Como, Teatro Sociale: “Falstaff”

Como, Teatro Sociale, Stagione d’Opera 2018-2019
FALSTAFF
Commedia lirica in tre atti, su libretto di Arrigo Boito dalla commedia The merry wives of Windsor e dal dramma The history of Henry the Fourth di William Shakespeare.
Musica di Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff ALBERTO GAZALE
Ford PAOLO INGRASCIOTTA
Fenton ORESTE COSIMO
Dott. Cajus UGO TARQUINI
Bardolfo CRISTIANO OLIVIERI
Pistola PIETRO TOSCANO
Mrs. Alice Ford SARAH TISBA
Nannetta MARIA LAURA IACOBELLIS
Mrs. Quickly DANIELA INNAMORATI
Mrs. Meg Page CATERINA PIVA
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro OperaLombardia
Direttore 
 Marcello Mottadelli
Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Roberto Catalano
Scene Emanuele Sinisi
Costumi Ilaria Ariemme
Light Designer Fiammetta Baldiserri
Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione Rete Lirica delle Marche e Teatro Marrucino di Chieti
Como, 9 novembre 2018
Continua la stagione del Sociale di Como con un’altra scelta di repertorio non facilissima, ma che si rivela molto felice: “Falstaff” di Verdi. Pur essendo un’opera per molti versi enigmatica, per la quale si è speso moltissimo inchiostro, l’ultimo capolavoro verdiano ha una molteplicità di livelli di lettura che consente interpretazioni dalle più oscure e pessimiste alle più leggere e scherzose; proprio questo secondo piano, di leggiadria, brio, freschezza, è la via scelta dal team di allestimento: la regia di Roberto Catalano, i costumi di Ilaria Ariemme, le scene di Emanuele Sinisi e le luci di Fiammetta Baldiserri sono tutte orientate alla resa della maggiore spensieratezza possibile, in maniera quasi sempre convincente – forse si perde un po’ di spessore nella burla del III atto, ma per il resto tutte le scelte di palco funzionano più che bene. Dinnanzi agli occhi dello spettatore sfilano tutti i toni pastello, le boiserie, i bianchi, beige, greige, di canapé od ottomane dai profili curvilinei, per un’ambientazione generalmente modernista, più che moderna, in cui, unica macchia dai colori decisi, sguazza il protagonista, un Falstaff postadolescente, che corre dietro ai trenini elettrici, tanto quanto alle bottiglie e alle gonne, dorme su una montagna di spazzatura nella sua cameretta, dove mangia MacDonald’s e beve Coca Cola ascoltando musica dalle cuffiette. Questo filo viene seguito fino all’ultima scena, quando tutto trascolora nella fiaba della buonanotte – e infatti il bosco del parco è in realtà la coperta di foglie di un letto gigante, su cui si schierano Coro e protagonisti in pigiama, finendo con una pillow fight catartica quanto prevedibile, in una nuvola di piume. La buona gestione delle capacità attorali del giovane cast storna il rischio di stucchevolezza o zuccherosità: infatti i personaggi mantengono la loro vena corrosiva – specie le protagoniste femminili – e “adulta” nel costruire i rapporti tra loro e nel cercare l’effetto ridicolo tipico della commedia. Il fronte musicale, dal canto suo, funziona, senza esaltare: la direzione del Maestro Marcello Mottadelli non è eccelsa, soprattutto nella corrispondenza buca-scena – il duetto Falstaff-Ford del secondo atto, ad esempio, presentava diversi scollamenti di tempo; nondimeno la si può definire spiacevole, giacché non manca di rispettare le molte nuances della partitura, con una chiara predilezione per i momenti più lirici (i duetti Nannetta-Fenton, ad esempio, ove l’orchestra con discrezione supporta gli innamorati). Alberto Gazale, nei panni del protagonista, emerge per una presenza interpretativa arguta e sciolta unita a una buona linea vocale; anche Paolo Ingrasciotta (Ford) si accattiva il pubblico con la sua scioltezza scenica, il timbro vocale è gradevole e di suono morbido e pastoso, ma non sempre la linea di canto è a fuoco; tra i tenori, si vorrebbe dire che il Fenton di Oreste Cosimo fosse mirabile, ma ci è parso non sempre controllato nel registro in acuto. Nel complesso, Cosimo si dimostra cantante sensibile e musicale. Ugo Tarquini (Dr. Cajus), Cristiano Olivieri e Pietro Toscano (Bardolfo e Pistola) danno bella prova di caratteristi, sia vocalmente sia scenicamente. Sul fronte femminile, si apprezza la ben collaudata intesa fra le cantanti, che rende piacevolissimi gli insieme. Di spicco la Nannetta di Maria Laura Iacobellis, che si conferma più che una promessa. La Iacobellis  con arte piega a smorzature e legati una voce piena e morbida. Ottima interpretazione anche per Sarah Tisba (Alice Ford), cantante sensibile nel gestire una vocalità fresca, e sempre puntuale nel conferire la giusta dose di arguzia e spirito, fondamentali per il suo personaggio. Più che apprezzabile, per vis comica e per la sicurezza nel gestire con sicurezza una tessitura autenticamente contraltile, Daniela Innamorati (Mrs.Quickly), mentre si conferma solida professionista Caterina Piva (Meg Page), che avevamo già apprezzato nell’“Otello” comasco della passata estate. A un ensemble vocale così omogeneo, per capacità e intenzione, si unisce l’ottimo apporto del  Coro (preparato dal Maestro Massimo Fiocchi Malaspina).  Il pubblico, che ha finalmente riempito la sala, ha tributato applausi pieni e convinti, per una volta non solo agli interpreti, ma anche al giovane, ma brillante e  ben rodato, team creativo. Foto Laila Sormani.