Franz Schubert: “Was belebt die schöne Welt?” (Zauberharfe D. 644); “Es erhebt sich eine Stimme” (Claudine von Villa Bella D. 239); “Aus Blumen deuten Damen gern” & “Es murmeln die Quellen, es leuchtet der Stern” (Die Freunde von Salamanka D. 326); “Ein schlafendes Kind” & “Meine Seele, die dich liebt” (Adrast D. 137); “Wenn ich ihm nachgerungen habe” (Lazarus D. 689); “Schon, wenn es beginnt zu tagen” & Wenn ich dich Holde sehe” (Alfonso und Estrella D. 732); “Der Abend sinkt auf stiller Flur” & “Was quälst du mich, oh Missgeschick” (Fierrabras D. 796); “Der Tag entflieht, der Abend glüht” (Das Zauberglöckchen D. 723)+Die Zauberharfe-Ouvertüren zum 1.& 3.Akt; Alfonso und Estrella-Ouvertüre. Daniel Behle (Tenore) L’Orfeo Barockorchester, Michi Gaigg (Direttore). Registrazione: 14-17 giugno 2016, Schloss Zell an der Pram, Oberösterreich, Austria. T.Time: 60′. 1 CD Sony DHM 88985407212
L’opera tedesca nei primi decenni dell’Ottocento appare come spersa in un labirinto alla ricerca della propria strada che ancora non riesce a trovare. Le possibilità del singspiel che Mozart aveva trasformato nel linguaggio principe della nuova opera nazionale e che con il seppur estemporaneo tentativo beethoveniano del “Fidelio” aveva dimostrato tutte le proprie possibilità drammatiche comincia ad apparire come una gabbia sempre più stretta per le nuove generazioni romantiche. A complicare questa ricerca è l’assenza di una scuola librettistica confrontabile con le coeve esperienze italiane e francesi. La gran parte dei libretti tedeschi appare teatralmente molto debole – e tale problema sarebbe rimasto a lungo fino a spingere Wagner a farsi esso stesso poeta per dar corpo alle sue titaniche necessità espressive e Schumann alle sperimentazioni direttamente condotte sul testo goethiano del “Faust”. Scarsa qualità librettistica che poteva condizione anche un compositore dotato di un forte senso teatrale come Carl Maria von Weber e che doveva limitare ancor maggiormente un compositore già privo di un’autentica teatralità come Franz Schubert.
L’opera tedesca nei primi decenni dell’Ottocento appare come spersa in un labirinto alla ricerca della propria strada che ancora non riesce a trovare. Le possibilità del singspiel che Mozart aveva trasformato nel linguaggio principe della nuova opera nazionale e che con il seppur estemporaneo tentativo beethoveniano del “Fidelio” aveva dimostrato tutte le proprie possibilità drammatiche comincia ad apparire come una gabbia sempre più stretta per le nuove generazioni romantiche. A complicare questa ricerca è l’assenza di una scuola librettistica confrontabile con le coeve esperienze italiane e francesi. La gran parte dei libretti tedeschi appare teatralmente molto debole – e tale problema sarebbe rimasto a lungo fino a spingere Wagner a farsi esso stesso poeta per dar corpo alle sue titaniche necessità espressive e Schumann alle sperimentazioni direttamente condotte sul testo goethiano del “Faust”. Scarsa qualità librettistica che poteva condizione anche un compositore dotato di un forte senso teatrale come Carl Maria von Weber e che doveva limitare ancor maggiormente un compositore già privo di un’autentica teatralità come Franz Schubert.
Le opere di Schubert mancano infatti non solo di una complessiva valenza teatrale ma spesso anche di coerenza interna. I singoli brani musicali sono pensati più come raccolte liederistiche che come teatro in musica. Il tempo trascorso e la possibilità di guardare a questi lavori con il giusto distacco permette però di lasciare da parte le roventi esigenze della generazione romantica per concentrarsi su una scrittura musicale di altissima qualità, in cui l’infinito talento di Schubert risplende spesso al massimo delle sue possibilità lasciando in secondo piano anche gli innegabili limiti.
L’interesse per i brani proposti non è poi l’unico stimolo di questo nuovo CD. Ad accompagnare Daniel Behle, uno dei più promettenti tenori della scena europea troviamo infatti Michi Gaigg alla guida della L’Orfeo barockorchester. L’esecuzione con strumenti originali di musiche del primo Ottocento non è ancora prassi diffusa come per il repertorio sei-settecentesco ma apre possibilità espressive foriere di sviluppi ancora imprevedibili. L’ascolto delle Ouverture che si alternano alle arie è assolutamente stimolante. Una lettura chiara, nitida, nervosa, in cui traspare tutta la conoscenza e il debito verso Mozart e la stagione classica che era alla base di tutte le esperienze dei primi romantici e questo non solo nella raffinatissima scrittura dell’ouverture al II atto di “Die Zauberarfe” dal sapore ancora tutto mozartiano ma anche in un brano più maturo come quella di “Alfonso und Estrella” dove i turgori Sturm und Drang non sono sacrificati dalla minor massa sonora ma acquistano una freschezza che si può perdere in letture più tradizionali.
Più volte si è già avuta l’occasione di apprezzare le doti di Daniel Behle che giunge a questo CD dopo un’attenta frequentazione del repertorio mozartiano e gluckiano in una sorta di percorso storico sull’evoluzione della vocalità tedesca. Behle è il miglior erede contemporaneo della grande tradizione dei tenori lirico-leggeri di ambito germanico. Voce nitida, squillante, luminosa, musicalità ineccepibile e studio attento e puntuale sul fraseggio, sull’espressioni, sul valore della parola che in queste musiche acquisisce un’importanza centrale. Quella di Schubert è infatti una vocalità lontanissima dal coevo virtuosismo rossiniano e piuttosto appare derivare dalla ricerca sul lied che lo stesso Schubert conduceva in quegli anni basata su un’essenzialità del canto e su un’esaltazione dei valori espressivi del testo anche quando questo non brilla di proprie ragioni poetiche.
Tutti i brani sono di notevole interesse – a cominciare dalla prima registrazione assoluta degli estratti di “Adrast” – e la qualità esecutiva è sempre molto alta. “Was Belebt Die Schöne Welt?” che apre il programma e che non sfigurerebbe sulle labbra di un Tamino per l’eleganza ancora tutta mozartiana della linea di canto così come seducente è la purezza quasi gluckiana dei brani del già citato “Andrast” fino al pieno lirismo delle arie da “Alfonso uns Estrella” così diverse nella loro grazia manierata dalla scontrosa forza dell’ouverture della stessa opera.
In alcune arie come “Wenn ich ihm nachgerungen habe” da “Lazarus” e soprattutto “Was quälst du mich, oh Missgeschick!… In tief bewegter Brust” da “Fierabras” con il suo ampio e imperioso recitativo iniziale non avrebbe guastato una vocalità più robusto e un’indole più eroica ma l’ottimo canto di Behle riesce comunque a portare a termine le prove in modo più che soddisfacente.