Novara, Teatro Coccia – Stagione d’Opera 2018-19
“LE NOZZE DI FIGARO”
Commedia per musica in quattro atti. Libretto di Lorenzo Da Ponte dalla commedia “La folle journée ou Le mariage de Figaro” di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Conte di Almaviva VITTORIO PRATO
Contessa FRANCESCA SASSU
Susanna LUCREZIA DREI
Figaro SIMONE DEL SAVIO
Cherubino AURORA FAGGIOLI
Marcellina ISABEL DE PAOLI
Bartolo ION STANCU
Basilio JORGE JUAN MORATA
Don Curzio RICCARDO BENLODI
Barbarina LEONORA TESS
Antonio JONATHAN KIM
Due contadine CARLOTTA LINETTI, SIMONA PALLANTI
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Coro San Gregorio Magno
Direttore Erina Yashima
Maestro del Coro Mauro Rolfi
Regia Giorgio Ferrara ripresa da Patrizia Frini
Scene Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo
Costumi Maurizio Galante
Coproduzione Teatro Coccia di Novara, Fondazione Ravenna Festival e Festival dei Due Mondi di Spoleto
Novara, 15 febbraio 2019
“Le nozze di Figaro” in scena al Coccia di Novara non è un nuovo allestimento, ma uno che ha già fatto parlare illustri colleghi: la messa in scena di Giorgio Ferrara per il Festival dei Due Mondi di Spoleto del 2016 è infatti diventata già iconica, grazie, soprattutto, alle magnifiche scene e le sapienti luci di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, e ai bei costumi di Maurizio Galante. Una regia “tradizionale” (qualunque cosa questo, e il suo contrario, vogliano dire) che omaggia le regie di una volta, con gli interpreti troppo incipriati, le telette dipinte, la pochade al centro dell’azione scenica e l’attrezzeria sontuosamente rococò, tutta un andirivieni di dorature e capitonné, ma cui non mancano guizzi ed effetti sorprendenti, come suggestive costruzioni cromatiche che percorrono ciascun atto (verde, rosa, rosso, blu) e che si incarnano nel personaggio di Cherubino, quasi un trickster in paillettes e parrucche surreali. La sensazione che si ha è quella, positivissima, di una scena che parla la lingua del pubblico e contemporaneamente quella di Mozart, e anche i consensi del pubblico di qualunque età e palato, nel foyer, all’intervallo, sembrano confermare questa buona riuscita. Altro discorso va invece fatto per la compagine musicale della serata, a partire dalla giovane e senza dubbio ben avviata direttrice nippotedesca Erina Yashima: la sua direzione punta a una performance orchestrale coesa, a recitativi ricchi, con un particolare rilievo dato ai fiati, ma talvolta – soprattutto nell’ouverture, in “Non so più cosa son, cosa faccio” e nella canzonetta “Sull’aria” – conduce la buona prova dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini con eccesso di concitazione, in maniera francamente inspiegabile, anche a scapito della scena, con, almeno per la prima aria di Cherubino, evidente ritardo tra buca e interprete. Tre “abbagli” in una complessiva direzione, tuttavia, corretta e che sa emozionare nei momenti più elegiaci, oltre che incalzare in quelli più rocamboleschi. Il trio di soprani, che la scelta di partitura richiede, vede schierate tre giovani artiste di esperienza diversa, ma tutte ben calate nel proprio ruolo: vedette della serata è senza dubbio Francesca Sassu, una Contessa ormai collaudata, palpitante e crudele al punto giusto, che spezza il cuore in “Dove sono i bei momenti”, ma la cui nobile voce ben s’intreccia alle altre negli assieme (come il formidabile settetto della fine del terzo atto); non è tuttavia da meno la Susanna di Lucrezia Drei: pur partendo un po’ in sordina, dal secondo atto in poi la soprano milanese ci conquista con una voce forse non grandissima, ma intonatissima, ben emessa, giustamente espressiva, e che in “Deh vieni non tardar” ci conferma il giudizio che già altre volte abbiamo maturato su di lei, cioè di interprete lirico-leggera di spessore e scenicamente preparata; sorprende, invece, in un ruolo tradizionalmente definito secondario, la giovane Leonora Tess: la tessitura chiara della voce ben s’adatta alla frizzante Barbarina, e non manca, nell’arietta “L’ho perduta… me meschina”, di saper toccare anche le corde del sentimento. I due mezzosoprani dell’ensemble spezzano, invece, questo alto livello: se si riconferma una voce affascinante e ben sostenuta Isabel De Paoli, conferendo a Marcellina rispettabilità senza perdere il piglio che il personaggio comico richiede, dall’altra parte il Cherubino di Aurora Faggioli non convince, ci pare estranea alla musicalità mozartiana; “Voi che sapete”, unico momento veramente convincente della sua interpretazione, è comunque cantata con impostazione insolitamente barocca, piacevole nella zona acuta, ma alquanto debole nei centri. Il settore maschile fornisce invece prove tutte di buon livello, fra le quali spicca il navigato Figaro di Simone del Savio: basso-baritono di bel carattere e preparato scenicamente, fornisce una prova omogenea, sicura, contraddistinta da una buona scansione della parola; anche il Conte di Vittorio Prato offreun’interpretazione scenicamente e musicalmente riuscita, spicca in “Vedrò mentr’io sospiro”; convince meno la prova di Jorge Juan Morata (Basilio), che si lascia forse troppo suggestionare dalla natura buffa del personaggio, non controllando appieno il suo pur interessante suono e l’intonazione; più apprezzabile, invece, il Bartolo di Ion Stancu, dal suono tondo, il fraseggio scandito e il giusto coinvolgimento scenico; godibili anche le performance di Riccardo Benlodi e Jonathan Kim (Don Curzio e Antonio), giustamente caricate sotto il profilo comico e corrette vocalmente. Il Coro San Gregorio Magno di Trecate, infine, pur nelle risicate parti che gli competono, dà buona prova di sé, sia scenicamente, sulla danza finale del terzo atto, sia musicalmente (brave le due soliste Carlotta Linetti e Simona Pallanti): un plauso al Maestro Mauro Rolfi che da anni lo dirige. Foto Mario Finotti