Napoli, Teatro di San Carlo, Inaugurazione Stagione d’opera e danza 2018/2019
“COSÌ FAN TUTTE”
Dramma giocoso in due atti KV 588 su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Fiordiligi MARIA BENGTSSON
Dorabella PAOLA GARDINA
Guglielmo ALESSIO ARDUINI
Ferrando PAVEL KOLGATIN
Despina EMMANUELLE DE NEGRI
Don Alfonso MARCO FILIPPO ROMANO
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo di Napoli
Direttore Riccardo Muti
Maestro del Coro Gea Garatti
Maestro al Fortepiano Luisella Germano
Regia Chiara Muti
Scene Leila Fteita
Costumi Alessandro Lai
Luci Vincent Longuemare
Nuova Produzione del Teatro di San Carlo in coproduzione con Wiener Staatsoper
Napoli, 2 dicembre 2018
S’inaugura la Stagione d’opera e danza 2018/2019 del Teatro di San Carlo di Napoli con Così fan tutte, dramma giocoso in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte, diretto dal Maestro Riccardo Muti, che ritorna sul podio del «teatro più bello del mondo», nella sua Napoli, che ancora ricorda quel suo celebre “Macbeth” del 1984. Il M° Muti ha proposto la creazione d’un raffinato clima sonoro, pervaso e caratterizzato da una lodevole chiarezza strumentale. Propone l’immagine d’un Mozart lontano da una visione frenetica. L’assennatezza della forma musicale è perennemente accompagnata da una ricostruzione mozartiana filologicamente corretta. La restituzione del segno scritto non appare come una narcisistica dimostrazione dell’ormai sua nota bravura, ma si rivela come un serio impegno onorato per un saggio recupero del vero senso dell’opera. Quello di Muti, è un Mozart intimo ma vivace; vivacità felicemente coniugata con una eleganza sempre evidente; una vivacità sempre equilibrata, regolata, centellinata. La trasparente intensità dell’Orchestra del Teatro San Carlo (con Luisella Germano al Fortepiano) è apparsa come un magma caldo, vibrante e compatto, in esso intelligentemente mescolati accompagnamenti mai esasperati, ma perennemente leggeri e malleabili. Si tratta d’una impostazione felicemente classica e tradizionale, ma nel solco della tradizione partenopea. Una lettura riflessiva e ponderatissima della partitura mozartiana, caratterizzata dalla maestà d’un suono bello e sempre veritiero. Indirizzo interpretativo che si sposa perfettamente con la regia, curata da Chiara Muti. La raffinata regista propone un teatro sobrio, elegante, non descrittivo ma evocativo. La totale sparizione del manierismo vocale leccato ed artificioso s’accompagna, dunque, alla felice scomparsa dalle scene della Napoli da cartolina, pur essendo l’opera ambientata nella città partenopea. Un teatro affettuoso e ponderatamente illuminato, non già opaca trasposizione e mera costruzione sceniche del luogo d’azione sul palcoscenico, ma profonda costituzione d’una dimensione metafisica, sorretta dai sentimenti dell’animo umano, la cui preponderanza trascende ogni collocazione geografica o storica.Così, con un allestimento che il Teatro San Carlo ha coprodotto con la Wiener Staatsoper (con scene realizzate da Leila Fteita, costumi – eleganti, raffinati, veli leggerissimi e dalle linee essenziali ideati Alessandro Lai e luci curate da Vincent Longuemare), Chiara Muti propone una trasposizione teatrale della situazione psicologica, assai complessa: teatro fatto da una luce finissima, madreperlacea. La luce bianca delle scene, si rivela essere una riflessione, anche storica: una volontà rappresentativa che preferisce, a ragione, ad una Napoli folcloristica una città aristocraticissima e colta, luce culturale nell’Europa del Settecento. L’ultimo capolavoro della Trilogia del librettista Da Ponte, sotto lo sguardo della Muti, appare come un teatro regolato ed accuratamente proporzionato fatto da musica ed azione scenica. Si tratta d’una partita a scacchi giocata da una notevole compagnia di canto. Il soprano Maria Bengtsson, nel ruolo di Fiordiligi, sfoggia una bel colore vocale, una bella linea di canto omogenea che le consente di gestire abilmente il ruolo, sia sul piano più scopertamente virtusoistico (“Come scoglio immoto resta”) come in quello più intimo e lirico (“Per pietà, ben mio, perdona”). Apprezzabile il fraseggio, languido e raffinato. Il mezzosoprano Paola Gardina (Dorabella), mostra la completa padronaza del personaggio, espone un canto sicuro, un fraseggio sempre centrato e nitido e le giuste dosi di smancerie e spiritosaggine. Temperamento teatrale dimostra il baritono Alessio Arduini, nel ruolo del bel Guglielmo, che ammanta d’un temperamento “serio” anche l’aria comica “Donne mie la fate a tanti” (Atto II). Una interpretazione stilisticamente centrata, con un canto sempre espressivo anche grazie alla formulazione della parola scenica sempre sapientemente articolata. Pavel Kolgatin, presta una pulizia di canto a un Ferrando elegantemente svenevole, senza cadere in patetici manierismi. Su una fresca vocalità, Emmanuelle de Negri èuna Despina, spiritosa, energica e guizzante. Degna anche l’interpretazione del basso Marco Filippo Romano, nei panni del vecchio filosofo Don Alfonso che, con naturalezza interpretativa, propone un raffinato “seguace della ragione”. Uomo cinicamente moderno, è sempre espressivo nel canto, sottile e pungente nei recitativi. Ottimo l’apporto del Coro (ben preparato da Gea Garatti Ansini). Pieno successo di pubblico che ha salutato il ritorno del Maestro Muti nella sua città natale. Foto Silvia Lelli