Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2018-2019
“LO SCHIACCIANOCI”
Coreografia Giuseppe Picone da Lev Ivanov e Marius Petipa
Musica Pëtr Il’ic Čajkovskij
Clara CLAUDIA D’ANTONIO
Schiaccianoci SALVATORE MANZO
Fata Confetto LAUREN CUTHBERTSON
Principe Schiaccianoci VADIM MUNTAGIROV
Drosselmeyer EDMONDO TUCCI
Regina della Neve LUISA IELUZZI
Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone
Allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo diretta da Stéphane Fournial
Direttore Karen Durgaryan
Direttore del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Giusi Giustino
Napoli, 29 dicembre 2018 ore 21.00
Non è semplice – o, al contrario, potrebbe esserlo troppo – scrivere una recensione di un classico senza scadere nell’ovvietà. Durante le feste la tentazione di redigere una scheda critica di routine è forte, ma sarebbe inopportuno perché, come gli addetti ai lavori ben sanno, ogni spettacolo, anche se ripreso nello stesso allestimento, è diverso (finanche di recita in recita), non solo perché cambiano gli interpreti, ma perché la performance danzata è un organismo vivo e tutto scorre senza che si possa tornare indietro. Insomma, non si può né portare in scena una ‘fotocopia’ né, di conseguenza, si può correre il rischio di ‘riciclare’ nella scrittura, sia pure nei confronti di un prodotto già noto.
A questo proposito, prima di parlare dello spettacolo e dei suoi pilastri, è bene sfatare il mito del “già visto”, che spesso fa sì che molti attacchino una riedizione o semplicemente chi, ogni anno, è fedele testimone di un classico
natalizio per eccellenza come Lo Schiaccianoci. Innanzitutto, come sottolinea Mauro Mariani nel programma di sala, «nei paesi del nord, tra le tradizioni delle feste natalizie rientra anche portare i bambini a vedere Lo schiaccianoci, almeno nelle città in cui risiede una grande compagnia di balletto: ora questa tradizione, come già è avvenuto nel secolo scorso per l’abete e per Babbo Natale, ha valicato le Alpi e sta prendendo piede anche in Italia». Per di più questo balletto, che nasce dall’oscuro racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann del 1816 e che passa per la penna di Alexandr Dumas padre che lo addolcisce di parecchio, quest’anno gode di un successo tutto particolare grazie al grande schermo. Infatti, prima di esaurire tutte le sedute in teatro, ha attirato il pubblico al cinema con Lo Schiaccianoci e i quattro regni prodotto dalla Walt Disney Pictures e diretto da Lasse Hallström e Joe Johnston (con Keira Knightley, Mackenzie Foy, Helen Mirren e Morgan Freeman) in una ripresa del racconto di Hoffmann in cui la solitudine e la psicologia di Clara sono protagoniste assolute e in cui la danza vede protagonisti addirittura stelle del calibro di Misty Copeland e Sergej Polunin. Una ‘febbre da Schiaccianoci’ non solo a Natale, dunque, che testimonia la preziosità di un prodotto che, se sotto forma di balletto snatura e dissolve il racconto originale attraverso Dumas padre e la sceneggiatura di Marius Petipa, vive tuttavia il valore di una partitura straordinaria per temi e sviluppi. Una musica che, com’è noto, subito si confermò autonoma rispetto alla danza e che sa dipingere il duplice piano di azione della drammaturgia: quello reale e quello fantastico. Non è possibile, qui, delineare una storia degli sviluppi di questo capolavoro, ma è bello sottolineare l’immortalità di un concetto semplice, che nell’era delle tecnologie digitali in cui tutto sembra possibile, non smette di incantare grazie alla messa in scena teatrale, che è al contempo realtà e finzione, ma una finzione creata meccanicamente da mani umane e che si ripete ogni volta davanti agli occhi del pubblico. Questa realtà è la forza di uno spettacolo che, dopo oltre un secolo, porta ancora in scena delle verità che valgono per tutte le generazioni. Il meccanismo del sogno, che parte da un’esperienza tangibile quale quella familiare, si sviluppa sul piano onirico in un alternarsi di paure, desideri, proiezioni di sé.
Tutto questo è in scena al San Carlo di Napoli nell’allestimento di Giuseppe Picone, Direttore del corpo di ballo del Massimo partenopeo, con la ripresa delle magnifiche scene di Nicola Rubertelli e degli splendidi costumi di Giusi Giustino. Il rivestimento tradizionale, come abbiamo più volte sottolineato, appare quello più gradito per il pubblico natalizio e, in fondo, è quello che più fedelmente ricalca la genesi di questo balletto sulle scene dei Teatri Imperiali di Russia nel 1892. Colori e virtuosismi accompagnano il sogno di Clara e conducono per mano lo spettatore. La posizione privilegiata del palco reale ci ha permesso di godere a pieno dell’allestimento (così come il fatto di aver già assistito a questa messa in scena lo scorso anno: è cosa molto difficile scrivere dopo una sola visione). Senza dubbio gli interpreti hanno un ruolo fondamentale nella resa e la recita del 29 dicembre (ore 21.00) ha presentato un primo cast di notevole spessore artistico.
