Da qualche giorno si è concluso il convegno internazionale di studi, in programma da giovedì 28 a sabato 30 marzo, che ha avuto come tema: “La danza in Italia nel Novecento e oltre: teorie, pratiche, identità”, a cura di Elena Cervellati e Giulia Taddeo, presso il Dipartimento delle Arti / La Soffitta / DAMSLab, di Bologna. Un incontro formativo che ha dato modo ai relatori presenti, insegnanti universitari, studiosi, giornalisti, critici e altro, di poter esporre concetti, risultati di ricerca, obiettivi sullo sviluppo della danza in più di un secolo, osservata da ampie prospettive, in differenti perimetri progettuali. I numerosi interventi si sono articolati, in maniera interessante nell’arco di tre giornate, grazie a: Silvia Carandini, Elena Cervellati, Annamaria Corea, Vito Di Bernardi, Caterina Di Rienzo, Susanne Franco, Roberto Fratini Serafide, Marinella Guatterini, Elisa Guzzo, Concetta Lo Iacono, Rossella Mazzaglia, Aline Nari, Silvia Poletti, Elena Randi, Alessandra Sini, Giulia Taddeo, Patrizia Veroli, Sayaka Yokota, Franca Zagatti.
Risulta difficile poter riassumere brevemente i risultati ottenuti nelle tre giornate di studio, data la densità dei contributi e la ricchezza degli argomenti trattati. Costruttivo ed evocativo, votato a focalizzare obiettivi e scopi, è sicuramente stato l’intervento della decana Eugenia Casini Ropa, che ha portato una buona parola sui risultati attesi e impatti futuri della danza italiana. È emerso sinteticamente il ricordo di un lavoro tecnico e coreografico del passato, in una struttura di canoni, risultato di un’epoca fulgida fatto di grand-ballet, dal gusto classico, futuro ormai certo, rispetto alle nuove sperimentazioni artistiche contemporanee, il più delle volte costituito da lavori trasversali che contengono molteplici creazioni, in cui i danzatori e i coreografi devono confrontarsi, in situazioni instabili. Molti interrogativi importanti sono stati posti, quello specifico che riguarda coreografi e danzatori – diffusamente condiviso – è: perché oggi è necessario uscire fuori dall’Italia per perfezionarsi, lavorare e soprattutto essere sostenuti, quando si hanno delle idee dai validi contenuti? Indiscutibile è il fatto che il mondo della danza soffre di precarietà (vedi la chiusura dei più importanti corpi di ballo) e di scarsi aiuti istituzionali. La danza sperimentale, quella d’autore rischia di soffrire di solitudine e dilatazione dal resto d’Europa, e potrebbe toccare all’autore stesso di rispondere con i propri mezzi e con le proprie esperienze. L’artista o il coreografo, oggi si espone, in questa produzione sterile, sotto un’impronta europea sviscerata, al pericolo di rimanere solo. A fronte di una crisi del linguaggio classico, è necessario rivolgersi alla innovativa scrittura scenica anticonvenzionale. In questo caso pare valida la risposta che esiste l’intenzione della memoria, del rifare, di creare lontano dall’immagine estetica tradizionale, protesa verso la costruzione di un metodo peculiare, risultato di linguaggi utilizzati in modo strategico e variabile. Il convegno è stato sicuramente un’occasione di dibattito, di approvazione e di scontro circa alcuni temi fondamentali che dominano l’attuale scena artistica coreutica italiana. La risposta sulla gestione e organizzazione di programmi ed eventi è stata esposta grazie alla tavola rotonda presieduta da Roberto De Lellis (Teatro Gioco Vita, Piacenza), Fulvio Macciardi (Teatro Comunale di Bologna Fondazione), Francesca Magnini (Balletto di Roma), Roberto Naccari (Santarcangelo Festival), Marino Pedroni (Teatro Comunale di Ferrara), Barbara Regondi (Emilia Romagna Teatro Fondazione). Organizzazioni manageriali, spiegano la composizione strategica, la produzione e la gestione di fattori che giustificano il successo di pubblico, con un ritorno economico. Risulta evidente che la danza contemporanea sia seguita da un pubblico di “nicchia”, poco numeroso, rispetto al balletto con étoiles internazionali. Importante risulta anche appagare strati diversi di pubblico, ciò produce bellezza e cultura. L’evoluzione e l’elaborazione del linguaggio della danza, inoltre, ha dato l’opportunità ai relatori di suggerire delle parole-chiave, finalizzate alla elaborazione di un “glossario d’autore”, in cui risolutiva è stata l’idea di rendere più visibile l’invisibile materialità della danza, soprattutto quella d’autore, dagli anni Ottanta a oggi. In ultima analisi piacevolmente interessanti sono stati i contributi coreografici di Simona Bertozzi (Nexus), Adriana Borriello (Compagnia Adriana Borriello), Gruppo Terza Danza, diretto da Franca Zagatti, al quale si sono uniti gli studenti del Corso di Laurea in DAMS, con esperienza nella danza di comunità, e rispettivamente sono stati anticipati da una breve introduzione di: Enrico Pitozzi, Francesca Beatrice Vista, Franca Zagatti. Tre diversi percorsi coreografici, dalla presenza fisica e intensità esponenziale del gesto, che sicuramente hanno evidenziato una nuova componente emotiva, una dialettica corporea e un tracciato fisico introspettivo ad alto contenuto poetico ed estetico, un ponte tra generazioni.
In conclusione, si può riassumere che è stato un incontro di riflessioni, dalle tematiche dal forte pretesto emotivo, scientifico, critico e culturale, che sicuramente mira a trovare soluzioni protese ad incentivare lo sviluppo della danza italiana, intesa come studio e apertura verso “l’altro” e altri scenari.