Madrid, Auditorio Nacional de Música, Temporada 2018-2019 “Paroxismos”
Direttore Juanjo Mena
Violino James Ehnes
Orquesta Nacional de España
Franz Schubert: Sinfonia n. 6 in do maggiore D 589, “La piccola”
Benjamin Britten: Concerto per violino e orchestra op. 15
Franz Schubert: Sinfonia n. 8 in do maggiore D 944, “La grande”
Daniel Barenboim disse una volta che se Franz Schubert fosse vissuto più a lungo, la sua elaborazione sinfonica avrebbe sviluppato tutti quegli elementi su cui si basa la struttura delle opere successive, non solo di Schumann o di Brahms, ma anche di Bruckner. Non è una congettura dettata da sconfinata ammirazione e amore per l’autore viennese: al contrario, è una proiezione riscontrabile nei caratteri individuali delle sinfonie conservate, ma che soltanto un direttore d’orchestra di grande sensibilità riesce a fare affiorare, come punti di luce aggiuntiva oppure di misteriosa oscurità, dentro una trama ininterrotta di pietre preziose. Juanjo Mena, accostando nel programma di una serata la VI e l’VIII, ossia le due sinfonie schubertiane in do maggiore che la tradizione ha denominato rispettivamente “La piccola” e “La grande” (opposizione che funziona solo rispetto alla durata, non certo alla qualità di ciascuna delle due), promette un’esperienza di ascolto straordinaria e, come sempre, molto ben meditata, confermandosi come il più raffinato e colto direttore d’orchestra spagnolo del momento.
Come inganna l’orecchio, il mite clima pastorale con cui si apre la VI, che poco dopo concede inattesi sberleffi al clarinetto e all’oboe! Il direttore riesce a creare un contrasto tra le sonorità soffuse, poco più che sussurrate, delle voci soliste (ancora oboe, clarinetto e flauto) e quelle massicce dell’orchestra, in modo che il dialogo tra le parti sia sempre vivace e imprevedibile. Se l’Andante è un capolavoro di grazia e ironia rossiniane, lo Scherzo è tutt’un guizzo di colori cangianti, mentre nel finale (Allegro moderato) il fluire del tema è punteggiato di garbati pennacchi di colore, precisi e ordinati come in un rondò di Haydn. Da abilissimo conoscitore del suo pubblico, Mena non si limita a scelte univoche: l’incedere pacato della “Piccola” cede il posto a un ritmo più concitato e nervoso, che serpeggia per tutta la “Grande”, con un senso “celibidachiano” delle proporzioni e del rapporto tra le frasi, assertivo e drammatico al tempo stesso. La Orquesta Nacional de España enuncia le arcate melodiche con straordinaria compattezza, ma talvolta – rispondendo a precise richieste del direttore – sfoga piccoli sussulti che infrangono l’apparente omogeneità di colori e melodie: lo Scherzo, ora, alla garbatezza aggiunge il presagio di un segno funesto (il fremito dei violoncelli e dei contrabbassi) in cui già alligna l’esasperazione bruckneriana. Il nuovo finale (Allegro vivace) raggiunge grazie al contrasto degli accenti ritmici il “parossismo” che dà titolo alla rassegna di quest’anno, sebbene l’elemento più raffinato sia la calibratura delle sonorità tra le varie famiglie, cioè la gerarchia tra i motivi musicali, che per Mena non è mai data una volta per tutte. Analogo studio dei colori che nascono dalla levità della compagine strumentale e dall’estenuante intensità si ritrovano nel Concerto per violino e orchestra di Britten, in perfetto contrasto con il nervosismo controllatissimo del solista, James Ehnes, che il pubblico di Madrid apprezza tra una sinfonia di Schubert e l’altra. Ed è un’impressione di “schubertiano impromptu” quella che accompagna la lunga cadenza solistica, molto rigorosa, la metamorfosi di un valzer poco prima della stretta conclusiva e le fanfare (che ricordano Gloriana), dietro le quali si annida tutto lo squallore del Novecento. Un prudente bis bachiano serve a tranquillizzare il pubblico madrileno e a riconciliarlo con il mondo; ma solo per poco, giacché la frenesia dionisiaca di Schubert incombe di nuovo: magnifica, portentosa, capace di togliere il sonno. Foto Orquesta Nacional de España