Nei panni di Clara una Claudia D’Antonio (in alternanza con le soliste Sara Sancamillo e Giovanna Sorrentino) fresca, pulita, gioiosa e fanciullesca quanto basta per interpretare un personaggio che è a metà strada tra la bambina e la donna, uno status che si comprende a pieno solo se c’è la possibilità di affiancarle un comprimario ‘giusto’ nel ruolo di Drosselmeyer, lo zio/padrino/mago che non è solo l’intrattenitore del pubblico infantile, ma che rappresenta la prima figura sulla quale si proietta il desiderio di crescita di Clara. La scelta dell’interprete è delicata (e spesso sottovalutata) ma in questo caso la resa del primo ballerino Edmondo Tucci – al compimento di una carriera che lo ha sempre premiato come interprete – è apparsa indiscutibilmente efficace perché ha saputo stabilire, nel corso di tutto lo spettacolo, una costante intesa con la protagonista: non solo una figura che la accompagna in un mondo magico, ma colui che fin dall’inizio la protegge e che veglia sul suo sonno fino alla fine di tutto. Insomma, un padre presente (quello ufficiale è intento alle danze e basta) ma anche l’anello di congiunzione tra un sentimento reale al quale Clara si affaccia e i suoi sogni di bambina che sta diventando donna. Strumento e mezzo di questo sogno è lo Schiaccianoci, che da pezzo di legno diventa soldatino animato, interpretato con la consueta precisione tecnica da Salvatore Manzo (GBoscar 2018), poi principe in carne e ossa nella foresta incantata. Qui un elegantissimo Vadim Muntagirov, attualmente primo ballerino del Royal Ballet, ha esordito nel Passo a Due che precede il Valzer dei Fiocchi di Neve, e che è uno dei punti più alti della partitura: forza, precisione, leggerezza e grande stile nei legati – qui come nel grand Pas de Deux finale – hanno fatto scorrere con grande naturalezza i virtuosismi più arditi. Non si evince la forza dell’interprete a causa del ruolo (in questo limitante) e di un viso poco ‘parlante’, ma il gran pregio di un danzatore straordinario è emerso a pieno. Altrettanto brava Luisa Ieluzzi nel ruolo della Regina della Neve/Principessa dei Fiori, forte e sicura nei passaggi tecnici più difficili e molto apprezzata per la bellezza delle linee e delle proporzioni. Seconda ospite della serata, nel ruolo della Fata Confetto, Lauren Cuthbertson, étoile del Royal Ballet di Londra, fulgido esempio di padronanza scenica, tecnica da manuale e maturità artistica.
Non hanno deluso i solisti di casa: Carlo De Martino (Arlecchino e Danza spagnola), particolarmente a suo agio nei ruoli di carattere; Danilo Notaro (Mirlitoni), sempre elegante e particolarmente pulito; Sara Sancamillo e
Candida Sorrentino, entrambe soliste di esperienza e graziosissime bambole settecentesche (Mirlitoni), Martina Affaticato (Danza araba). Qualche sbavatura solo sul finale per la coppia composta da Annalisa Casillo e Francesco Lorusso (Danza cinese), così come per il quartetto della Danza russa (Ertugrel Gjoni, Pasquale Giacometti, Ferdinando De riso, Giuseppe Aquila). L’orchestra del san carlo, di recente lodata da Riccardo Muti, è stata diretta con vigore dal Maestro Karen Durgaryan.
Nel complesso buona la prestazione del corpo di ballo e qualche momento da rivedere a livello registico; poco efficace il disegno luci. In ogni caso, sia nella totalità che nelle diverse sezioni, uno spettacolo che ha saputo far emergere la bellezza intrinseca del titolo, cosa che non sempre viene fuori nei diversi allestimenti sparsi per il mondo.
In un momento in cui il Teatro dell’Opera di Roma annulla Lo Schiaccianoci e il Teatro alla Scala invece porta in scena il lavoro del grande George Balanchine, il San Carlo si colloca nel mezzo: sia pure nella grande difficoltà in cui versa la danza, chi dirige il corpo di Ballo ha saputo far fronte ai problemi nella maniera migliore possibile. Vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto dipende da noi. Sta di fatto che, anche nei momenti in cui il sold out è assicurato e gli occhi del pubblico brillano per le luci del Natale, non bisogna mai abbassare la guardia e aspirare al massimo.
Prossimo appuntamento con la danza al San Carlo a marzo, con Il Lago dei cigni per la coreografia di Ricardo Nuñez ripresa da Patrizia Manieri, con gli ospiti Marianela Nuñez, Maia Makhateli, Vadim Muntagirov. (foto Francesco Squeglia)