA
Il conte Rodolfo NICOLA ULIVIERI
Lisa DANIELA CAPPIELLO
Teresa NICOLE BRANDOLINO
Alessio GABRIELE RIBIS
Un notaro ALEJANDRO ESCOBAR
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Direttore Renato Balsadonna
Maestro del Coro Andrea Secchi
Regia Mauro Avogadro
Scene Giacomo Andrico
Costumi Giovanna Buzzi
Luci Andrea Anfossi
Allestimento Teatro Regio in coproduzione con Teatro La Fenice di Venezia
Torino, 10 aprile 2019 (prima rappresentazione)
Dopo la riscoperta di Agnese di Ferdinando Paer, la stagione del Teatro Regio torna nel solco dei titoli di repertorio, sia pure non di quelli più frequenti, con La sonnambula. Per l’occasione è stato ripreso l’allestimento, curato da Mauro Avogadro, dell’ultima apparizione cittadina dell’opera di Bellini (settembre 1998), con qualche semplificazione scenografica e una particolare attenzione al significato delle luci, unico elemento da leggere in chiave psicologica nell’ambito di una messinscena limpidamente descrittiva. Da un punto di vista registico è peculiarmente curata la figura della protagonista, di cui si rileva il senso di insicurezza ed estraneità rispetto al contesto in cui vive, mentre più convenzionali risultano gli altri personaggi. Sorprendentemente, in un’epoca in cui gli atti vengono tendenzialmente accorpati, l’opera è stata suddivisa in tre parti, aggiungendo un intervallo a metà del primo atto. Difficile è individuare una chiave di lettura nella direzione di Renato Balsadonna, nel quale si ravvisa un buon coordinatore della recita più che una guida di spiccata personalità: ai solisti è lasciata ampia libertà di esprimersi, e forse anche di scegliersi lo spartito, dal momento che si alternano numeri eseguiti in forma assolutamente integrale ad altri tagliati secondo le più viete “tradizioni”. Le prove dell’Orchestra e del Coro sono comunque state decisamente positive. Quanto ai solisti, il soprano Ekaterina Sadovnikova dispone di una voce delicata e minuta, che, specie nel registro grave, tende a perdersi nella sala del Regio. La sua Amina è una ragazza pura e ingenua, un po’ spaesata davanti alla vita, secondo una lettura molto cliché del personaggio; l’interpretazione vocale – più apprezzabile in talune sfumature di fraseggio dei recitativi e dei cantabili che nei passi brillanti, di esecuzione un po’ scolastica – non è mai stata inferiore a uno standard di buona professionalità, ma raramente si è elevata al di sopra di esso. Tratti vocali simili ha la rivale Lisa (il soprano Daniela Cappiello), che si distingue per una sfumatura acidula conforme all’indole del personaggio e per una maggiore audacia, non sempre ripagata quanto a precisione del risultato, nelle variazioni dell’aria del II atto. Il tenore Antonio Siragusa non trova in Elvino un ruolo che si sposi appieno alle sue caratteristiche vocali, e finisce per risolverlo in maniera discontinua: si apprezza una buona interpretazione in un passo di legato carezzevole come «Prendi, l’anel ti dono» (ove Siragusa ha saputo levigare il suo caratteristico timbro) e in alcuni momenti in cui sa esprimere in maniera perspicua il tormento interiore (finale I); tuttavia, alcune escursioni al registro acuto perdono la grazia che conviene alla scrittura belliniana, in particolare nell’assolo «Pasci il guardo». Ben tratteggiata, con aristocratico aplomb, è la figura del conte Rodolfo, nelle mani del basso Nicola Ulivieri; il quale, tuttavia, accorcia la già breve parte eliminando la ripetizione della cabaletta «Tu non sai, con quei begli occhi» e facendo così perdere senso strutturale alla propria principale pagina solistica. Il mezzosoprano Nicole Brandolino convince, specie nel I atto, nel ruolo di Teresa, mentre risulta un po’ troppo “grezzo contadino” l’Alessio del baritono Gabriele Ribis. Dalle fila del Coro arriva il provetto Notaro del tenore Alejandro Escobar. Al termine della serata ci sono stati applausi per tutti, convinti, ma non particolarmente entusiasti, da parte di una sala non certo gremita; qualche piccola contestazione – ma udibile solo a poche poltrone di distanza – all’indirizzo di Elvino. Gli applausi sono quelli che convengono a una rappresentazione di routine, quale questa Sonnambula si può tranquillamente definire. I posti vuoti in sala sembrano confermare la diretta proporzionalità che si verifica, a Torino, tra celebrità del titolo allestito e numero degli spettatori paganti (con il tutto esaurito riservato alle top-10 della storia dell’opera), e non incoraggiano a tentare una programmazione più audace e originale che pur sarebbe doverosa da parte di un grande teatro. Foto Edoardo Piva