A 160 anni dalla nascita
Mentre La fanciulla del West intraprendeva il suo percorso verso i teatri, per Puccini cominciava la difficile ricerca di un nuovo soggetto. Dopo aver scartato L’oiseau bleu e Marie Madeleine, entrambi di Maeterlinck, il realistico dramma di Sudermann, Johannisfeuer, suggeritogli da Sybil Seligman, sua amica e confidente, e, infine, Hanneles Himmelfahrt di Hauptmann, egli rivolse la sua attenzione ad Anima allegra dei fratelli Quintero, caldeggiata da Giulio Ricordi, che gli aveva fatto conoscere Giuseppe Adami. Sebbene vi avesse cominciato a lavorare, il compositore abbandonò presto il progetto sia per la morte dell’editore (3 ottobre 1912) sia perché riluttante a comporre un’opera il cui soggetto richiamava la Carmen di Bizet.
Accantonato questo soggetto, Puccini ritornò al progetto del Trittico, maturato dopo Tosca ma ostacolato da Ricordi. Nel mese di giugno 1913 egli decise, in accordo con Giuseppe Adami, di lavorare a Il tabarro il cui argomento, tratto dal dramma in un atto, La Houppelande di Didier Gold, aveva suscitato il suo interesse quando aveva assistito alla rappresentazione del dramma al Théâtre Marigny di Parigi nella primavera del 1912. Nell’ottobre di quell’anno, inoltre, mentre Puccini stava già lavorando alla composizione del Tabarro, in occasione di una rappresentazione a Vienna della sua Fanciulla del West, fu contattato da Otto Eibenschütz e da Heinrich Berté, all’epoca direttori del Carl-Theater, per la composizione di un’operetta dietro un lauto compenso che variava da 200000 a 400000 corone austriache a cui si aggiungeva il 50% dei diritti d’autore. L’allettante offerta, però, non suscitò l’interesse immediato del compositore che scrisse al barone Eisner, un suo amico viennese: «Io, operetta non la farò mai», aggiungendo, «opera comica, sì: vedi Rosenkavalier, ma più divertente e più organica». Quale fu, allora, la ragione che indusse Puccini a cambiare idea? È molto probabile che alla base della sua decisione di accettare di firmare il contratto con gli impresari austriaci ci sia stato un litigio con Tito Ricordi in occasione di una ripresa a Vienna di Tosca nel 1914. L’editore era solito, infatti, accompagnare il compositore nei suoi viaggi al-l’estero per seguire la messa in scena delle opere, ma, trattenuto in Italia dalla rappresentazione a Napoli della Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai, lo fece accompagnare dal fidato Carlo Clausetti, che richiamò poco dopo a Napoli, essendosi resa necessaria la sua presenza. Puccini, indispettito, firmò il contratto con i direttori viennesi, accettando la clausola secondo la quale: «Il soggetto dovrà esser scelto dagli impresari viennesi previa approvazione del compositore, e dovrà essere adattato alle scene da un librettista di loro scelta, A. M. Willner». Willner si mise subito al lavoro e all’inizio dell’estate inviò un canovaccio a Puccini che non rimase per niente soddisfatto; diversa sorte, invece, toccò al libretto che lo stesso Willner scrisse insieme ad Heinz Reichert e la cui trama si ispirava sia alla Traviata che al Pipistrello. Il testo, pur non suscitando particolare entusiasmo, non dispiacque al compositore che si mise al lavoro con la solita meticolosità alla versione italiana del libretto approntatagli da Adami al quale, però, non mancò di esprimere qualche riserva. Adami, per facilitare il lavoro di Puccini, poco ispirato anche per la presenza dei dialoghi parlati che ostacolavano la sua vena musicale, li sostituì con versi lirici e sistemò la trama in modo da creare un libretto operistico che soddisfece non solo il compositore, ma anche gli impresari viennesi i quali furono felici di avere un’opera intera del maestro italiano e non solo 10 pezzi intercalati dai dialoghi. Il contratto fu modificato in modo tale che Puccini si impegnasse a comporre un’opera sul libretto di Adami, mentre i librettisti tedeschi Willner e Reichert furono incaricati dell’adattamento in tedesco. Nacque così c che, completata per la Pasqua del 1916, non poté essere subito rappresentata a causa degli eventi bellici e di alcuni problemi relativi alla pubblicazione che non fu curata da Ricordi, ma da Sonzogno il quale suggerì Montecarlo come luogo per la première avvenuta, con grande successo, il 27 marzo 1917 con Gilda Dalla Rizza (Magda), Ines Ferraris (Lisette) e Tito Schipa (Ruggero) sotto la direzione di Gino Marinuzzi. André Corneau sul «Journal de Monaco» del 3 aprile scrisse:
“Fu un galà trionfale. La Rondine, prima rondinella della stagione dei fiori, continua la tradizione di successo che si è affermata in ciascuna delle opere firmate da questo grandissimo nome: Puccini. […] Puccini, il cantore ispirato del teatro d’amore, de La vie de Bohème, della Tosca, di Madame Butterfly, dovendo far cantare questa graziosa avventura amorosa, lo ha fatto senza mezzi termini: senza alcuna preoccupazione di moda, di scuola ha affrontato in modo risoluto la peggiore di tutte le difficoltà; quella di essere melodista da un capo all’altro della sua opera”.
Unica opera di Puccini non pubblicata da Ricordi, La rondine, nonostante le tre successive revisioni, non è entrata stabilmente nel repertorio.